Jackson Browne - Standing In The Breach (2014)
Raffinato, delicato, un po' retrò.
Raffinato perché Jackson Browne è abile nel cesellare strutture semplici e ad impreziosirle con tocchi di classe tutt'altro che ampollosi o meramente manieristici, ma che anzi contribuiscono a tessere un'atmosfera avvolgente, appagante, in grado di far percepire come tutto, anche il più flebile accenno di bending, contribuisca e sia necessario per la perfetta riuscita di ogni singolo brano.
Delicato, perché anche nei movimenti più "coincitati" ("Leaving Winslow") non si viene scossi, ma invitati ed accompagnati ad aumentaree gentilmente il ritmo, o a tenere il tempo con un po' più di enfasi (la beatlesiana "If I Could Be Anywhere"), ma si ha sempre la sensazione di essere in un ambiene accogliente, familiare, ma non per questo monotono o sonnolento.
Un po' retrò perché Jackson Browne proviene da un ambiente completamente distaccato da quello odierno, dagli anni sessanta e settanta dei Genesis e di Tim Buckley, dalle influenze del quartetto di Liverpool; tuttavia il retrò non sfocia mai nell'anacronismo, quanto piuttosto in una bellissima tela dalle pennellate creanti un paesaggio ormai quasi completamente scomparso dai panorami odierni, che suscita non melanconica nostalgia, ma consapevole serenità di una bellezza non più così comune, non più così facilmente da trovare o scovare.
"Standing In The Breach" ammalia. A prescindere dal genere musicale predominante nell'animo dell'ascoltatore. Un disco non fuori tempo, ma fuori dal tempo. Occhio alla sottile ma immensa differenza. (4/5 voto mio)
Tra gli acquisti della prossima settimana.
RispondiEliminaHo in tasca i biglietti per il concerto del 25 maggio 2015 a Bologna.
RispondiEliminaSono molto curioso : gli anni '70 sono lontani, ma sono sicuro che la classe sarà sempre la stessa.
Un abbraccio.