Sigur Rós - Valtari (2012)

di Silvano Bottaro


Ai Sigur Rós, band islandese formatasi nel 1994, va riconosciuto il merito di aver creato un "marchio" sonoro unico e inconfondibile.

A quindici anni da Von, il loro album d'esordio, i Sigur Rós hanno mantenuto pressoché unico il modo di fare musica: timbro, lingua inventata e lunghi brani. Lentezza è il loro "mood" come anche la loro progressione artistica. Se questa costanza è sicuramente esempio di coerenza artistica può allo stesso tempo risultare abbastanza monotona. Da fan fin dai tempi di Agaetis Byrjun posso tranquillamente esprimerlo.
Non sarà difficile quindi, riconoscere il sound dei Sigur neanche in questo sesto lavoro. Gli otto brani del disco, mediamente sui sei minuti e mezzo, ci portano nelle atmosfere bucoliche, ambient(ali) di cui sono maestri. Melodie soffuse e oniriche e crescendo orchestrali, sono il minimo comun denominatore dell'album.
Buon lavoro dunque ma con l'impressione di un qualcosa di incompiuto, l'impressione di poca convinzione da parte dei musicisti. Probabilmente una pubblicazione affrettata, dettata forse, più da un voler rimanere a galla che da una reale convinzione di condivisione sonora.
Mancano i perfetti equilibri delle eteree e sognanti atmosfere elettroniche di Agaetis Byrjun, le lente, ma vigorose, progressioni elettriche e le puntuali esplosioni orchestrali di Takk.
Sono forse ad un giro di boa i Sigur Rós, quello che li vedrà decidere su cosa fare nel prossimo futuro. Se la rigenerazione e la voglia di rinnovamento entrerà tra le loro priorità e soprattutto avranno ancora qualcosa da "dire" il loro futuro sarà assicurato altrimenti la "vecchiaia" e lo stantio prenderanno il sopravvento.
Sia chiaro Valtari rimane pur sempre un buon album, comunque al di sopra della media delle pubblicazioni musicali odierne ma, si è questo "ma" che lascia un po' di amaro in bocca. Forse ci avevano abituato fin troppo bene. 

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