Storia della musica #49
Dal gangsta rap al nu soul
Come si è visto in precedenza, per tutti gli anni ’80 la capitale dell’hip hop indiscussa è sempre stata, fin dall’inizio, New York e, più in generale, l’east coast: lì ha preso vita il cosiddetto suono old school, forma primordiale di rap coniata da figure seminali come Grandmaster Flash e Afrika Bambataa; da lì provengono etichette come Def Jam e Tommy Boy attorno alle quali graviteranno gran parte dei rappers della cosiddetta età dell’oro dell’hip hop: Run Dmc, Eric B & Rakim, LL Cool J, i Beastie Boys, (primi bianchi a cimentarsi col genere anni prima di House Of Pain ed Eminem), il collettivo Native Tongues; lì, attraverso Public Enemy e Boogie Down Productions (KRS-One e Scott La Rock), si sviluppano le prime forme di hardcore rap, versione integralista e brutale dell’hip hop, nelle liriche e nei suoni.
I Boogie Down Productions di “Criminal Minded” (1987), in particolare, che posano armati sulla copertina del disco, sono tra i primi a mostrare la faccia più aspra dell’hip hop, senza l’intento moralistico dei Public Enemy, ma semplicemente tracciando un resoconto spaventoso della vita nel Bronx. Sono le radici del gangsta rap, il genere che porterà alla ribalta il rap della costa ovest: il primo è Ice-T, nel 1987, con “Rhyme Pays”, ideale gemello “occidentale” di “Criminal Minded” nel descrivere la vita di South Central, ghetto nero di Los Angeles. Segue”Straight Outta Compton”(1989) disco dei N.w.a. che parte da dove i dischi di Ice-T avevano lasciato e rincara la dose, aumentando ulteriormente la dose di brutalità e violenza.
Ben presto il gangsta rap diventa un vero e proprio filone, di enorme successo commerciale peraltro, marcato in gran parte dalla sapiente produzione di Dr. Dre: non solo “DoggyStyle” di Snoop Doggy Dog (1993) e “All Eyez On Me” di 2Pac (1996), ma anche “Slim Shady Lp” (1999), esordio di Eminem che vedrà per la prima volta un rapper bianco portare avanti la tradizione dell’hardcore rap,massimizzando, come sempre è successo nella storia della musica, gli incassi e spostandone nel frattempo le coordinate da Los Angeles a Detroit. D’altra parte, non tutto il rap prodotto in California ( e dintorni) è necessariamente gangsta: da qui provengono anche campioni del rap più commerciale e pop come Mc Hammer e Coolio e degli eroi del rap alternativo come i Cypress Hill, all’esordio omonimo nel 1991.
Ribaltando il discorso, non tutto il gangsta viene necessariamente dalla California: l’esordio del 1993 del Wu-Tang Clan “Enter the Wu-Tang” riporta l’attenzione sull’east coast, riprendendo il discorso hardcore rap interrotto anni prima da Public Enemy e Eric B & Rakim, con una simbologia e con sonorità originalissime e lontanissime dall’iconografia gangsta; se gran parte dei nove componenti del collettivo diventerà celebre, in particolare GZA-Genius, RZA, Ol' Dirty Bastard e Method Man il gruppo spalanca d’altra parte le porte per l’ascesa di rapper come Nas, Jay-z, Busta Rhymes e Notorius B.i.g.: quest’ultimo, in particolare, con “Ready to Die”(1994) conia quella che può essere visto come la risposta della costa est al gangsta della costa rivale, in un disco che sposa le cronache brutali ormai di rito con sonorità più morbide, a tratti quasi pop, e che fa emergere la Bad Boy, etichetta personale di Puff Daddy ( ora noto come P. Diddy).
È lui il principale artefice di quel suono un po’ leccato, al confine con l’urban, che segna tutte le uscite della sua etichetta: da “Faith”, esordio di Faith Evans del 1995 al suo “No Way Out” (1997), passando per “Harlem World”, esordio del 1997 di Mase; un suono che incontra immediatamente un incredibile successo commerciale e che frutta a Puff Daddy e alla sua cricca miliardi, ma che viene aspramente criticato dai fan dell’hip hop, tanto da divenire una delle cause scatenanti di quel ritorno alle radici ( quindi ai suoni dell’old school) che si registrerà a fine anni ’90, prima a livello underground, poi anche nelle produzioni mainstream.
