Albert King (I tre King #2)
Un altro “King” è Albert, il mancino che suonava la chitarra a rovescio (con i cantini in alto) che, grazie al suo bending “anarchico” verso il basso, ha contribuito non poco al blues elettrico bianco.
Di Albert si racconta che fu fino alla fine degli anni Settanta il più creativo con eccelsi spettacoli dal vivo. 90 minuti di sbornie chitarristiche con una presenza di scena magistrale. Da San Francisco a Montreux al Fillmore sembrava che tutti quelli che assistevano a suoi spettacoli diventassero dei suoi fans sfegatati. Non c’è dubbio che, visto il grande successo dopo la guerra di B.B. King, lui abbia spesso provato a farsi passare per il suo fratellino piccolo, come anche che ne sia stato influenzato, ma Albert era meno sofisticato, più vicino alle sue radici rurali, anche nelle canzoni più arrangiate. Il suo stile vocale doveva molto ai blues shouters di Jimmy Whiterspoon e Joe Turner. Il suo stile chitarristico era immediatamente riconoscibile: una nota che s’invola, si mantiene vibrante nell’aria un momento, poi torna a terra per sparire in un brusco effetto di glissando. Era un marchio Albert King che copieranno in molti, da Eric Clapton (sentire Strange Brew periodo Cream per capire) a Son Seals, Otis Rush, Robbie Robertson, Steve Ray Vaughan, Mick Taylor, Derek Trucks, Warren Hayner, Joe Walsh, Gary Moore, etc. ma é stato citato anche da Hendrix e inspiegabilmente da Robben Ford e dal chitarrista dei Doors Robby Krieger. Nel giugno del 1970 raggiungerà sul palco i Doors al Pacific Coliseum a Vancouver, Canada, suonando e mandando in visibilio gli spettatori bianchi con Little Red Rooster, Money, Rock Me, Who Do You Love. Suonerà varie volte al Fillmore, nel 1969 con Blood Sweat & Tears, Jethro Tull, e Chuck Berry, nel 1970 con i Flying Burrito Brothers e nell’ultimo concerto del locale il 27 giugno del 1971 con gli Allman Brothers e la J. Geils Band.
Se volessimo trovare i maestri di Albert, dovremmo risalire a esperti di bottleneck come Elmore James e Robert Nighthawk Jr.
Nella sua discografia bisogna andare a cercare nel periodo Stax, dove nelle sue incisioni era accompagnato dai migliori musicisti di Memphis come Al Jackson, Booker T. Jones, Steve Cropper, i BarKeys: King Of The Blues Guitar (Atlantic) l’antologia.
Successivamente i suoi dischi migliori sono stati Live Wire/ Blues Power (dal vivo al Fillmore di Bill Graham, 1968), I’ll Play The Blues For You (1972) e I Wanna Get Funky (1974).
Dopo il fallimento nel 1974 della Stax combinerà poco e le successive incisioni saranno coperte da violini, fiati etc. Albert continuerà a suonare in giro con la sua fedele chitarra Lucy (vedi il doppio disco registrato a Montreux, Svizzera, Albert Live (Utopia Records) fino al dicembre 1992 quando un infarto se lo porterà via.
“Albert was one of the artists I used many times for various reasons. He wasn’t just a good guitar player; he had a wonderful stage presence, he was very congenial and warm, he was relaxed on stage, and he related to the public. Also he never became a shuck-and-jiver. One of the things that happened in the ‘60s – it’s not a very nice thing to say, but it happens to be true – was that blues musicians began to realize that white America would accept anything they did on stage. And so many of them became jive. But Albert remained a guy who just went on stage and said ‘Let’s play”) – Bill Graham.
Chitarra preferita Gibson Flying V. (Max Stèfani)
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