The Trip - Caronte (1971)

Una delle conseguenze secondarie del boom economico italiano fu che una intera generazioni di giovani avesse disponibilità economica anche per la musica. Questo fece sì che il mercato discografico italiano fosse uno dei più floridi e ricchi del mercato europeo, e con praterie inesplorate di stili musicali. La storia della band di oggi inizia proprio così, quando Riki Maiocchi, cantante de I Camaleonti, volò a Londra per reclutare una nuova band per la sua carriera solista nel 1966. Ad accompagnarlo, il batterista Ian Broad, e i due scelgono alcuni promettenti ragazzi: il chitarrista Ritchie Blackmore, il bassista Arvid “Wegg” Andersen e un secondo chitarrista di nome Billy Gray (che aveva suonato addirittura con Eric Clapton e proveniva dagli scozzesi Anteeeks). A ottobre il cantante e i musicisti si presentano sui palchi italiani sotto la sigla Maiocchi & The Trip, ma già a dicembre Blackmore torna in Inghilterra per diventare, appena un anno più tardi, il chitarrista dei mitici Deep Purple; la band addirittura si separa da Maiocchi. Nel 1967 ai tre rimasti si uniscono prima il tastierista Joe Vescovi e poi nel giugno 1967 il batterista Pino Sinnone che sostituisce Broad. Nasce così The Trip, nome preso in prestito dalla prorompente stagione psichedelica con chiare allusioni all’esperienze lisergica: il gruppo durerà pochi anni, ma sarà decisivo per l’introduzione in Italia dei nuovi stili d’oltremanica e sarà considerato, unanimemente, uno dei primi gruppi che aprì la strada al progressive italiano. Con la formazione a quattro guidata da Vescovi, il complesso propone una miscela di beat, rock e blues con qualche venatura sinfonica, che i critici battezzano “musica impressionistica”. Grazie a un provino effettuato al Piper Club di Roma, la band viene notata dal produttore Alberigo Crocetta che mette il quartetto sotto contratto per la RCA, facendo anche inserire un suo brano nella compilation intitolata Piper 2000, Bolero Blues. Tutto è pronto per l’esordio discografico. The Trip, con una meravigliosa copertina psichedelica, esce nel 1970: hard blues, psichedelia, il formidabile affiatamento strumentale ne fanno uno dei dischi più interessanti di quell’anno, con il gruppo che inizia ad avere una piccola ma solida schiera di appassionati. Passa un anno e tutte le aspettative del disco d’esordio esplodono e crescono nel disco di oggi, considerato uno dei dischi capolavoro della musica italiana degli anni ‘70, non solo progressive. Caronte, ispirandosi alla figura del nocchiero infernale, è un concept album sull’ipocrisia e sulla menzogna della società del tempo. Passa alla storia anche per la meravigliosa copertina: un Caronte ispirato ai disegni dell’Inferno di Doré, con una bandiera inglese irriverentemente posta a coprire le pudenda, all’interno, i dannati dell’Inferno sono dipinti come partecipanti ad un concerto, con cartelli inneggianti alla band e sensuali condannate in bikini che ammiccano in direzione di chi guarda (meraviglie degli Lp dell’epoca). Musicalmente, basta la bellezza disarmante di Caronte I, che apre il disco, a mettere sul tavolo il menù squisito dei The Trip: un massiccio hard-blues che è tutto un inseguirsi di tastiere, salti di ritmo e di stile, chitarre saturate che volano su una grintosa base pulsante, e per molti critici qui la piantina del progressive italiano inizia a germogliare; non di meno la favolosa Two Brothers, che sa della riforma Zeppelin all’Hard Rock, parte con un inseguimento e stridori di automobili, poi un intro metafisico fa partire un riff geniale di basso, per un crescendo musicale di musica e parti vocali, usate anch’esse come uno strumento. Little Janie, dedicata alla grande Janis Joplin, appena scomparsa, spiazza per la sua dolcezza di ballata alla Donovan. L’Ultima Ode A Jimi Hendrix è anch’essa un omaggio al leggendario mancino di Seattle, si sviluppa da una cupa fase iniziale a cui segue il meraviglioso lavoro di Vescovi all’organo (il protagonista della musica Trip) e la chitarra di Gray quasi a suonare un requiem maestoso, degno di cotanto maestro. Il disco si chiude con Caronte II che riprende il tema iniziale per finire in una sorta di spettacolo pirotecnico musicale finale, davvero indimenticabile. Il disco, fenomenale, rese chiaro agli ascoltatori, ai critici e anche agli altri gruppi che erano arrivate nel nostro paese delle idee, delle sonorità, dei riferimenti nuovi da cui si poteva partire per fondare la via italiana al progressive: già l’anno dopo, nel 1972, la loro lezione verrà portata da band come la PFM o il Banco a livelli altissimi. In quell’anno, i The Trip, che persero il chitarrista Gray e Pino Sinnone, che lascia del tutto la musica, pubblicano un lavoro altrettanto interessante, Atlantide (altra copertina clamorosa), che è quasi radicale ma più discontinuo rispetto a Caronte. La band verrà licenziata dalla RCA, nonostante il successo di Atlantide: pubblicheranno ancora un disco, Trip: Time For Change nel 1973, che però sancisce la fine della band: Vescovi andrà prima agli Acqua Fragile, poi nei Dik Dik, Furio Chirico, che aveva sostituito Sinnone, suonerà con gli Arti E Mestieri, Andersen torna in Inghilterra. The Trip però risorgerà quarant’anni dopo quando Joe Vescovi e Chirico richiamano Andersen iniziano a suonare ai Festival, addirittura in Giappone, dove registrano un Live in Tokyo 2011. Vescovi muore nel 2014, Pino Sinnone forma una band nel maggio 2015 con il nome di The New Trip, subito cambiato in The Trip, secondo lui per rispettare la volontà di Vescovi che gli aveva chiesto sul letto di morte di formare un gruppo che continui a proporre le idee e la musica di questa storica band. Modo migliore per me invece è quello di riscoprire i loro dischi classici, recentemente ristampati e facilmente rintracciabili, per scoprire una delle band più interessanti della storia del rock italiano.

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