Tornando al gangsta, è da notare come esso incontri anche i favori del pubblico giamaicano, da anni legato ad un genere come il dancehall che, per molti versi, ne ha anticipato di anni le atmosfere ( esattamente come i toasters avevano anticipato il rap ). Dancehall che, per la cronaca, nel 1985 va incontro ad una piccola rivoluzione: quando quell’anno Wayne Smith utilizza per la prima volta come base per il suo singolo “Under Me Sleng Teng” una tastierina Casio al posto del solito disco dub/rocksteady, decine di produttori seguono il suo esempio, spinti anche dai vantaggi economici che quella scelta comporta ( permettendo di sostituire una vasta collezione di dischi con un semplice strumento elettronico): è così che, a metà anni ’80, il dancehall diviene elettronico, incontrando il favore delle generazioni più giovani e da esse eredita il suo nuovo nome, raggamuffin, termine che sta ad indicare in Giamaica la gioventù di Kingston.
Di lì a poco il genere comincia ad includere le tecniche di campionamento dell’hip hop mentre i contatti tra i due mondi, come si diceva, si saldano: negli anni ’80 Yellowman collabora con i Run Dmc e pochi anni dopo, il suo erede Shabba Ranks, ne segue le orme unendo le sue forze a Krs-one formalizzando, di fatto, il crossover tra ragamuffin e rap.
Il disco che ospita la collaborazione, “As Raw as Ever” (1991) è un successo e fa di Ranks il più popolare cantante dancehall del mondo, mentre la sua miscela musicale spalanca le porte ad artisti come Shaggy e Sean Paul, che negli anni successivi trovano il successo con un crossover ancora più spinto e commerciale. In direzione opposta si muovono coloro che portano avanti la tradizione più controversa ( per il forte contenuto razzista e omofono) del dancehall e la rivestono con l’immaginario gangsta: cantanti come Mad Cobra, Ninjaman, Capleton e Buju Banton. Sennonché, a metà anni ’90, gran parte di loro si converte alla dottrina rasta, affiancandosi ad artisti come Sizzla e Tony Rebel sulla strada della predicazione sociale e religiosa: spicca Buju Banton, che, folgorato sulla via di Damasco e portato sulla retta via dall’uccisione di due amici, passa dal gangsta-ragga di “Voice of Jamaica”(1993) ad un “Til Shiloh” (1995) imbevuto di dottrina rasta. Il crossover tra rap e dancehall viene portato avanti più tardi anche da crew come Ward 21 e T.o.k. , questi ultimi autori del super meticcio “My Crew, My Dawgs”, disco che ben esemplifica lo strano ibrido di queste nuove leve, ispirate da crew americane come Wu-Tang Clan e Nwa e cresciute con Mtv ascoltando Shaggy e Boyz II men.
Di tutt’altro tipo la contaminazione tentata da artisti come Gang Starr, Brand Nubian, Digable Planets, Us 3 e Roots, tutta gente impegnata attivamente nel combinare jazz e rap: se la formula del jazz-rap tende ad essere sempre la stessa ( ritmiche hip hop combinato con l’utilizzo di campioni di musica jazz), diversi sono i risultati ottenuti. I primi a tentare la fusione sono i Gang Starr, duo composto da Guru e Dj Premiere, che esordisce con “No More Mr. Nice Guy”(1989) per arrivare alla piena maturazione di quel suono meticcio nel 1991 con “Step in the Arena“; di lì a poco Dj Premiere diventa il produttore più importante della costa est (passano sotto le sue mani Krs-one, Notorius B.i.g., Nas, Jay-z e Mos Def), mentre Guru produce “Jazzmatazz”(1993),uno dei dischi più riusciti e raffinati dell’intera scena jazz-rap. Lo stesso anno esce un altro capolavoro del genere: “Reachin' (A New Refutation of Time and Space)”, disco firmato da quei Digable Planets che proprio dai Gang Starr prendono le mosse e che meglio di ogni altro definiscono il significato di rap alternativo per gli anni ‘90. Del 1993 è anche “Organix”, esordio dei Roots: autori, qualche anno dopo, con “Things Fall Apart” (1999), di un disco che è un punto d’approdo importante per l’hip hop virato jazz e più in generale per l’hip hop più sofisticato: all’interno del disco compaiono in veste di ospiti alcune delle stelle più fulgide dei tardi anni ’90 come Mos Def, Erykah Badu e Jill Scott, tra i principali artefici del ritorno dell’hip hop alle sue origini soul ed old school.
