Miles Davis - Milestones (1958)

La storia musicale di oggi taglia un bellissimo traguardo, quello delle 200 avventure musicali. La numero uno, scelta puramente a caso, fu un disco dello stesso signore del suono di oggi, protagonista anche della numero 50, 100, 150. E non potevo che continuare a raccontare i numeri celebrativi con lui anche oggi, per la duecentesima storia di musica. Per celebrarla degnamente, ho scelto quello che è considerato uno dei dischi più importanti del jazz. Miles Davis allarga a sei componenti, per una sola incisione, il suo leggendario quintetto, dopo aver imposto a John Coltrane di disintossicarsi: insieme al suo sax tenore ci sono Julian Cannonball Adderley al sax alto, una squadra ritmica formidabile con la potenza di una Formula 1 composta da Red Garland al piano, Paul Chambers al contrabbasso e Philly Joe Jones alla batteria, guidati dal carisma e dalla potenza magnetica del Signor Davis con la sua tromba. Il quale aveva già sperimentato con un altro genio, Bill Evans, le strane alchimie delle scale modali, teorizzate da George Russell in un saggio, Lydian Chromatic Concept Of Tonal Organization (The Art And Science Of Tonal Gravity), che si prefiggeva di svincolare la progressione degli accordi dalla tonalità del brano (cioè non richiede che gli accordi siano necessariamente rispondenti alle regole dell'armonia tonale, ossia costruiti per armonizzazione dei vari gradi della tonalità). Inoltre associa ad ogni accordo differenti scale “modali”, ciascuna con una sua tonica, dalle molteplici e differenti sfumature, sempre in maniera indipendente e svincolata dalla tonalità. Nato come risposta alla frenesia dell’hard bop, con quella frenetica dimostrazione di abilità esecutive portate all’estremo per velocità e quantità di note eseguite nel tempo, quello che diventerà il jazz modale nasce, secondo la filologia musicale, con un brano del clarinettista Tony Scott, Aeolian Drinking Song, dall’album del 1956 The Touch Of Tony Scott, che aveva in formazione quel Bill Evans, colui che presentò questa importante innovazione a Davis. Il quale con il fiuto da assoluto anticipatore e promotore di novità musicali, qualità che lo accompagnerà per tutta la vita, raccoglie le prime avvisaglie di cambiamento e le mette in un disco che diviene l’anello di congiunzione tra quello che è stato e quello che sarà del jazz. Milestones è registrato in due leggendarie sessioni ai mitici studi della Columbia sulla 30.ma Strada di New York il 4 Febbraio e il 4 Marzo del 1958. In produzione, il grande George Avakian, uno dei più grandi produttori del jazz del ‘900, e colui che portò Davis alla Columbia. Il disco si sarebbe dovuto chiamare semplicemente Miles, ma Davis volle giocarci su (come spesso accadrà con i titoli dei suo dischi): prendendo spunto da un brano scritto per lui dal pianista John Lewis negli anni ‘40, Milestones può essere interpretato come “pietre miliari”, oppure come Miles tones, con tones intese come toniche, colori musicali delle nuove scali modali, oppure come un Miles che “suona” una cosa nuova. In scaletta 7 brani leggendari, tra autografi e prestiti di altri artisti: si parte con l’euforia di Dr.Jekyll (che nelle versioni di ristampa successive diventerà Dr. Jackle), opera del grande sassofonista bianco John Lenwood “Jackie” McLean, che qui è un’occasione per i due campioni al sax per sfidarsi tra loro in vorticose arrampicate strumentali; Sid’s Ahead è un brano autografo di Davis, storico anche perchè qui Miles non suona solo la tromba, in accompagnamento e come solista, ma suona il piano dato che nella sessione di marzo Garland non c’era. Two Bass Hit è l’omaggio imperioso a due dei suoi maestri, il già citato John Lewis e il mitico Dizzy Gillespie. Poi arriva il clou: Milestones è la leggiadra emozione, è l’ingresso in pompa magna della musica modale nel jazz, in un brano indimenticabile e diventato leggendario. Billy Boy ha due meriti: lasciare per un brano sensazionale spazio ai tre funambolici ritmici, con assoli entrati nella storia di Garland al piano, di Chambers al contrabbasso e di Joe Jones alla batteria e di far conoscere al grande pubblico un pianista, amatissimo da Davis, Ahmad Jamal, considerato un performer minore, ma capace di interpretazioni intensissime e di aver attraversato tutte le stagioni del jazz. Si chiude con una ripresa di Straight, No Chaser di Thelonious Monk, in una delle esecuzioni più famose di questo standard imperituro. Nella versione lp o cd attualmente in commercio, ci sono tre brani in più, tre alternative takes di Two Bass Hit, di Milestones e di Straight, No Chaser. Milestones è considerato il trampolino di lancio per quello che sarà Kind Of Blue di appena un anno più tardo, l’apoteosi del jazz modale e probabilmente il disco più famoso della storia del jazz. In questo c’è tutta la tensione creativa di un musicista capace di captare e far crescere come nessuno le tendenze musicali che lo circondavano con la sicurezza che mostra nella famosa foto di copertina, dove è come se dicesse: accomodati, ascoltami e dimmi tu che sai fare con la musica. In omaggio a questo disco e al significato letterale del titolo, i dischi di dicembre saranno quattro pietre miliari, secondo me, della musica, perfetti anche per fare un regalo a Natale. Un grazie sentito a tutti quelli che mi scrivono dopo una storia, a quelli che si appassionano a ciò che propongo, a quelli che amano la musica, con poche distinzioni sui generi musicali, perchè come diceva il sommo Miles: “Non esistono note sbagliate”. 

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