Storia della musica #35

 Synth pop, New Romantics e Dance Pop

Già dalla fine degli anni ‘70 emerge tutta una serie di gruppi, come Ultravox e New Order, che mostrano da una parte una certa fascinazione per il glam di Bowie e dei tardi Roxy Music, dall’altra una certa attitudine a sostituire o affiancare alle chitarre i sintetizzatori: è una svolta segna la nascita del synth pop e che ha tra le prime (e più appariscenti) conseguenze l’affermazione del duo cantante-tastierista come line-up per antonomasia, la tastiera elettronica a fornire integralmente il sottofondo sonoro richiesto, dalla struttura ritmica alle parti melodiche, creando quel suono sintetico e meccanico che da allora si associa agli anni’80 (tra le coppie più celebri Orchestral Manoeuvres In The Dark, Soft Cell, Eurythmics, Yazoo e Pet Shop Boys).

Se il suono di un disco come “Solid State Survivors” (1979) della Yellow Magic Orchestra di Ryuichi Sakamoto ha ancora un intento pionieristico e i primi dischi di New Order e Gary Numan vivono in parte nel solco della new wave, ben presto il fenomeno stacca definitivamente gli ormeggi dal punk per virare verso un pop leggero e danzereccio: quello degli Erasure, degli Human League di “Don’t You Want me”, degli Orchestral Manoeuvres In The Dark di “Enola Gay”.

Tuttavia una vena scura, retaggio delle origini goth (ma anche di quelle glam) di parte di questi gruppi continua comunque a convivere con la faccia più solare del movimento: dagli Eurythmics ai Soft Cell, dai New Order ai Pet Shop Boys c’è un perenne senso di inquietudine e di oppressione a permeare questi pezzi.

Questi ultimi due gruppi in particolare sono anche tra i principali esponenti di quel dance pop che vede sfasarsi e confondersi i confini tra la dance e il pop-rock, cosa che avviene in contemporanea anche per il soul con la nascita del fenomeno urban, nei dischi di Michael Jackson e Grace Jones, la matrice sonora del philly soul persa in un tappeto sonoro iperprodotto e ballabile. Se è difficile comunque parlare di dance pop come di un genere vero o e proprio , in quanto fenomeno musicale non legato ad un suono in particolare quanto piuttosto ad un particolare connubio, più facile è indicare i dischi che segnano i momenti più alti del non-genere, da “Nightclubbing” di Grace Jones (1981) a “Welcome to the Plasuredome” dei Frankie Goes To Hollywood” (1984), da “Power, Corruption & Lies” dei New Order (1983) a “Cupid & Psiche” degli Scritti Politti (1985) fino ad arrivare al debutto omonimo di Madonna del 1983.

E proprio seguendo il percorso discografico di quest’artista si può capire meglio le dinamiche con cui si evolverà negli anni (e decenni) successivi il dance pop, in particolare i fortissimi legami con la figura del produttore (tradizione nata con i primi fenomeni di musica da ballo, dallo ska alla disco) e con le sonorità più à la page.

Prendiamo Madonna: partita nel 1983 con un disco prodotto da Jellybean, già remixer per conto di Africa Bambaata e guru del suono post-disco, nel successivo “Like A Virgin”(1984) si fa produrre da Nile Rodgers (ex inventore del suono disco coi Chic), seguono: Shep Pettibone, già produttore di Pet Shop Boys e New Order, il dj garage-houseJunior Vasquez, l’inventore del trip-hop Neelee Hopper, il produttore ambient William Orbit ed il pioniere del french touch Mirwais: una trafila che simbolicamente potrebbe essere chiamata a rappresentare alcuni dei principali stili e tendenze degli anni seguenti, connessa a filo doppio con alcune del, e principali svolte della musica elettronica, svolte che si vedranno più in là…

C’è però un altro importante fenomeno associato al synth pop ed è quello dei new romantics: Duran Duran, Spandau Ballet, Abc, Depeche Mode e Talk Talk sono i principali protagonisti del fenomeno, che esaspera le componenti estetiche e musicali del glam già riprese dal synth pop e allo stesso tempo aggiorna agli anni ’80 il fenomeno teen pop dei tardi ’50: le luci dei riflettori questa volta sono puntate su idoli bellocci che si crogiolano nelle atmosfere morbose del post-punk inglese, con l’esistenzialismo di quegli anni trasformato in puro glamour, perfetta rappresentazione dell’edonismo anni ’80 che trova il suo apice nel 1982 in dischi come “Rio” dei Duran Duran, “The Lexicon of Love” degli Abc e “A Broken Frame” dei Depeche Mode.

Il periodo d’oro dei nuovi romantici tende a spegnersi a metà anni ’80: se l’industria commerciale troverà presto nuovi idoli da dare in pasto alle ragazzine, dai New Kids On The Block ai Take That, dai Backstreet Boys ai Blue, molti dei protagonisti del movimento originale verranno rivalutati dai posteri, come i Duran Duran, che si riveleranno influenza fondamentale per artisti insospettabili come Deftones e Dandy Warhols; d’altra parte alcuni protagonisti dell’ondata new romantic, come Depeche Mode e Talk Talk, riusciranno a rivitalizzare drasticamente il proprio suono quando il movimento viveva il suo canto del cigno: se nei primi non si assiste ad una svolta quanto piuttosto ad un’evoluzione del suono che li porterà, alle soglie del nuovo millennio a raccogliere ampi consensi presso il pubblico della musica elettronica con “Exciter” (2001), i Talk Talk nel 1988 con “Spirit Of Eden” forgeranno un suono mesmerico e spettrale, con le sue traiettorie musicali geometriche ed astratte, anticiperà di anni il cosiddetto post-rock, fenomeno musicalmente (ed ideologicamente) antitetico rispetto alle svisate romantiche di questi anni…

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