Tra il 1993, anno d’uscita di “Organix” ed il 1999, anno di “Things Fall Aparts”, passano sei anni che contano come secoli per la storia dell’hip hop, vista la quantità di eventi chiave per il rap alternativo…
Nel 1993 viene fondata la Solesides, etichetta autogestita da alcuni Dj e produttori californiani tra cui troviamo Latryx, Blackalicious e Dj Shadow: la neonata label esordisce proprio con una sua uscita, “Entropy”, presto ristampata per conto della Mo’ Wax di James Lavelle, principio di una carriera folgorante che lo vede brillare nell’esplorazione del cosiddetto hip hop astratto, fenomeno più che altro legato al generale boom del downbeat degli anni’90, di cui si parlerà poi. Per quanto riguarda la label cui egli fa capo, la Solesides, essa si rivela una delle prime e più seminali etichette a dedicarsi ad una rigenerazione dell’hip hop che passi da una parte attraverso un abbandono degli eccessi del gangsta rap e un ritorno alle fonti del suono old school, dall’altra attraverso un’esplorazione stilistica ambiziosa ed inedita, che prosegue anche dopo il 1997, quando, cambiato il nome dell’etichetta in Quannum Projects il collettivo di artisti californiani da vita al progetto corale Quannum ( partecipano Dj Shadow insieme a membri di Blackalicious e Latryx) sotto il cui nome uscirà nel 1997 lo splendido “Quannum Spectrum” che ospita tra i suoi solchi, tra gli altri, i Jurassic 5 (autori nel 2000 di uno splendido disco di hip hop old school come “Quality Control”) ed El-P.
Quest’ultimo, a sua volta, è uno degli artisti di punta di un’altra seminale etichetta del rap underground: la Definitive Jux, label per cui escono artisti come Cannibal Ox, Aesop Rock e Rjd2, che con “Dead Ringer”(2002) prosegue la tradizione del collage sonoro di cui Dj Shadow è maestro e la riporta in territorio hip hop e lontano dalle indolenze del downbeat; da notare che lo stesso Shadow, quello stesso anno, uscendo con the “Private Press”,segue in parte lo stesso percorso.
Accanto a Def Jux e Quannum altre due etichette si rivelano fondamentali per l’hip hop più sperimentale: l'inglese Big Dada e l'americana Rawkus. La prima è la succursale hip hop della seminale Ninja Tune, una delle etichette di punta dell’hip hop astratto degli anni ’90; per la Big Dada escono, tra gli altri, Ty, cLOUDDEAD,Roots Manuva e New Flesh, protagonisti insieme agli Herbaliser ( che peraltro incidono proprio per la Ninja Tune) dell’hip hop inglese, controparte stralunata e sbilenca di quello americano che trova proprio in dischi come “Run Come Save Me” dei Roots Manuva(2001) e “Blow Your Headphones” degli Herbaliser (1997) i suoi momenti più interessanti. Nel decennio successivo agli artisti della Big dada si aggiungerà gente come The Streets e Dizzee Rascal ad unire le rime hip hop con le aritmie del 2 step: lo vedremo più avanti …
Per la Rawkus escono invece artisti come Company Flow, Pharoahe Monch ed il progetto Black Star, che nel 1998 unisce Mos Def e Talib Kweli, due promettenti rapper newyorchesi che meglio d’ogni altro contrappongono un’elegante rielaborazione del suono old school all'hip hop barocco e patinato di Puff Daddy e compagnia, una traiettoria che entrambi porteranno avanti brillantemente anche nelle rispettive carriere soliste.
A segnare tappe importanti nell’evoluzione dell'hip hop all'avvento del nuovo millennio non contribuiscono però solo le etichette indipendenti. Nel 1994 con “Southernplayalisticadillacmuzik” debuttano gli Outkast e, anche se ancora acerbi, già se ne possono intravedere tutte le potenzialità: i due hanno una sensibilità melodica mai sentita in un disco hip hop ed un suono che fonde il soul degli anni '70 con un funky che là nel sud pare crescere sugli alberi. Si, perchè gli Outkast sono solo la punta dell'iceberg di quel movimento hip hop del sud che, inaugurato nel 1986 dai 2 live crew di “2 Live Crew Is What We Are” con un hip hop danzabile e interamente incentrato sul sesso, troverà il suo primo capolavoro nel 1992 con gli Arrested Development di “3 Years, 5 Months & 2 Days in the Life Of... “.
