Claudio Lolli

E’ stato snobbato da tv, da critici e dal grande pubblico, ma siamo certi quell’anima anarchica si prenderà il posto che gli spetta nel cuore dei grandi ideali, delle parole che animano idee, speranze e il grande cuore di chi non si arrende per cambiare.
E quanti hanno avuto fortuna e costanza di ascoltare le sue canzoni, o di conoscerlo, da oggi hanno un motivo in più per ricordarlo e ringrazialo.Il “grande freddo” è stata la sua ultima canzone testamento perchè lui – Claudio Lolli- ormai non si ritrovava più in un momento senza dialogo reale, tra parvenze social, del sembrare e apparire più che essere, senza ideali e con una galassia di ipocrisie tra gli adepti sulla strada dell’effimero e prezzolato successo della Maria nazionale, dei boy scout fiorentini rubagalline e dei sultani da olgettine.

Claudio ci ha lasciati a 68 anni dopo una malattia che via via l’ha consumato.

Claudio Lolli, lo incrociavo alle rassegne Tenco anni 70, un mito da osservare da lontano., ma l'incontro più emblematico lo ebbi con lui per le vie del centro storico di Bologna; aveva un sacchetto della spesa, l'espressione assorta e assente di chi cammina su una nuvola tutta sua.

Cosa si prova a vedere un mito con il sacchetto della spesa…? E, soprattutto, che cos'è un mito…? Mi fermai, lui veniva verso di me, avrei voluto dirgli qualcosa, ma ogni parola mi sembrava troppo povera, incapace a quantificare l'ammirazione verso quell'uomo che era riuscito a rendere in canzone gran parte dei pensieri, delle ansie e delle utopie che circolavano negli anni ‘70. Affanni esistenziali e ribellione aperta verso la cancrena del potere, uniti a una dannata voglia di vivere una vita migliore per sé e per gli altri, ne fecero un simbolo per molti, oltre che uno specchio davanti al quale passare…

Claudio e la sua nuvola transitarono oltre, mi voltai a guardarne la scia con gratitudine, senza neppure trovare il coraggio di fermarlo e dirgli qualcosa; gli rivolsi semplicemente un silenzioso “grazie”, poco spettacolare e tutto intimo, che quasi sempre si lega soltanto ad uno sguardo o un'occhiata furtiva. Grazie di esserci, intendo dire, grazie di essere come sei, grazie per tutto quello che ci hai fatto “vedere e sentire”. In sostanza, si tratterebbe dello stesso ringraziamento che potremmo rivolgere a tutti coloro che ci regalano la sensazione di arricchire la nostra vita. A quelli che invece la impoveriscono, è sufficiente offrire un addio…

Claudio Lolli viene considerato dalla critica come uno tra i più grandi maestri della Storica Canzone d’Autore Italiana, autore, tra le altre cose, del disco capolavoro “Ho visto anche degli zingari felici” che ha rappresentato i sogni, le utopie e le speranze non solo della generazione anni ’70 ma anche di una buona parte di giovani che ancora vedono nel grande poeta Bolognese un simbolo per ulteriori sogni, utopie, speranze ed esistenzialismi spesso inchiodati ad un muro dalla realtà attuale

Le canzoni di Claudio Lolli sfidano il tempo, fanno capire che lo specchio è ancora lì, coerente con se stesso e col suo meraviglioso invito di sempre, soprattutto a riprenderci quella vita “che gli altri ci respingono indietro come un insulto, come un ragno nella stanza...”

Ed è proprio Claudio Lolli, lontano dal mercato e inservibile ai “mercanti di canzone d'autore” che affollano il nostro tempo, ad essere rimasto tra i più credibili simboli di rivolta, poesia, sogni, ideali e utopie della generazione anni 70 e dei (pochi) ragazzi in circolazione che ne sono l'ideale continuazione.

(da malinconicoblues-vinile.it e Franco Martina-giornalemio.it)

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