Ben Nichols - In The Heart of The Mountain (2025)
di Fabio Cerbone
All’inizio dell’anno c’erano state, per così dire, le prove generali: accompagnato soltanto dal fedele pianista Rick Steff, Ben Nichols ripercorreva le tappe principali dei venticinque anni di carriera alla guida dei Lucero, rileggendo il repertorio della band di Memphis in chiave acustica e disadorna, andando dritto al cuore del suo songwriting. Quella formula, in assenza di una vera rock’n’roll band a fare da propulsore alle spalle, si ripete nel nuovo album solista di Nichols, il primo pubblicato dal lontano 2009, quando il breve affresco di frontiera di The Last Pale Light in the West, ispirato dal romanzo capolavoro di Cormac McCarthy, Medidiano di Sangue, aveva rappresentato una parentesi nella cavalcata dei Lucero, concept album troppo particolare per trovare posto nel discorso artistico portato avanti con il gruppo.
Anche In the Heart of the Mountain - con la canzone omonima, collocata in apertura di scaletta, dedicata al matrimonio e alla figura della moglie - si pone nel solco di una scrittura personale al di fuori del contesto roots rock dei Lucero, in parte ispirandosi alle origini famigliari di Nichols in Arkansas e più in generale a certa mitologia e letteratura sudista che ne hanno formato il carattere dell’autore, citando anche il poeta Frank Stanford e il suo What About This: Collected Poems of Frank Stanford come testo/suggestione a latere di alcune canzoni (in particolare la cruda e intensa She’s Starlight in the River).
Accompagnato da alcuni amici musicisti della scena alt-country locale, Morgan Eve Swain al violino, Todd Beene alla pedal steel e il collega songwriter Cory Branan alle chitarre, sotto la supervisione produttiva dello storico collaboratore Matt Ross-Spang, che ha guidato le sessioni di registrazione al Southern Grooves studio di Memphis, Ben Nichols elimina l’impeto rock’n’roll della sezione ritmica ma mantiene in qualche modo l’anima stessa dei Lucero, tanto che il primo singolo scelto, Fading Back into the Night, il lamento blues notturno di The Darkness Sing, la trascinante sventagliata di I’m in Over My Head o il livido racconto southern gothic di The Swamper’s Lament sono frutti che non cadono certamente distanti dall’albero principale, sorta di versione elettro-acustica e “noir” di quello che Nichols ha proposto con il suo gruppo principale, a partire da opere molto amate come Among the Ghosts o Tennessee.
L’assenza di quella catarsi punk rock che spesso animava la scruttura musicale con i Lucero è sostituita dai chiaroscuri del folksinger, pur sempre in abiti elettrici e con quella sua inconfondibile aspra vocalità, alternando momenti epici e in chiave dark (From a Western or a War Movie, con lo squarcio della chitarra solista nel finale, il finale ombroso di The Devil Takes His Leave) ad altri di natura più malinconica (la dolente preghiera country per violino e steel di The Prayer), chiedendo uno sforzo in più all’ascoltatore nell’assimilazione di parole e atmosfere.
Insieme ai Lucero In the Heart of the Mountain sarebbe risultato forse più immediato e trascinante, in questa veste più afflitta e dagli angoli bui esige la giusta predisposione d’animo per arrivare al centro delle sue canzoni.

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