Storia della musica #36
L’hardcore
Sono due le direzioni che il suono rudimentale del punk-rock del ’76-77 può intraprendere nel periodo immediatamente successivo: arricchirsi e farsi contaminare da nuove sonorità ed influenze oppure esasperare al limite le sue caratteristiche stilistiche distintive. Succedono entrambe le cose: la prima strada porta al post-punk, la seconda all’hardcore.
Se il post punk si caratterizza per la varietà delle influenze e l’apertura ad ogni genere e stile universalmente noto, l’hardcore, fenomeno quasi esclusivamente Americano, estremizza gli elementi di rottura musicale del punk, in particolare la velocità d’esecuzione e l’abrasività del suono, creando spesso (come nel caso dell’hard core di Washington) muraglie di suono al limite dell’intelligibile.
Chiaramente si sta generalizzando: sull’onda dei primi gruppi Californiani, come Dead Kennedys e Black Flag, nascono decine di scene diversissimi tra loro, con un suono che varia di città in città e che va dalle contaminazioni col metal dei Suicidal Tendencies agli spunti melodici dei Bad Religion passando per gruppi hardcore che puntano verso l’alternative come Meat Puppets e Husker Du: nei primissimi anni’80, il suono e gruppi hardcore si diffondono a macchia d’olio creando un mosaico apparentemente insolubile che può essere decifrato solo procedendo per piccoli passi ed utilizzando le diverse scene geografiche come principale punto di riferimento.
Prima di tutto è necessario puntualizzare che, come si accennava, l’hardcore è un fenomeno principalmente americano: in Inghilterra il fenomeno è di breve durata, legato principalmente a due gruppi come Discharge e G.b.h. che per qualche tempo riescono a dominare le classifiche indipendenti per posi spostarsi in seguito in area metal (e con essi i vari gruppi nati sulla loro scia), segnando per molti versi le sorti di una scena che rimarrà sempre minore.
Ben diverso è il discorso che riguarda gli U.S.A., in particolare la California, dove il fenomeno ha origine, con dischi come “Fresh Fruit” for Rotting Vegetables” (1980) dei Black Kennedys, “Group Sex” dei Circle Jerks (1980) e “Damaged” dei Black Flag (1981).
I Dead Kennedys di Jello Biafra sono tra i primi ad indirizzare il nichilismo e la rabbia del punk verso obiettivi concreti reali, muovendosi su quel piano di denuncia sociale che era stato inaugurato dai Clash: nell’esordio, un suono già maturo per la definizione hardcore si pone al servizio di testi caustici che riprendono la tradizione dei Fugs, tra una denuncia del regime di Pol Pot (“Holiday in Cambodia”) ed una staffilata al governatore della California (“California Uber Alles”), proseguendo l’opera con una manciata di dischi memorabili sotto la sigla del gruppo ed una lunga serie di uscite per l’etichetta personale di Biafra, la storica Alternative Tentacles, da subito realtà indipendente importantissima per il punk (e non solo).
Ancora più importante per lo sviluppo dell’hardcore e in più generale del rock alternativo sarà la SST, etichetta dei due Black Flag Greg Ginn e Chuck Duwoski per cui usciranno, tra gli altri, Minutemen, Husker Du e Meat Puppets e, ovviamente, “Damaged”, esordio del gruppo, disco che definisce il lato più abrasivo del suono hardcore, quello che confina col metal e che condurrà di lì a poco a numerosi crossover tra i generi.
Nei Black Flag aveva anche militato Keith Morris prima di entrare nei Circe Jerks, gruppo che chiude le triade storica dell’hardcore Californiano, ponte, con “Group Sex” verso l’hardcore melodico, stile che nasce proprio in quell’area e in cui l’abrasività degli inizi viene parzialmente mitigata in favore di spunti ed evoluzioni melodiche più vicine alla forma-canzone: non è un caso che tra i Jerks suoni Greg Hetson, futuro chitarrista dei Bad Religion. Infatti è proprio con l’ingresso di Hetson nel gruppo, e con dischi epocali per il genere come “Suffer”(1988), “No Control” (1989) e “Against The Grane” (1990), che quel suono verrà consacrato.
Lo stesso suono verrà portato nelle classifiche americane nell’esplosione del genere che prenderà di sorpresa tutti a metà anni ’90: tra le principali protagoniste del fenomeno un’etichetta, la Epitaph, di proprietà Brett Gurewitz, anch’esso, tanto per chiudere il cerchio, chitarrista dei Bad Religion.
Accanto all’hardcore melodico sulle coste californiane c’è comunque posto per ogni forma di sperimentazione ed incrocio: se sotto il profilo stilistico la fusione tra hardcore e metal è ovvia sotto il profilo ideologico l’accostamento non piace ai punk dell’epoca tanto che la fusione azzardata dai Suicidal Tendencies nell’esordio omonimo del 1983 gli procura il titolo di “peggior gruppo dell’anno” sulla storica fanzine hardcore Flipside: eppure l’incrocio hardcore-trash farà proseliti tanto che tracce più o meno marcate di quella fusione riemergeranno più tardi nei dischi di gruppi come D.r.i., Agnostic Front e Cro-mags.
