Storia della musica #34
Rock e avanguardia: l’industrial e il noise rock
Se già in passato il rock aveva incrociato le sue strade con la musica d’avanguardia, dal connubio tra Warhol e i Velvet Underground alle sperimentazioni sonore del cosiddetto kraut rock, in un lento processo d’avvicinamento tra i due mondi, è logico che questo connubio trovi il suo coronamento in ambito new wave se si tiene conto della “sovversiva propensione” di tale fenomeno a tenere aperte le porte ad ogni forma di fusione ed incrocio, tanto più se l’elemento musicale da integrare si rivela estraneo alle tradizioni del rock.
Il termine industrial viene per la prima volta utilizzato dal compositore d’avanguardia Monte Cazazza, artista che aveva cominciato le sue sperimentazioni sonore nei primi anni’70 sviluppando il concetto di musica concreta nato con le sperimentazioni sonore di Pierre Schaeffer di fine anni ’40, in particolare il celebre “Etude aux Chemins de Fer”, non-musica costruita interamente su registrazioni dei suoni prodotti dai treni che passano, sottoposte a manipolazioni su pitch, ampiezza e durata: un’intuizione geniale che aveva suscitato lo sconcerto del pubblico radiofonico, ma anche l’ammirazione di gente come Pierre Henry e Luc Ferrari, che si era unita al suo staff di ricerca.
Il lavoro di questi pionieri si rivela fondamentale non solo per la scena industriale, le cui suite vivono di rumori elettronici ispirati dagli stridori, i sibili e i tonfi delle macchine, ma anche per le tecniche dj-istiche di samplig (campionamento), che proprio sul principio del campione trovato, modulato e suonato si fondano.
I capiscuola del rock industriale (e della scena-madre di Sheffield che comprende anche Cabaret Voltaire e Clock DVA) sono comunque i Throbbing Gristle di “Second Annual Report” (1977): uno stridente tappeto sonoro di sintetizzatori è attraversato da campioni di voci che scorrono al contrario, risate distorte, urla raggelanti e altri campioni trovati, i Can e i Faust più oscuri o le sperimentazioni dei pionieri Silver Apples come unico, possibile riferimento. Musica astratta e nata da improvvisazioni che ricordano da vicino le sperimentazioni di John Cage con le onde radio e che rivive nel successivo “D.o.a.” (1978) per poi trovare nel 1979 una sua forma dance con “20 Jazz Funk Greats”, uno degli album fondanti del suono synth-pop.
I Silver Apples risultano un’influenza fondamentale anche per i Cabaret Voltaire, gruppo che, esattamente come i Throbbing Gristle, parte da una forma astratta e nebulosa di industriale per poi approdare, nei dischi successivi, ad una struttura più tangibile materializzata dal pulsare ritmico ossessivo della dance; in realtà le avvisaglie di questa mutazione sono già nel secondo pezzo dell’esordio, “Mix-up” (1978), dall’incidere marziale e ossessivo: il disco è comunque nel complesso un altro collage sonoro stridente di suoni trovati, che spesso si trasforma in mantra psichedelico, lo spazio dei Pink Floyd più dilatati rimpiazzato da uno scenario apocalittico e oscuro; le stesse atmosfere che si ritrovano, l’elemento ritmico solo più accentuato, nel successivo “The Voice of America” (1980) e in “Red Mecca” (1981).
Ispirati da Throbbing Gristle e Cabaret Voltaire i Clock Dva che chiudono la triade storica di Sheffield: se il primo disco, “White Souls in Black Suits” (1980) introduce il sax in un magma sonoro che riecheggia quello dei capiscuola del fenomeno, nel terzo disco, “Advantage” (1983), il suono si fa più personale fondendo le sonorità industrial con atmosfere decadenti che riprendono e filtrano quelle di Roxy Music e Velvet Underground (di cui peraltro coverizzano “Black Angels Death Song”).
