Storia della musica #28

 Il punk di New York

Fenomeno sbocciato in America nell’ambito della cosiddetta new wave, onda anomala di gruppi in rotta con la tradizione musicale destinati a sconvolgere il rock dalle fondamenta, il punk nasce a metà anni ’70 a New York, in club come il CBGB’s e il Max Kansas City e deflagra nel 1977 in Inghilterra emergendo prepotentemente dall’underground e divenendo caso nazionale. È una musica che nasce come reazione contro la società e la musica del tempo, espressione di un malessere diffuso che ha molte cause: da una parte c’è una nazione, quella americana dei tardi ’70, disincantata e ancora scossa dalla guerra del Vietnam, guerra con cui per la prima volta viene intaccata l’immagine utopistica dell’America; d’altra parte i problemi non sono nemmeno più controbilanciati dalle utopie del decennio precedente: le ceneri del fenomeno hyppie sono ancora calde e la musica ha perso il suo carattere sociale per andarsi a rifugiare in forme acute di individualismo.

Il rock è stato ormai inglobato dal mainstream e svuotato di tutti i suoi elementi destabilizzanti, spesso ripiegato su sé stesso in una riscoperta sterile delle radici mentre molta musica cosiddetta alternativa si è andata ad incanalare nei labirinti barocchi e spesso vuoti del progressive .

In questo quadro il punk viene giù dritto come una bomba: non è una reazione con uno scopo preciso, non c’è un doppio fine né un obiettivo, se non quello di dare una valvola di sfogo al proprio disagio e allo stesso tempo fare tabula rasa col passato recente, andando a recuperare le sonorità del rock’n’roll degli anni’50 esasperandone i tempi e sfregiandone il suono.

Pensandoci bene non può esistere stile musicale più adatto per far partire il siluro punk: da una parte il primo rock’n’roll è l’unica corrente musicale rimasta incontaminata, mai veramente inglobato ed imbrigliato dalla cultura mainstream che anzi vi si è opposta fin dall’inizio accelerandone ed anticipandone la scomparsa e poi perché, nella sua relativa semplicità, si presta alla logica del do-it-yourself (DIY) che regola fin da subito il fenomeno punk: il gruppo che sale sul palco non lo fa per esibire la propria abilità musicale, ma per urlare il proprio disagio, il pubblico reagisce con la violenza del pogo e sputando sul palco (il cosiddetto gobbing) in segno contemporaneamente di disprezzo ed ammirazione: si ripete per molti versi quel che è successo, quasi dieci anni prima, con gli Stooges di Iggy Pop.

L’ottica del DIY è fondamentale per spiegare l’esplosione di gruppi, etichette e stili che nel giro di un paio d’anni rivoluziona lo scenario musicale mondiale: tutti i gruppi della prima ondata del punk inglese, Clash compresi, dichiareranno di aver incominciato a suonare dopo aver assistito ad un concerto dei Sex Pistols, gruppo che fa della propria imperizia un vanto ispirando centinaia di band a fare lo stesso; sempre col DIY si spiega la proliferazione in questi anni delle etichette indipendenti, che si riveleranno fondamentali per la diffusione di nuovi suoni, dietro alla produzione di dischi e gruppi che le Major non avrebbero mai nemmeno preso in considerazione: la Emi sarà disposta a pubblicare i Sex Pistols, musicalmente di presa immediata nonostante l’apparente ruvidezza e sospinti commercialmente dal clamore che suscitano, ma mai e poi mai sarebbe disposta a produrre gruppi come Cabaret Voltaire e Crass, esponenti di spicco del post punk, (per la cronaca questi due gruppi verranno pubblicati dall’inglese Rough Trade, probabilmente la più importante etichetta indie inglese della storia).

Ma facciamo un passo indietro: gobbing, Pistols e pogo sono tutti fenomeni legati alla seconda fase dell’esplosione del punk, quella inglese, del 1977. Il punk però, come si diceva, nasce a New York, a metà anni ’70.

Il “la” lo danno le New York Dolls, gruppo di travestiti che ha due intuizioni che si riveleranno fondamentali per il fenomeno: la prima è quella di ripescare suoni del passato (in questo caso gli Stones più sanguigni) e fonderli con lo stile sporco e primitivo dei primi Stooges; la seconda è quella di portare al centro della scena delle figure psicotiche e volgari che uniscono le provocazioni del glam con quelle di Iggy Pop.

Ancor più seminali si rivelano Richard Hell e i Ramones: il primo, che ha già militato nei Neon Boys (con i futuri Television Tom Verlaine e Richard Lloyd) è autore, con i suoi Voidoids, di “Blank Generation” (1976), vero e proprio inno della generazione senza causa del punk; non solo: è lui ad ispirare a Malcolm McLaren il look dei futuri Sex Pistols, di cui sarà produttore e demiurgo (McLaren tenta inizialmente di affidare la leadership del gruppo allo stesso Hell, il quale però rifiuta).

Impatto più grande ancora hanno i Ramones, veri artefici del suono del punk: melodie elementari, canzoni da due minuti e tre accordi che prendono tanto dal primo rock’n’roll quanto dal pop dei primi Beach Boys con il primo, omonimo disco del 1976: segue un seminale tour del Regno Unito e lo spettacolare “Rocket To Russia” (1977).

Al CBGB’s, comunque, non suonano solo Hell e i Ramones, ma anche artisti come Patti Smith e Television: se i Ramones rappresentano l’aspetto più sfrenato e pop del fenomeno, questi ultimi ne costituiscono invece il versante serio, legato al mondo degli intellettuali e ai circoli poetici e rientrano in quel filone più vasto che prende il nome di New Wave, di cui il punk, almeno in America, è solo il suono più identificabile.

Patti Smith nasce come poetessa ed esordisce musicalmente nel 1975 con “Horses”, punto d’incontro tra beat poetry e garage rock, tra simbolismo e rock’n’roll: produce il solito John Cale, presenza fissa in tutti i dischi-chiave della storia del punk.

Ancor più singolari musicalmente i Television di Tom Verlaine che in “Marquee Moon” (1977) creano una sorta di “garage-rock senza swing”, con un jamming che si rifà al free-jazz di Coltrane e un andamento mesmerizzante che riporta alla mente le sonorità dei Velvet Underground: disco-simbolo della new wave che porta brillantemente avanti la tradizione musicale Newyorchese, centrale per gran parte degli sviluppi musicali a venire…

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