Twist And Shout - The Beatles (1963)

 Se penso a una canzone che rimandi immediatamente all'isteria che avvolgeva i Beatles dal vivo, la prima che mi viene in mente è Twist and Shout, eseguita in prima battuta dagli Isley Brothers, un gruppo nero di Cincinnati, che gli Scarataggi fanno letteralmente a pezzi, smontando il brano per portarlo in una direzione quasi antitetica. L'originale era fondamentalmente un pezzo da sala da ballo, con sassofoni e trombe e atmosfera rilassata; i Beatles gli sovrappongono la frase di basso e la chitarra solista, con Ringo che martella alla grande e Lennon che imposta il canto in modo diverso da quello di Ronald Isley: più provocante, ambiguo, stronzo. Alla fine, quel «C'mon c'mon, c'mon, c'mon, baby, now!» diventa invito esplicito al pubblico femminile bianco che, nel 1963, aspettava solo un verso come quello per far esplodere la sua eccitazione e ribellione. E quel «now» detto in quel modo diventava addirittura più di un invito: si trasformava in un ordine, come a dire: attente, potrebbe essere ora o mai più.
Alla scelta di incidere Twist and Shout, che i Beatles eseguivano già dal vivo, George Martin arrivò I'11 febbraio del 1963. Erano le dieci di sera. I Beatles erano reduci da quasi dodici ore di registrazione. George Martin voleva un ultimo brano, qualcosa che potesse chiudere l'album Please Please Me. Si spostarono alla mensa di Abbey Road, dove tra un caffè e l'altro, qualcuno tirò fuori Twist and Sbout. Tutti d'accordo, il problema era la gola infiammata di John Lennon.

(M. Cotto - da Rock Therapy)

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