Frank Zappa - Joe's Garage Acts I,II,III (1979)
Zappa sull'onda positiva di questo disco è subito pronto a farne un nuovo capitolo, e già registra alcuni brani, ipotizzando di utilizzare la tecnica della xenocrony. Però una sera, spinto dal suo desiderio personale di scrivere "opere rock", butta giù una sorta di sceneggiatura e pensa che può funzionare. Inizia a registrare tantissimo materiale con la sua nuova band (sempre di grandi musicisti, che tra poco svelerò) e alla fine ha materiale per tre dischi che hanno una certa coesione concettuale. Timoroso di presentarsi sul mercato con un triplo disco, divide l'opera in due parti, un Act I, che esce nei negozi nel Settembre 1979, e un doppio, Act II e III a Novembre.
Joe's Garage diviene uno dei suoi dischi più famosi ed ambiziosi, e una delle opere rock più ardite (in tutti i sensi, visto il personaggio). La storia è una grande metafora della stupidità della società americana, della cultura della repressione e del controllo e anche un grande atto di amore per la musica. È la storia di Joe, un adolescente medio, di Canoga Park, Los Angeles, che forma una band garage rock, ha relazioni insoddisfacenti con le donne, dona tutti i suoi soldi a una religione insincera e assistita dal governo (un nemmeno troppo velato strale con Scientology), esplora attività sessuali con elettrodomestici vari e viene imprigionato. Dopo essere stato rilasciato dalla prigione in una società distopica in cui la musica stessa è stata criminalizzata, cade nella follia. La storia è narrata da una sorta di Grande Fratello orwelliano, The Central Scrutinizer (che è la voce di Zappa manipolata) che alla fine, dopo che Joe è impazzito sognando un assolo "definitivo" prende voce "reale", quella di Zappa appunto, per dimostrare che se la storia di Joe non bastasse a convincere l'ascoltatore che la musica sia un male, tale cosa potrà essere più chiara se espressa con la sua reale voce, nella sua interpretazione di una "canzonetta", A Little Green Rosetta, Musicalmente, è il solito ribollente calderone zappiano di stili, varietà e genialità, dove persino i brani che sembrano più semplici nascondono strutture e cambi di ritmo travolgenti: tra le canzoni da ricordare, la splendida Joe's Garage (che aggiunge note reggae alla cucina musicale), l'ironica Catholic Girls, sugli stereotipi sulle ragazze religiose, impersonate da Mary, la fidanzata di Joe, una che cade nel "baratro della vita da roadie" (Crew Slut) fino a fare le gare di Miss Maglietta Bagnata ( Wet T-Shirt Nite), poi le sue strampalate allucinazioni musicali, tipo la malattia venerea che Lucille passa a Joe, descritta in Why Does It Hurt When I Pee, che in verità fu una domanda vera che fece a Zappa il suo manager, Peter Kaufman, che aveva una cististe. Due pezzi sono ancora più iconici: Lucille Has Messed My Mind, dedicata alla Lucille di cui sopra, che fu un successo di Zappa scritto per Jeff Simmons, ex componente dei Mothers Of Invention, che nel 1969 pubblicò un disco dallo stesso titolo davvero bello (con Zappa che produsse il disco e scrisse alcuni brani con il nome d'arte di La Marr Bruister); Watermelon In Easter Bay, l'assolo che sogna Joe, diventerà una delle sua canzoni più famosi, sebbene all'epoca non fu tanto bene accettata, ma adesso, anche a detta del figlio Dweezil, è il suo miglior assolo in assoluto.
Tra le curiosità, con la tecnica della xenocrony furono riprese almeno 4 parti di assolo di City Of Tiny Lights, uno dei massimi strumentali zappiani, da un concerto in Germania del marzo del 1979, per ben tre canzoni di Joe's Garage. Nella nuova band, immensi musicisti come Vinnie Colaiuta alla batteria (ma anche ad un immaginifico optometric abandon), Warren Cuccurullo alla chitarra, Denny Walley alla slide guitar, Tommy Mars e Peter Wolf alle tastierie, il fido Ike Willis alla voce, Arthur Barrow e Patrick O'Hearn al basso e la voce di Dale Bozzio, moglie del suo fido collaboratore Terry.
Il disco ebbe anche un discreto successo, soprattutto in Canada (e questa storia di 45 anni fa sembra così attuale per tutti questi particolari) per la migliore opera rock di Frank Zappa: ci proverà ancora molte volte, con risultati a volte davvero "drammatici" e non all'altezza della sua genialità (penso a Thing Fish del 1984, un triplo album che sebbene abbia un libretto di guida all'ascolto non si capisce davvero cosa voglia dire), ma qui rimangono luminose le sue idee e soprattutto la sua musica, espressione totale del suo motto "Qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo, per un motivo qualsiasi".

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