Meno controversa e contestata la fusione con l’immaginario (più che con lo stile musicale) goth attuata dai T.s.o.l. (acronimo per True Sounds of Liberty) di “Dance With Me” (1981), senza barriere stilistiche l’hardcore fratturato e contaminassimo dei Minutemen di “The Punch Line”(1981): il nome del gruppo deriva dalla durata media dei pezzi, che si aggira sempre sul minuto appunto, formato che non impedisce loro di impreziosirli con suoni funk, soul e folk, in un hardcore che della definizione classica mantiene più che altro lo spirito e la furia iconoclasta; il gruppo raggiunge il capolavoro con “Double Nickels On The Dime” nel 1984, un anno prima che il percorso del gruppo si interrompesse bruscamente con la tragica morte di D. Boon , voce e chitarra del gruppo.
L’avventura musicale dei membri superstiti proseguirà comunque sotto la sigla Firehose e la lezione del gruppo sarà un influenza imprescindibile per decine di gruppi, primi fra tutti gli esponenti del cosiddetto postcore, come Fugazi e Nation Of Ulysses, che nei primi anni’90 ne porteranno avanti le spinte progressiste.
Se la California fa da culla ai primi gruppi hardcore e continua a rivestire per tutti gli anni ’80 e oltre un ruolo di riferimento fondamentale nell’evoluzione del genere altrettanto cruciale si rivela fin dagli albori degli anni ’80 la città di Washington D.C., patria di un hardcore tiratissimo ed aspro. Nel folto della scena che si forma da quelle parti due gruppi spiccano sugli altri: Bad Brains e Minor Threat. I primi, rarissimo esempio di hardcore band composta da musicisti di colore, sono pionieristici nel proporre fin dai primi singoli un mix inedito di asperità hardcore, assoli chitarristici di matrice Hendrixiana e aperture verso il reggae e il dub, contaminazione già vista in ambito punk ma mai in un disco hardcore; con la produzione di Ric Ocasek dei Cars il gruppo in “Rock for Light” (1982) mette a fuoco il proprio suono, per poi ammorbidirsi in parte nel successivo “I Against I” (1986).
Meno contaminato ma altrettanto pionieristico il suono dei Minor Threat, gruppo di Ian McKaye che definisce il suono dell’hardcore di Washington, abrasivo ed essenziale, in una breve carriera discografica che dura lo spazio di 2 EP e un album, (“Out Of Step”, del 1984), sufficienti comunque a creare un alone mitico intorno al gruppo, che è anche vitale per la nascita della filosofia straight edge, nata in contrapposizione allo stereotipo secolare che associa al rock la mitizzazione dell’abuso di alcool e droga: non si tratta di un movimento esclusivamente musicale e l’astensione dal consumo di stupefacenti ed alcolici viene messa in pratica dagli stessi membri del gruppo trovando nel tempo migliaia di adepti e creando un precedente unico nella storia del rock (e del punk) McKaye sarà anche fondatore di una delle etichette più importanti per l’evoluzione del suono alternativo americano, la Dischord, nonché futuro leader dei Fugazi, il gruppo trainante di quel suono cui si è già accennato poco fa e che prende il nome di postcore.
Se California e Washington costituiscono i due grandi punti di riferimento del primo hardcore americano il fenomeno tende comunque a coinvolgere, con l’eccezione del Sud che nel suo tradizionalismo non può che essere antitetico allo spirito del punk, le principali città americane, dalla New York dei Misfits alla Chicago dei Big Black di Steve Albini fino ad arrivare al Midwest, dove si consuma uno degli atti più importanti dell’evoluzione dell’hardcore: quella che lo vede crescere rispetto alle premesse stilistiche di partenza ed incamminarsi verso l’alternative rock.
Due sono i gruppi principalmente responsabili di questo cambiamento: Husker Du e Replacements: i primi sono un power trio di Minneapolis guidato da Grant Hart (batteria) e Bob Mould (chitarra) che, nel giro di pochi anni, dall’esordio del 1981 “Land Speed Record” al secondo disco per SST, il capolavoro “Zen Arcade” (1984), vedono il proprio suono passare dall’hardcore più o meno tradizionale degli inizi ad un ibrido senza precedenti nato dall’incontro con psichedelia, pop e folk; il cammino del gruppo comunque non si interrompe qui, andando a svelare ulteriormente la propria vena pop in dischi come “New Day Rising”, del 1985, sempre su SST e “Warehouse”, del 1987, testamento artistico e altro capolavoro del gruppo.
Altrettanto seminali i Replacements di “Hootenanny” (1983) e “Let It Be” (1984): il gruppo di Paul Westerberg, partito dal suono degli Husker Du spinge in una nuova direzione le intuizioni del gruppo di Mould ed Hart creando un suono che vira verso le radici musicali americane, in particolare country e rock’n’roll, filtrando però il tutto con una spiccata attitudine melodica e raggiungendo il culmine in pezzi come “Alex Chilton” e “Left Of The Dial”. Inutile sottolineare che anche questo gruppo si rivelerà seminale grazie ad uno stile destinato a divenire modello di partenza per un numero incalcolabile di gruppi appartenenti alla cosiddetta area alternativa del rock.
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