Storia della musica #33
Dalla New Wave al Pop
Non esistono date precise per indicare il momento in cui dal suono del punk (o del post punk) i gruppi new wave inglesi cominciano a virare verso il pop, semplicemente perché diversi sono i percorsi individuali da caso a caso: c’è chi, come Elvis Costello, parte dallo stesso pub-rock in cui si era fatto le ossa Joe Strummer e chi, come i Cure, ci arriva dopo un lungo percorso sui solchi del post punk ( in questo caso del goth rock), mentre in altri casi ancora è il cambio di organico a segnare la svolta, come per gli ex-Joy Division che, ricostituitisi sotto la sigla New Order contribuiscono ad inventare il synth pop.
Ovviamente, trattandosi di un fenomeno vastissimo infinite sono le varianti di un esperimento che, all’osso, consiste in una rielaborazione di suono più o meno classici della musica inglese attraverso il filtro dell’esperienza musicale del punk e post-punk, un’influenza sfuggente ma ineluttabile, che può essere ritrovata in mille piccoli dettagli, dal modo di cantare al missaggio dei suoni.
Ma c’è anche un’altra novità, un altro ingrediente sonoro: il punk era stato comunque un fenomeno che aveva scosso e stava ancora scuotendo lo scenario musicale; tra le tante rivoluzioni, piccole e grandi che innesca ce n’è una fondamentale: l’aver portato in superficie i suoni di gruppi e suoni tradizionalmente relegati al ruolo di fenomeno di culto, dai Velvet Underground al progressive tedesco;non solo: come già detto in precedenza, la tabula rasa operata dal punk lascia il campo aperto ad ogni genere di sperimentazione.
Il fenomeno più importante è probabilmente quello che vede i New Order rompere un tabù decennale fondendo rock e dance, affiancandosi idealmente agli esperimenti col funk e la disco del contemporaneo movimento p-funk, che però agisce a livello underground: nella visione dell’epoca dance e rock sono il diavolo e l’acqua santa, ancor di più dopo la sbornia del boom della disco, quando le stazioni radio rock promuovono la campagna “disco sucks!” istigando i propri ascoltatori a bruciare i propri dischi dance; il sentimento è reciproco.
Gli ex-Joy Division vengono introdotti ai suoni elettronici dai produttori John Robie e Arthur Baker che conducono nei club dance gay di New York gli ignari membri del quartetto: il frutto di questa scoperta (musicale!) può essere ascoltato nel 1981 nel singolo “Everything Got’s Green” che testimonia da una parte l’allontanamento definitivo dal suono dei Joy Division, dall’altra l’avvicinamento al suono del dance pop e del synth pop; la metamorfosi trova pieno compimento nel secondo disco a firma New Order, “Power, Corruption & Lies” (1983), che contiene quella “Blue Monday” considerata da molti il pezzo dance più importante della storia.
Per la prima volta il mondo della dance e quello del rock si avvicinano: il rapporto si rivelerà felice e duraturo, come il fenomeno di Madchester di fine anni’80 e lo scalcinato breakbeat in salsa rock che prenderà il nome di Big Beat stanno a testimoniare.
Altrettanto influenti per il suono del synth pop gli Ultravox di “Systems of Romance” (1978) che da subito ripudiano le chitarre e l’aggressività del punk per abbracciare il suono dei sintetizzatori ed un suono iper-melodico che si rivela seminale per il movimento New Romantic di Duran Duran e compagnia, almeno quanto “Gentlemen Take Polaroids” dei Japan (1980): entrambi i gruppi si ispirano pesantemente alle atmosfere languide e sofisticate dei Roxy Music, gruppo che sarà un’influenza fondamentale per tutto il movimento.
Se il fenomeno del synth pop nasce e si sviluppa prevalentemente in Inghilterra, vi è più in generale una rinascita del pop-rock che coinvolge entrambe le sponde dell’Atlantico. Dal Regno Unito provengono, tra gli altri, Adam & The Ants, Elvis Costello ed Xtc: i primi esordiscono nel 1979 con “Dirk Wears White Sox” con un suono che è la perfetta via di mezzo tra il glam dei T. rex ed il punk, ma è col successivo “Kings of the Wild Frontier” (1980) che trova definitivamente il proprio suono: in pezzi come la title-track e Antmusic il post-punk scopre un’irresistibile e contagiosa vena pop.
Esordiscono con un suono punk in piena regola gli XTC di “White Music” (1978), ma già nel successivo “Drums and Wires” (1979) si delinea quel suono, figlio della migliore tradizione pop, che consegnerà il gruppo alla storia riprendendo il discorso interrotto ormai da più di un decennio da Beatles e Beach Boys e aggiornandolo all’era della new wave. Con Andy Partridge e Colin Moulding rivive il vecchio luogo comune della rivalità tra songwriters (da quella storica tra Lennon e McCartney a quella tra Alex Chilton e Chris Bell): se Partridge è il più dotato della coppia è però opera di Moulding quella “Making Plans for Nigel” che da molti verrà ricordata come capolavoro assoluto del gruppo.
A riportare sulla mappa del rock la tradizione melodica Beatlesiana contribuisce anche Elvis Costello con “My Aim Is True”(1977), fondendola, però, con uno spirito critico che dall’ironia passa rapidamente al sarcasmo e con un suono ancora legato al pub rock da cui Costello proviene e che comporta forti accenti folk e rock’n’roll; nel successivo “This Year’s Model“ (1978) il passaggio da pub rocker a songwriter di razza si completa e Costello si rivela definitivamente come uno dei migliori cantautori della sua generazione. A produrre c’è Nick Lowe, anch’esso fautore del ritorno alla canzone da tre minuti sia nelle vesti di cantante (solista o con i Brinsley Schwarz), sia, appunto, in quelle di produttore: oltre ai primi dischi di Costello (e dei Damned), nel 1980 Lowe produce anche l’esordio omonimo dei Pretenders.
