Storia della musica #44

 La house e Madchester

Nei tardi anni ’70, secondo quel principio che è fisiologico di ogni boom commerciale, arrivato al suo picco il fenomeno disco era ormai vittima di un forte rigetto e mentre i dj rock incitavano a bruciare i propri album disco,  il fenomeno tornava a fiorire a livello underground: tra i locali che aprono, in sequenza, dal 1978 in poi, vi sono il Paradise Garage di New York con Larry Levan come dj resident, il Warehouse di Chicago con Frankie Knuckles (da cui il genere deriva il suo nome) e lo Zanzibar, in New Jersey, con Tony Humphries.
Per la genesi della house è il locale di Knuckles a rivelarsi seminale, oltre che la città di Chicago in generale: il club è piccolo e tendenzialmente passa disco tradizionale, ma poiché il materiale a disposizione è meno vasto che in passato, tocca al dj movimentare le cose, giocando col mixer e rinforzando il beat con l’aggiunta di una drum machine: il passo dal semplice remix di tracce preesistenti alla creazione di pezzi propri, perlopiù generati elettronicamente, è breve e segna la nascita del suono house, erede elettronica della disco, beat in 4/4, generato normalmente da una drum machine Roland 909 e una linea di basso sintetica in primo piano (generata normalmente con una Roland TB-303).
Il primo pezzo house della storia, “Your Love” di Frankie Knuckles è del 1984 e se nel 1985 i singoli house sono ancora rari, nel 1986 c’è una vera esplosione di hit del genere da “Can You Feel It” di “Mr Fingers” a “Do It Properly” di Adonis.
Tra gli artefici di questo fenomeno c’è un D.J. come Ron Hardy, resident al Music Box, le cui piste sono un vero e proprio banco di prova per testare le potenzialità dei pezzi sul dancefloor: luogo bazzicato anche da Larry Sherman, proprietario dell’unica pressa di vinili della città e di lì a poco fondatore della Trax Records, etichetta seminale per la diffusione del genere.
Il suono delle uscite Trax (insieme a quelle della DJ International), è destinato a diventare “il” suono della house di Chicago, a sua volta, per tutti gli anni ’80, sinonimo di house tout court: in realtà in club come il Paradise Garage di Levan e, soprattutto, lo Zanzibar di  Humphries veniva portato avanti un percorso sonoro parallelo, più legato alla tradizione disco, mantenendo a lungo viva la pratica del remix dei vecchi vinili: presto sarebbero usciti i primi singoli di questa variante della house, più legata alle origini soul e disco, definita garage house (e tale definizione genererà l’equivoco secondo cui ad inventare quel suono sia stato Larry Levan).
Il primo singolo del genere è 'Off The Wall' , di Paul Scott, del 1985, le prime etichette a supportare lo stile sono Supertonics, Easy Street ed Ace Beat e verso il 1987 quel suono della comincia ad emergere definitivamente, grazie a singoli come “Without You “di Touch e “Let's Work It Out” di Exit.
Nel frattempo a Chicago, sempre nel 1987, un altro seminale D.J. del posto, Dj Pierre, sotto lo pseudonimo di Phuture, inventa, armeggiando con un Roland TB-303, quel suono allucinato e lisergico che deriva dal variare ritmico dei filtri di risonanza del sintetizzatore, che appare per la prima volta nel suo singolo “Acid Tracks” e che segna la nascita dell’acid house, il fenomeno che caratterizza l’ascesa della house nel Regno Unito.
Un fenomeno reso possibile da alcuni eventi catalizzatori verificatisi negli ultimi due anni tra cui: la conversione dell’Hacienda di Manchester da locale dedicato al northern soul a club  house (cambiamento che lo renderà centrale per il fenomeno di Madchester) e l’apertura del Delirium a Londra (primo locale inglese dedicato alla house), un tour dei principali D.J. ed interpreti house americani, tra cui Frankie Knuckles, Fingers Inc. e Adonis, la pubblicazione del primo singolo house inglese della storia (“Carino” di T-com).
Aldilà di tutto gran parte del merito della diffusione della house (e della techno) nel Regno Unito va attribuita alle radio pirata che sdoganano suoni che non sarebbero mai potuti passare attraverso i circuiti nazionali: tra i primi pezzi passati c’è “Move Your Body” di Marshall Jefferson, singolo seminale che con il suo lussureggiante sfondo sonoro di archi e piano inventa di fatto la deep house, sottogenere dal tempo rallentato e dal suono vellutato che ben presto comincia a sostituire o affiancare ai suoni generati elettronicamente campioni prelevati da jazz e soul.
E’ un pezzo di Jim Silk, “Jack Your Body”, a catapultare la house verso la vetta della classifiche inglesi nel 1987, lo stesso anno in cui la celebre “Pump Up The Volume” dei M-A-R-S-S, pezzo interamente basato su samples, si mantiene alla numero uno per tre settimane.
Altrettanto seminali si rivelano i Soul II Soul, gruppo che fin dal 1988, anno d’uscita del primo singolo “Fairplay” viene allo scoperto con una miscela sonora indefinibile di dub, house e soul che per la prima volta fa intravedere le possibilità di un’elettronica inglese non derivativa ma originale e radicalmente differente da quello che si produceva oltreoceano, un’intuizione che si rivelerà seminale per lo sviluppo di stili come trip hop e drum’n’bass.

