Flamin’ Groovies, Shake Some Action, 1976

Se tutti sapessero la storia della band di oggi, ognuno di noi avrebbe un amico o un'amica a cui poter dire: hai fatto una cosa alla Flamin’ Groovies. Band fondamentale della scena di San Francisco, è stata per quasi tutta la loro pluridecennale carriera “la band sbagliata nel momento perfetto”, una serie di particolari coincidenze storiche che mal si allineavano al loro stile musicale, del tutto unico nel panorama della Bay Area degli anni ‘60 e ‘70. Perchè se gli altri stiravano il blues al limite dell’inverosimile, aggiungendo psichedelia, effetti, acido, qui il faro era la musica beat inglese, i Beatles e i Rolling Stones, ma anche i Kinks o i Lovin’ Spoonful, con 5-6 anni di ritardo rispetto al loro boom. Ma andiamo con ordine. Nascono come Chosen Few, nel 1965, e sono formati da Cyril Jordan (chitarrista), George Alexander (basso), Tim Lynch (chitarra e voce) e Roy Loney (chitarra e voce), a cui si aggiunge Roy Greco, batterista, cambiano nome in Lost & Found e suonano cover dei grandi gruppi inglesi che ho citato prima. Il gruppo si scioglie, Jordan e Lynch volano in Europa, tornano e riformano il gruppo con Roy Loney e Danny Mihn alla batteria, ribattezzandosi Flamin’ Groovies. Il problema è trovare un contratto, dato che siamo all’esplosione della psichedelia e loro suonano una musica che è fuori moda. Non demordono, e con una mossa inaspettata fondano una propria etichetta discografica, la Snazz, e pubblicano Sneakers, disco in 10 pollici che solo con il passaparola vende migliaia di copie, soprattutto durante i concerti. Il successo ingolosisce la Epic, che li scrittura, i Groovies volano a Los Angeles e registrano Supersnazz. Il disco è interessante, ma il loro suono è lontano dal sentire del 1969 ed è un fiasco. La Epic li licenzia. Ma ancora non demordono. Con un’altra genialata, chiedono a Bill Graham di gestire il mitico Fillmore West, chiuso nel 1969: è un altro fallimento, con i grandi gruppi della zona che non suonano su quel palco ma soprattutto con un manager arruolato per l’iniziativa che scappa con i soldi dei concerti. Senza più un soldo, vanno a New York, firmano un fortunoso contratto con una piccola etichetta, la Kama Sutra, e scrivono due dischi, nel 1970 Flamingo, e nel 1971 il formidabile Teenage Head, una sorta di Sticky Fingers “sfortunato” (ma amato tantissimo dallo stesso Mick Jagger). Ma la mala sorte non finisce qui: Tim Lynch è arrestato per droga, Loney se ne va per disaccordi creativi, la Kama Sutra li licenzia per gli scarsi successi commerciali. Cyril Jordan prende le redini del gruppo, assolda Jim Farrel e Chris Wilson, e va in tour in Europa. Lì iniziano delle registrazioni con la United Artist. Ci sono dei singoli, Slow Death\ Tallahassie Lassie e Married Woman\ Get A Shot Of R&B, che dovrebbero anticipare un disco dal titolo Bucketfull Of Brain, ma le scelte di produzione non piacciono alla band, che stavolta sbatte la porta alla produzione. Si prendono tre anni di silenzio, che per altri sarebbero stati la fine. Ma loro, ancora una volta non demordono, e con l’ennesimo cambio di formazione, David Wright alla batteria al posto di Mihn, con il famoso produttore Dave Edmunds tornano in Inghilterra a finire il lavoro iniziato nel 1976. Shake Some Action esce finalmente nel Giugno del 1976, e durante il breve tour di promozione a seguito dell’uscita accadrà l’apoteosi del concetto che ho espresso all’inizio di questa storia: è il 4 luglio 1976, bicentenario dell’Indipendenza Americana, e al leggendario Roundhouse di Camden Town, a Londra, una generazione intera di ragazzi riempie il locale per assistere ad un gruppo rock americano che di lì a poco indicherà a molti di quel presenti una certa strada. Ma non erano i Flamin’ Groovies, main band della serata, erano i due gruppi di spalla, i The Stranglers ma soprattutto quattro finti fratelli con un chiodo di pelle, i Ramones. Shake Some Action, va detto, è un disco meraviglioso, che ha un solo difetto: suona come se fosse suonato nel 1965, ma pubblicato dieci anni più tardi. Per il resto, è una sintesi perfetta del suono della british invasion, spruzzato di sunshine touch californiano: sintesi perfetta è la cover di Misery, gioiellino di Lennon- McCartney, oppure l’omaggio, sin dal titolo, She Said Yeah, di Larry Williams, agli Stones, che a loro volta ne fecero una cover ai tempi. I riferimenti sono quelli del rock’n’roll più classico, come le altre splendide cover di St. Louis Blues o la ripresa di Don't Lie To Me di uno dei papà di tutta la famiglia rock, Chuck Berry. Sono fuori tempo massimo le belle Please Please Girl o Yes It's True? Se paragonate alle acid jam dei Grateful Dead o dei Quicksilver Messenger Service si, ma anche al furore che di lì a poco saranno capaci i giovani che verranno affascinati dal punk. Ma i nostri vivono ancorati ad altre certezza: il rockabilly di Let The Boy Rock& Roll è rifanno in maniera magistrale ed è un sentito omaggio ai Lovin' Spoonful di John Sebastian. Si aggiungano i suono alla Kinks delle splendide I Saw Her, Teenage Confidential e soprattutto You Tore Me Down, il gioiello del disco insieme alla loro canzone più famosa, la Shake Some Action che apre il disco, che ha un riferimento cinematografico: un dialogo da None But The Brave (film di guerra diretto da Frank Sinatra nel 1965, uscito in Italia col titolo La Tua Pelle O La Mia), quando il sergente della Marina chiede a un suo sottoposto: "Are you ready to shake some action?". La stessa canzone fu scelta in uno dei suoi libri più belli dal grande Greil Marcus, Storia Del Rock In Dieci Canzoni (edito in Italia da Il Saggiatore), che in un passaggio chiave dice: In Shake Some Action tutto è nuovo, come se il segreto fosse stato scoperto e il mistero risolto all'istante (...) perché non importa quante volte in quanti brani musicali sei stato travolto, i passaggi strumentali di "Shake Some Action" possono travolgerti via, è sempre la prima volta. La Band continuerà a cambiare formazione (oltre venti line up diverse) e a suonare dal vivo, e per una volta sarà la band giusta al posto giusto: a Barcellona, in una delle prime edizioni del Rock Fest, suoneranno davanti a 70 mila persone, che sono sicuro pochissimi sapendo che quella band per quasi tutta la vita era stata la band sbagliata nel momento giusto.

Commenti

E T I C H E T T E

Mostra di più