Anche il gruppo di Chrissie Hynde aggiorna la tradizione inglese all’era del post post-punk, anche se qui i gruppi di riferimento sono principalmente Stones e Kinks; il gruppo inoltre va ad ingrossare le fila dei gruppi new wave guidati da leader donna: se oggi la cosa può apparire del tutto normale, bisogna tenere a mente che, tradizionalmente, aldilà delle cantautrici, dei girls group e di alcuni casi eccezionali (uno su tutti Janis Joplin) il ruolo della rockstar non era mai stato molto frequentato dal mondo femminile.
L’inversione di tendenza coinvolge le due sponde dell’oceano e negli U.S.A. esplodono i Blondie, uno dei gruppi di maggior successo della primissima new wave; il debutto per il gruppo di Deborah Harry arriva con un disco omonimo nel 1976 e fin da subito si svelano quelle che rimarranno le coordinate stilistiche del gruppo: un suono che media la tradizione pop dei girl groups di Phil Spector con il glam di T. rex e Bowie. I suoni si fanno ancora più accattivanti nel terzo disco Parallel Lines (1978), facendo dei Blondie ma soprattutto dello stile vocale di Deborah Harry un’influenza fondamentale per i gruppi, non solo femminili, a venire: dai gruppi femminili del Brit Pop (come Elastica ed Echobelly) fino ad arrivare al garage-rock revival delle Yeah Yeah Yeahs.
Successo commerciale eclatante anche per i Cars di Ric Ocasek, al debutto (omonimo) nel 1978 che, trovandosi di fronte al bivio musicale che si presentava a tutti i gruppi dell’epoca, che comportava una scelta tra hard rock e suono new wave, decidono di passare dritti in mezzo e fondere i due stili creando un suono che presenta molti punti di contatto col power pop dell’epoca (filone in cui i Cars sono peraltro stati inseriti varie volte).
Un fenomeno prettamente inglese e a parte nell’ambito della new wave è l’ondata dello ska revival che nel 1979 viene lanciata dall’esordio omonimo degli Specials: il disco per la 2 Tone, seminale etichetta personale del gruppo con cui si identifica spesso il suono di questa seconda ondata inglese dello ska: seconda perché nei tardi anni ’60, sull’onda del successo di “The Israelites” di Desmond Dekker il genere aveva già vissuto un breve momento di popolarità. Il suono di Dekker e degli altri pionieri del genere viene aggiornato dagli Specials all’era new wave e rimane di moda fino ai primi anni ’80: a diffonderne i suoni contribuiscono tra gli altri Selecter (pubblicati anch’essi dalla 2 Tone), English (Beat) e Madness, questi ultimi secondi in popolarità ai soli Specials.
Se la moda è destinata a durare pochi anni le conseguenze di questo avvicinamento del punk alla musica Giamaicana avranno enormi conseguenze: il suono dei gruppi inglesi ska costituirà un’influenza fortissima per molti gruppi brit-pop (primi fra tutti i Blur), mentre la battuta in levare vivrà un’ennesima stagione di fuoco e metà anni ’90 grazie all’esplodere in America dello ska-core, portato avanti da gruppi come Rancid, Sublime e Mighty Mighty Bosstones che su questa commistione costruiranno le proprie fortune musicali.
Lo ska non è l’unico suono giamaicano con cui i gruppi new wave sperimentano: se da una parte, come visto in precedenza, capostipiti della scena punk come Clash e Johnny Rotten (con i Pil) avevano introdotto con successo suoni dub e reggae nei loro dischi, l’esperimento diviene fenomeno da classifica con UB40 e Police. I primi, che proseguono la tradizione dei gruppi multirazziali cominciata proprio con gli Specials, ne riprendono anche le tematiche sociali e politiche: se per certi versi il debutto del 1980 “Signing Off” segna il passaggio di testimone tra la scena ska della 2 tone e il pop-reggae che il gruppo contribuisce ad inventare, è con “Labour of Love”, del 1983, che il gruppo raggiunge il suo capolavoro.
Convincono invece soprattutto nei primi dischi i Police, all’esordio nel 1978 con “Outlandos d’Amour”, incredibile miscela di reggae e punk che ritroviamo anche in “Reggatta de Blanc” (1979) e “Zenyatta Mondata” (1980), dove è sempre più marcato quello sbilanciamento sempre più marcato in direzione del pop, che sarà confermato nei dischi successivi e ancor di più nella carriera solista del leader Sting.
Il fenomeno del punk-reggae è l’ultimo dei grandi esperimenti di un genere che partito con un ritorno al rock’n’roll più naif e allo spirito più primitivista aveva finito in realtà per preparare il campo per fusioni ed incroci musicali che nemmeno il progressive più coraggioso aveva mai osato tentare: è dai figli bastardi di queste fusioni col funk e con la disco, con lo ska e col reggae , col prog tedesco e il pop e il glam inglesi, che si genererà quella miriadi di generi e sottogeneri che faranno del decennio successivi un puzzle musicale frammentario: evoluzioni e prosecuzioni di un discorso cominciato a New York nella seconda metà degli anni’70…
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