di Michele Pizzi* Frank Zappa amava sostenere che l’unica ragione per abbinare delle liriche alla sua musica fosse che “viviamo in una società dove la musica strumentale viene giudicata irrilevante”, concludendo che i suoi testi potevano essere classificati in tre sole categorie: “Quelli davvero stupidi, quelli appena meno stupidi e una minoranza semplicemente divertenti”. Sarà, ma è così difficile credergli. Altrimenti perché avrebbe consumato la sua vita nel gioioso affanno di scrivere centinaia di ‘storie cantate’, straboccanti di doppi e tripli sensi, citazioni, rivisitazioni di materiale classico, persino soggetti teatrali. E che dire dei suoi spettacoli, in cui la parte ‘narrata’ degli immancabili siparietti diventa indiscutibilmente parte integrante e fondamentale dello show, concepito da Frank come ‘teatro musicale’ a tutto tondo fin dai tempi gloriosi e fecondi delle serate al newyorkese Garrick Theatre. La realtà dice che Zappa è stato, oltre che un geniale com