Hurray For The Riff Raff - The Past Is Still Alive (2024)

 di Fabio Cerbone 

Quel passato “ancora vivo” richiama a sé Alynda Segarra, cuore e anima dietro l’appellativo di Hurray for the Riff Raff, un bagaglio di volti ed esperienze personali che hanno rappresentato la sua crescita come individuo e come artista (la musicista si definisce persona non-binaria e da sempre è impegnata sul fronte dei diritti civili delle comunità più escluse), dalle strade del Bronx a quelle dell’infinita e contradditoria America contemporanea. Non è un caso che The Past is Still Alive si chiuda con la voce del padre Jose, scomparso poco prima della realizzazione dell’album, colta in un intenso e tenero minuto di conversazione telefonica con Alynda (Kiko Forever).

The Past is Still Alive parla di chi non c’è più e di chi abbiamo lasciato andare, eppure ci accompagna ancora con la sua impronta esistenziale, parla di memoria e di crescita, di passaggi del tempo in un’epoca caotica, rivolgendosi a un paese, gli Stati Uniti, che Alynda ha attraversato con lo spirito affamato di una nomade dell’esistenza, figlia di portoricani fuggita di casa a diciasette anni e diventata una musicista adulta fra i quartieri di New Orleans e gli studi di registrazione di Nashville. Una caparbietà e un’ambizione intrecciate fra loro, che dai giorni dell’indipendenza avevano portato fino allo splendido esordio in casa Nonesuch con The Navigator, un desiderio esplicito di sperimentare e di allargare le maglie della sua formazione folk-roots, lo stesso che aveva forse raggiunto il limite creativo e la beata confusione di Life on Earth, per tornare adesso a casa, nell’opera evidentemente più intima e concisa della sua carriera.

La fragile limpidezza di Alibi introduce la ritrovata poetica della Segarra, un miracoloso e quanto mai semplice compromesso (ma di certo non al ribasso) tra il linguaggio fuori del tempo della folk music e l’attualità dell’Americana e dell’indie rock, elementi che il produttore Brad Cook non fa mai scontrare, piuttosto rendendoli una voce sola, con la naturalezza che Hurray for the Raff Raff lascia trasparire quasi in maniera indifesa dal suo canto, dal gentile cullare rootsy di Buffalo al pulsare più urbano ed elettrico di Hawkmoon. L’equilibrio possiede qualcosa di magico e l’apparente uniformità del suono (al quale offrono un contributo essenziale il polistrumentista e fratello del citato Brad, Phil Cook, la steel guitar di Mike Mogis e i sassofoni di Matt Douglas, questi ultimi a creare il “muro di suono” della conclusiva Ogallala) non è affatto un ostacolo quanto l’espressione degli stessi sentimenti di Alynda Segarra, mai così esposta in prima persona nelle liriche.

Breve nella durata, coerente nella sua forma poetica e musicale, The Past is Still Alive attraversa battaglie personali e passaggi chiave della vita mettendoli a confronto con l’America confusa e in decadenza là fuori (Colossus of Roads), esprimendo un sound delicato e denso allo stesso tempo: dalla slide guitar dell’ospite Meg Duffy che fende l’aria in una Vetiver innervata di elettricità al contegno folk di una dolcissima Hourglass, dalle ritrovate fragranze country di Dynamo (in duetto con la collega S.G. Goodman) alla seconda voce di Conor Oberst (Bright Eyes) che raddoppia e accarezza quella di Hurray for the Riff Raff passeggiando sul velluto di The World is Dangerous, The Past is Still Alive si muove con grazia tra i mille contrasti del presente, offrendo le stesse possibilità sia al contenuto delle sue parole sia alla leggiadria della sua musica.

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