Se i primi passi verso le musica concreta erano stati mossi in Germania nei tardi anni ’60 da gruppi quali Can e Faust, non può stupire che qui la musica industriale viva, attraverso i dischi degli Einstürzende Neubauten, una tappa fondamentale del suo sviluppo: se il suono dei gruppi di Sheffield è un collage sonoro indefinito ed indefinibile di suoni raggelanti e spesso irriconoscibili, dotati spesso di una natura apparentemente aliena, nell’esordio del 1981 dei Neubauten, “Kollaps”, il ritmo è fornito dai metallici tonfi delle fabbriche, la voce di Blixa Bargeld recita minacciosa nei momenti di quiete ed esplode in un urlo quando il tonfo meccanico e il rumore bianco delle chitarre hanno il sopravvento, mostro cacofonico che verrà ripreso e plasmato da un Trent Reznor in procinto di diventare star dell’industrial metal, una decina d’anni dopo.
Prima della fusione col metal dei tardi anni ’80, l’evoluzione dell’industriale passa attraverso un’altra metamorfosi, in senso dance, riscontrabile nella discografia dei gruppi di Sheffield ma soprattutto nel movimento dell’Electronic Body Music (EBM) di metà anni’80 che vede in Skinny Puppy, Front 242, e Nitzer Ebb i suoi principali esponenti. Un suono che utilizza i suoni concreti delle fabbriche in chiave ritmica, esasperando le intuizioni dei Throbbing Gristle e Cabaret Voltaire più maturi: il risultato è una versione marziale ed oscura dell’electro (che cominciava a muovere i primi passi in questo periodo), in cui lo spirito nero del funk è in gran parte rimpiazzato da un’oscura anima gotica.
Se il suono industriale era destinato a trovare un seguito nelle evoluzioni della dance e del metal, ancora più importanti saranno, per il mondo dell’indie rock, le conseguenze dell’”invenzione” del noise rock: dove l’industriale sviluppa gli studi sulla musica concreta di Schaeffer ed Henry e le sperimentazioni con la musica aleatoria di Cage, il noise-rock fonde, il minimalismo di La Monte Young, Terry Riley e Steve Reich con il rumorismo più acuto di Stooges e Velvet Underground. L’invenzione del genere è normalmente attribuita ad un gruppo di New York, i Sonic Youth, figli dell’attitudine più sperimentale del post punk, dalla no wave alle sperimentazioni minimaliste di Glenn Branca: fenomeni musicali da cui Thurston Moore e compagni discendono direttamente.
L’esordio del 1983, “Confusion is Sex”, è un susseguirsi di psicodrammi sonori, in cui algidi mantra minimali sono spezzati dal rumore bianco del feedback della chitarra, dal cantato spastico di Moore (reminiscente della no wave) e dalle litanie di Kim Gordon: la line-up è quella classica del rock ma i suoni che ne escono delineano scenari sonori completamente nuovi; il suono del gruppo si delinea ulteriormente in “Enon” (1986), disco che vede per la prima volta Steve Shelley alla batteria; con “Sister” (1987) e “Daydream Nation” (1988), i due capolavori del gruppo, il passaggio è completo e il gruppo trova il suo equilibrio: le composizioni astratte dell’inizio si sono trasformate in canzoni vere e proprie, le dissonanze e i feedback sono solo alcuni degli elementi costituivi di due dischi che segnano uno degli atti di nascita dell’indie rock.
Quei sibili entreranno nel dna del rock e caratterizzeranno i suoni dei gruppi più disparati: dal noise pop dei Dinosaur Jr e dei Jesus & Mary Chain, al garage-blues primitivo di Pussy Galore e Royal Trux, fino ad arrivare alle esplosioni di rumore chitarristico dei gruppi post-rock, che dai Sonic Youth erediteranno anche l’amore per le melodie minimali, per i mantra circolari e per l’alternanza tra quiete e caos.
I primi eredi dei Sonic Youth sono comunque i Swans di Michael Gira, anch’essi di New York, che su “Cop” (1984), secondo disco del gruppo, creano un suono scurissimo, fusione distorta e teatrale di noise, heavy metal e industrial, in cui il cantato è un latrato a metà tra Captain Beefheart e Nick Cave, inferno dantesco trasposto in musica che costituirà un’influenza fondamentale per il futuro grindcore, ennesimo esempio di quella connivenza tra rock e rumore che tenderà a consolidarsi sempre di più nei decenni successivi…
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