La crew ha anche il merito di mettere sulla mappa del rap la città di Atlanta, dove, di lì a poco, si formerà il collettivo di produttori Organized Noize, vale a dire coloro che stanno dietro alla quasi totalità dei dischi della Goodie Mob e degli stessi Outkast: i primi fanno il botto con l'esordio del 1995 “Soul Food”, disco che è un’importante riconferma della validità ed unicità musicale della scena hip hop del sud, mentre gli Outkast, dal canto loro, arrivano al capolavoro nel 2000 con “Stankonia”, bissando tre anni dopo con “Speakerboxxx/The Love Below”, disco che in realtà raccoglie sotto la sigla Outkast gli esordi solisti dei due componenti, Dre e Big Boi,vere e proprie giostre sonore che traggono ispirazione da decenni di musica nera con una particolare inclinazione per il funk progredito di George Clinton, le contaminazioni delle Native Tongues e la lezione musicale del Prince dei tempi d'oro.
È del 1997 l’uscita di un altro disco fondamentale per gli sviluppi futuri dell'hip hop: “Supa Dupa Fly”, di Missy Elliott, disco che segna l'exploit come produttore di Timbaland, da lì in poi dietro ai lavori di affiliati come Aaliyah, Jay-Z e, appunto, Missy Elliott ma anche di star di grosso calibro dell'hip hop come Snoop Doggy Dog e Nas; sempre nel 1997 esordisce in coppia con Magoo firmando l'ottimo “Welcome to Our World”: hip hop post-moderno il suo, che snobba spesso e volentieri i samples, generando un suono molto elettronico ed asciutto che diviene suo marchio di fabbrica e che ritroviamo anche in Justified, disco solista del 2002 dell’ex N-Sync Justin Timberlake.
La parte del leone in cabina di produzione nel disco in questione la fa comunque Pharrell Williams, l'unico produttore, sotto la sigla Neptunes (condivisa col compare Chad Hugo) a poter competere con Timbaland nell’arte della produzione: i Neptunes partono producendo Ol'Dirty Bastard, Jay-z e Busta Rhymes per poi passare al pop da classifica di Nelly, Britney Spears e N-Sync e ad una mini-diva dell' r&b alternativo come Kelis. Ottimi saggi dell’abilità e dell’enorme fantasia nel missaggio e nella scelta dei suoni sono anche due dischi del 2003 come “The Neptunes Present... Clones”e “In Search of... “, disco uscito sotto lo pseudonimo di N.e.r.d. che fonde mirabilmente, a conferma dell’estro creativo del duo, funk, urban, R&b, rock e Stevie Wonder.
Proprio quest’ultimo, si rivela un’influenza un enorme sul cosidetto nu-soul, fenomeno di riscoperta da parte di artisti legati alla scena hip hop e urban del soul classico di gente come Marvin Gaye,Bill Whiters, Prince e, appunto, Stevie Wonder; se “Brown Sugar”, esordio del 1995 di D'Angelo è un ottimo manifesto di quel suono,ad esso seguono dischi splendidi come l’esordio di Maxwell “Maxwell's Urban Hang Suite” (1996) e “Baduizm” esordio del 1997 di Erykah Badu: dove D'Angelo riprende Wonder e Prince, la Badu risale direttamente alla fonte del soul, citando il jazz di Billie Holiday e Nina Simone.
Fondamentale per la divulgazione di quei suoni si rivela, nel 1998, “The Miseducation of Lauryn Hill”, esordio solista dell’ex-cantante dei Fugees che porta il nu-soul in classifica, seguito a ruota dalla Macy Gray di “On How Life Is”: timbro da cantante jazz d'annata e un urban molto melodico e trascinante che rivela un’altra sfaccettatura di questo processo di riscoperta del soul.
Da lì in poi è un susseguirsi di dischi diversissimi tra loro che portano però sempre più di frequente a pronunciare quella parola magica: da “Who Is Jill Scott?: Words and Sounds, Vol. 1”, esordio del 2000 di Jill Scott baciato da melodie ed arrangiamenti raffinatissimi e jazzati, la poesia della Scott al centro, spesso propensa a sconfinare nello spoken puro, al debutto di India Aire, “Acoustic Soul”(2001), su cui incombe l'ombra di Stevie Wonder, passando per una schiera foltissima di artisti come Musiq, Peven Everett, Marlon Saunders e Amp Fiddler, solo per citare alcuni tra coloro che, ricongiungendo l'urban, versione del soul aggiornata all'era dell'hip hop, con la sua storia, seguono un processo parallelo ai rapper che vanno a bagnarsi nelle acque dell'old school, volgendosi al passato per poter trovare nuove strade per il futuro ….
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