Cream - Disraeli Gears (1967)

Eric Clapton sarà pure Dio, come qualcuno ha scritto sul muro di una fermata della metropolitana di Londra, ma certamente condivide volentieri il palcoscenico: è sua l'idea del primo «supergruppo» (Cream, il nome allude al fatto che i tre si sentono la «crema» del blues elettrico britannico, e lo sono), è lui che ha voluto con sé due ex della Graham Bond Organization, il batterista Ginger Baker e il bassista Jack Bruce, senza sapere che si odiano e che una volta sono giunti a minacciarsi con un coltello. Adesso, con il secondo album, registrato a New York nello studio già mitico dell'Atlantic, il ruolo di Clapton cresce sempre piú nell'equilibrio del trio, come crescono i pezzi da lui interpretati. Il punto è che lui canta con una specie di falsetto timido che affonda nei suoni del gruppo e non prevarica. Come se se ne vergognasse (infatti un po' se ne vergogna). Il nuovo album — avrebbe dovuto intitolarsi semplicemente Cream — è con ogni evidenza un punto di svolta fondamentale nella storia del rock'n'roll. Spinti forse anche da esigenze commerciali, Clapton, Bruce e Baker fanno il grande salto e abbandonano quasi del tutto le cover di standard blues per cimentarsi con composizioni nuove, e loro: quasi del tutto, perché poi (ne è un esempio Strange Brew, che apre l'album e che è uno dei momenti migliori) certe canzoni sono poco piú originali di una cover, anche se trasformate abilmente con i suoni nuovi dell'elettricità, gli effetti, le distorsioni, le ritmiche della modernità. Anche la vocina di Clapton, con quei toni molto «bianchi», quasi eterei, contribuisce a sottolineare gli elementi di novità, e a portare il tutto dentro i territori della psichedelia, piú che in quelli del revival — tutto intellettuale, e Clapton non è esattamente un intellettuale — della musica dei neri d'America. Le atmosfere sono rilassate, sognanti, le chitarre delicate. La batteria va oltre il consueto, e contribuisce cosí a costruire il tema proprio come fa Keith Moon con gli Who. Tutto quanto c'è di buono in giro, perfino i riffdei Kinks (Sunshine Of Your Love) viene saccheggiato e offerto in dono al dio della chitarra, che diffonde suoni ai quali si ispireranno intere legioni di rockettari. Gli altri due per qualche anno riescono a sopportarsi. Il tempo necessario a reinventare l'idea di trio rock'n'roll. (Mia valutazione: Distinto)

di P. M. Scaglione - Rock! (Einaudi)

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