Nel frattempo il successo della house oltremanica fa si che essa, in particolare attraverso città come Londra e Manchester, diventi centro propulsivo e produttivo del genere a livello mondiale; si produce soprattutto acid house, comunque: “ReleaseYour Body” di Bang The Party e “Voodoo Ray” di A Guy Called Gerald sono le prime hit, ma anche la punta dell’iceberg di un fenomeno più ampio che, nel tentativo di emulare celebri club all’aperto di Ibiza come l’Amnesia, vede Paul Oakenfold organizzare a Londra lo Spectrum, primo party centrato sul consumo di ecstasy, per poi trasferirsi all’Hacienda di Manchester, dove nel 1988 si celebra la “summer of love”, cui seguirà nel 1989 la Love Parade di Berlino, il più grande evento dance della storia della musica nonché apice della rave culture.
Nel momento stesso in cui il fenomeno acid house raggiunge l’apice, con l’uscita di pezzi epocali come “Pacific State” degli 808 State (di cui fa parte lo stesso Gerald Simpson che aveva già firmato “Voodoo Ray”) e “What Time Is Love” dei Klf, e con la nascita dell’iconografia storica del genere, quella dell’onnipresente smile, succede un fatto ancora più importante: l’anno è il 1989 e per la seconda volta il mondo del rock e della dance si avvicinano.
Era già successo nei primi anni ’80 con la svolta dance dei New Order e la nascita del synth pop, ma se in quel caso gli effetti si erano fatti sentire soprattutto sul mondo del pop, questa volta sarà il rock cosiddetto alternativo ad uscirne radicalmente cambiato: a fare da ponte tra i due mondi troviamo alcuni gruppi seminali come Stone Roses, Happy Mondays e Primal Scream: sono gruppi che esaltano la componente psichedelica insita nell’acid house e la coniugano con la tradizione rock, (specie quella inglese degli anni ’60).
Gruppi peraltro diversissimi tra loro: gli Stone Roses, al debutto omonimo nel 1989, proseguono lungo la tradizione storica di Beatles, Kinks e Smiths, ma innestano le proprie ballate pop su loop ritmici di batteria e basso prelevati di forza dall’elettronica anni’80, come testimoniato da un pezzo come “Fools Gold”, probabilmente il momento più meticcio dell’intero disco.
Dove nei Roses prevale l’elemento rock, l’ago della bilancia si sposta prepotentemente verso la dance in “Bummed” (1988) degli Happy Mondays: il disco si basa su un uso massiccio di samples, una tecnica che, introdotta dall’hip hop, si stava imponendo sempre di più anche in ambito house (dai primi esperimenti dei M/A/R/R/S, ai dischi dei Klf, fino ad arrivare alla “nuova” house di Todd Terry).
Tra i due estremi si colloca una serie di bands che si formano e cominciano ad incidere sulle orme di questi due gruppi come Inspiral Carpets e Charlatans, dando vita al cosiddetto fenomeno baggy, che prende il nome dagli abiti larghi di moda al tempo.
Un altro gruppo, gli scozzesi Primal Scream, fino allora artefici di un noise pop non memorabile, con l’aiuto del produttore Andy Weaterhall firmano un disco, “Screamadelica” (1991) che riesce nell’impossibile compito di fondere psichedelia, acid house e Rolling Stones, chiudendo simbolicamente l’era del baggy, ormai giunta al capolinea a causa dei problemi creativi e personali dei sui protagonisti, e traghettandola verso gli anni ’90. Se il gruppo cambierà pelle un’infinità di volte, tornando all’elettronica nel 2000 con “XTRMNTR”, l’ondata dance-rock di Manchester si rivelerà un enorme influenza sul decennio successivo: da una parte la sua sintesi tra pop-rock dei ‘60s e Smiths sarà il trampolino di lancio per il movimento brit pop di metà anni ’90, dall’altra quell’avvicinamento tra mondi antitetici (della dance e del rock) si consoliderà sempre di più, creando un reciproco interesse tra i due universi che toccherà il suo apice col calderone meticcio del Big Beat.
Ma mentre a Manchester il rock si fonde con l’acid house, altre piccole rivoluzioni prendono piede a cavallo tra i due decenni: comincia a muovere i primi passi l’euro-dance, versione imbastardita e commerciale della house destinata a scalare le classifiche negli anni ’90 con artisti come 2Unlimited e Ace Of Base, l’acid house viene scalzata dal suo ruolo di colonna sonora dei rave party dalla techno hardcore (techno che assimila il breakbeat di scuola hip hop e il cui bpm viene sparato a velocità stellari) e dalla trance (techno ultramelodica nata dalle contaminazioni con l’euro-pop, caratterizzata da tappeti sonori sintetici e dal caratteristico crescendo a metà canzone).
Nel frattempo, negli Stati Uniti, culla originaria del genere la deep house diviene sempre più sinonimo di house di Chicago, mentre termini come garage house o jersey sound cominciano ad essere utilizzati per definire il suono della house di New York: se ne riparlerà più avanti…

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