Storia della musica #41

 Il metal degli anni ‘80 

I tardi anni ’70 avevano visto un’esplosione di gruppi inglesi, legati al principio ad un seguito di culto, come Iron Maiden, Motorhead e Judas Priest che, fondendo le sonorità dell’hard rock di Deep Purple, Black Sabbath e Led Zeppelin e velocizzando ed inasprendone i suoni mettono le basi per il trash metal: non solo forgiarono il suono dell’heavy metal alternativo degli anni ’80 ma ne definirono anche l’iconografia, decadente e orrorifica già dalle copertine dei dischi.

Dalla loro lezione partono gruppi come Metallica, Slayer, Anthrax e Megadeath, vale a dire i principali esponenti del thrash  metal americano, fusione di metal inglese e primo hardcore californiano, che rappresenta la risposta a stelle e strisce a quella prima ondata di gruppi inglesi di fine ’70.

Un ruolo fondamentale nella definizione del genere è rivestito dalla sequenza dei Metallica “Kill’Em All” (1983) – “Ride The Lightning”(1984) – “Master Of Puppets” (1986), ma anche da dischi come “Killing is My business” (1985) dei Megadeth di Dave Mustaine (ex Metallica), “Reign in Blood” (1986) degli Slayer e “Spreading the Disease” (1985) degli Anthrax che contribuiscono a fare per tutti gli anni ’80 del trash una delle correnti alternative del metal più floride del decennio.

Da esso derivano generi come black, doom, death, grind e prog metal, solo per citare alcune delle infinite variazioni e declinazioni che il suono dell’heavy metal assumerà durante gli anni’80.

Il black metal esaspera la componente gotica (quindi Sabbathiana) del genere, nei dischi di Venom e Halloween: quando quel suono comincia a subire un’accelerazione ritmica ai limiti della sopportabilità si comincia a parlare di death metal: i dischi di Morbid Angel, Cradle Of Filth ed Entombed segnano la svolta.

Completamente opposta la direzione intrapresa dai gruppi doom metal, a cominciare dai Saint Vitus di “Hallow’s Victim” (1985) che rallentano il suono dei Black Sabbath e lo rendono mantra inquietante ed ossessivo; se l’invenzione di quel suono va assegnata ai Saint Vitus a rendere popolare il genere saranno nei primi anni ’90 gruppi come Cathedral, My Dying Bride e Paradise Lost.

Nel prog-metal, come suggerisce il nome, lo spirito neoclassico del rock progressivo inglese viene invece fatto rivivere da gruppi come Dream Theater, Queensryche e King’s X: una strada antitetica a quella percorsa dai Napalm Death di “Scum” (1987) e dai Carcass di “Reek Of Putrefaction” (1988) che suonando una musica a metà strada tra hardcore e metal, lanciata su velocità sovrumane e animata da un cantato gutturale e inintelligibile, ispireranno incidentalmente anche il passaggio del black al grind metal.

Aldilà della comune discendenza dal thrash ciò che accomuna questi dischi è, come si diceva, il fatto di costituire un’importante alternativa e per molti versi un antidoto al pop-metal più o meno commerciale e da classifica: tra le altre cose gli anni ’80 furono infatti anche gli anni in cui il genere comincia a scalare le classifiche divenendo un suono mainstream come tanti altri. Il cosiddetto pop metal è un fenomeno che musicalmente si rifà principalmente all’hard rock di Aerosmith, Alice Cooper e Ac/dc, il riff presente ma in secondo piano rispetto al ritornello vocale che lo rende musica da stadio e da classifica allo stesso tempo.

La gradazione pop varia di gruppo in gruppo: se dischi come “Pyromania” (1983) dei Def Leppard, aprono al metal più smaccatamente commerciale che porterà nel 1986 al successo del Bon Jovi di “Slippery When Wet” (disco che tra l’altro apre le porte a quella degenerazione del fenomeno che sarà l’hair metal), altri gruppi, come Motley Crue e Twisted Sister in fondo non fanno altro che portare avanti i suoni dell’hard rock: una tradizione che sarà ripresa dalla cosiddetta “street scene” di fine anni ’80, che del suono dei Motley Crue rappresenta la naturale appendice, con gruppi come Guns’n Roses, Faster Pussycat e L.A. Guns a fare da capo branco.

In realtà i Guns’n’Roses non si limitano a proporre hard rock, tornando invece a bagnarsi alle fonti del rock’n’roll più stradaiolo e degenerato e fondendo in un sol colpo le esperienze musicale dei tanti che li avevano preceduti nell’operazione: Rolling Stones, New York Dolls, Aerosmith, Sex Pistols, Ac/Dc e Hanoi Rocks: “Appetite For Destruction” (1987) non è altro che l’ennesimo tassello di un puzzle destinato a non completarsi mai come dimostrato da gruppi che opereranno a cavallo tra ’90 e nuovo millennio come Backyard Babies, Hardcore Superstar e Nashville Pussy, che continueranno a recitare il canovaccio del r’n’r più degenerato. Canovaccio da cui i Guns’n’Roses si smarcano in parte con “Use Your Illusion” (1991) per poi rendere omaggio alle proprie radici nel cover-album “The Spaghetti Incident?” (1993).

Se “Use Your Illusion” segna il definitivo trionfo commerciale dell’hair metal ne rappresenta allo stesso tempo anche il canto del cigno: il 1991 è anche l’anno di “Nevermind” dei Nirvana e di “Blood Sugar Sex Magik” dei Red Hot Chili Peppers, di lì a poco sarebbe uscito l’esordio omonimo dei Rage Against The Machine: segnali della nascita di un metal meticcio che copula col punk, il funk e il rap, portando il genere fuori dagli steccati ideologici che si era da sempre imposto e dagli stereotipi che si stavano cominciando ad affermare alla fine del decennio.

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