The Allman Brothers Band - Fillmore West ‘71 (2019)

Sarebbe stato ingiusto non parlare di loro nel mese che ho dedicato alla musica Southern. La Allman Brothers Band è considerata la prima a spingere a fondo la fusione tra rock, blues, improvvisazione di chiara matrice jazz e sono, quasi più che una band, uno stile di vita: sregolatezza, infuocati concerti (negli anni d’oro anche 300 date in un anno), contraddizioni politiche (l’orgoglio sudista), amori illeciti, risse a volte persino sul palco, amore viscerale per i posti dove vivono. Si formano nel 1967 come Allman Joys, per diventare poi Hourglass e infine, fondendosi con i Second Coming, la Allman Brothers Band, nella prima e leggendaria formazione: Duane Allman (chitarra solista e slide guitar), Gregg Allman (organo Hammond B-3 e voce solista), Dickey Betts (chitarra), Berry Oakley (basso, e qualche volta voce), Jai Johanny Johanson detto Jaimoe (batteria e percussioni) e Butch Trucks (altra batteria). La loro musica, sin da subito pirotecnica e spettacolare, incrocia il blues prendendo sia dal suono elettrico dei gruppi inglese che spopolavano negli Stati Uniti (alla Cream) sia da quello americano: i primi due dischi The Allman Brothers Band (1969) e Idlewild South (1970), entrambi prodotti dalla Capricorn, l’etichetta del Southern Rock, sono già delle succulente preparazioni, che però hanno poco successo. Il momento che li consegnerà alla storia del rock avviene il 12 e il 13 Marzo del 1971 quando in uno dei templi della musica americana, il Fillmore East di New York, di proprietà del manager e organizzatore di concerti Bill Graham (e prodotto da Tom Dowd) registrano un’esibizione leggendaria che verrà trasferita nei solchi di At Fillmore East (1971, di cui parlai qui), in uno dei dischi dal vivo più importanti e belli della storia della musica rock occidentale. Ma qualche mese prima, nel teatro gemello che lo stesso Graham aveva a San Francisco, il Fillmore West, in tre magiche serate (29, 30 e 31 Gennaio 1971) la band tenne tre fenomenali concerti: per anni tenuti nei cassetti degli archivisti, fu pubblicato nel 2019 in uno strepitoso e raro quadruplo cofanetto che raccoglie le tre serate esibizione. Il Fillmore West era all’epoca il palcoscenico della rivoluzione che i fenomenali gruppi della zona di Haight Ashbury avevano messo in pratica dilatando le strutture classiche della musica convenzionale, innestando momenti di pure improvvisazione musicale e spirituale, aiutati in questo dall’utilizzo, a fini psico-creativi, delle droghe lisergiche. Al Fillmore oltre ai paladini del rock acido come i Grateful Dead, i Jefferson Airplane, i Quicksilver Messanger Service (che furono l’ultima band a suonare al teatro prima della chiusura) Graham affiancò gruppi minori (i Malo, gli It’s A Beautiful Day) aprendo anche al soul e al jazz (con una storica esibizione di Miles Davis poche settimane dopo la pubblicazione di Bitches’ Brew). Gli Allman raccolgono quelle energie e le trasformano in tre esibizioni magistrali ed emozionanti per potenza, tecnica e coinvolgimento motivo (per la cronaca storica, non erano nemmeno l’esibizione principale, onore che avevano gli Hot Tuna di Jorma Kaukonen). Il primo Cd, dalla qualità di registrazione peggiore (c’è nel box un caveat emptor di avvertimento) segna la prima parte della scaletta anche per gli altri: Statesboro Blues, nata con Blind Willie McTell negli anni ‘20, ma che per la versione degli Allman deve molto alla cover che Taj Mahal ne fece nel 1969, diventando con gli Allman uno dei brani del rock, la Trouble No More di McKinley / Morganfield, Don’t Keep Me Wonderin’ di Gregg Allman (da Idlewild South) e poi In Memory of Elizabeth Reed di Dickey Betts  con versioni di 14:28,  11:46 e 12:27 minuti che sviluppano idee e melodie per infinite altre canzoni. Nel primo disco le stupende ballate di Greg Midnight Rider e la sognante Dreams lasciano i fuochi artificiali prima a You Don’t Love Me di Willie Cobbs e poi alla prima di tre portentose e selvagge versioni di Whipping Post, altro brano cardine di tutta l’epopea Allman, che nella serata del terzo cd, molto più lunga e corposa degli altri 2, sfonda il tetto dei 20 minuti. Alla festa partecipano anche brani che faranno parte del leggendario concerto di New York al Fillmore East, tra cui Stormy Monday di T-Bone Walker, una torrida versione di Hoochie Coochie Man di Willie Dixon e una versione sensazionale di Hot ‘Lanta, brano che non verrà mai registrato in studio che però rimaneva uno dei momenti clou dei loro concerti. Il 4° cd infatti contiene i 5 minuti di Hot ‘Lanta, i 20 minuti di Whipping post e la versione più audace e cosmica di uno dei loro brani mito: Mountain Jam, che qui sfiora i 46 minuti (!!!!!!), live al The Warehouse di New Orleans nel 1970, riprende il tema di una canzone di Donovan, There’s A Mountain, che durante una serata proprio al Fillmore East Duane suonò insieme a Jerry Garcia dei Grateful Dead e Peter Green dei Fleetwood Mac: da quel piccolo arpeggio si parte per un viaggio cosmico ai confini del suono per scalare la “montagna”, un brano ai limiti dello shock musicale. Il disco si trova facilmente su tutte le piattaforme online, fisicamente è più complicato dato che l’etichetta,  Allman Brothers Band Recording Company, lo ha pubblicato solo negli Stati Uniti. Ma ne vale la pena per la bellezza meravigliosa della musica e come esempio filologico di una delle più grandi rock band di tutti i tempi.  

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