AA.VV. Deadicated - A Tribute To The Grateful Dead (1991)

Quando, nel 1965, nella leggendaria Bay Area di San Francisco dove stava per nascere la controcultura americana, aprendo a caso un vocabolario per scegliere il nuovo nome della band, Jerry Garcia (voce e leggendaria chitarra solista), Bob Weir (voce e chitarra ritmica), Phil Lesh (bassista, uno dei più grandi di sempre), Ron “Pigpen” McKernan (voce blues e organo e tastiere), Bill Kreutzmann (batteria) e il paroliere Robert Hunter non pensavano probabilmente di iniziare a scrivere una mitica storica rock americana: Grateful e Dead divennero la sigla di una avventura trentennale (finita ufficiosamente nel 1995 alla morte di Jerry, ma in parte continuata dagli altri in suo ricordo) che segnerà non solo la musica ma persino la società di una certa parte di Stati Uniti. I Grateful Dead hanno attraversato probabilmente ogni genere musicale nello loro trentennale carriera: dal rock psichedelico e acido dei primi album, con l’aggiunta della seconda batteria di Mickey Hart, allo splendore della musica acustica e roots, dal jazz rock (quando scomparso McKernan viene sostituito da Keith e Donna Godcheaux), persino il pop-rock degli anni ‘80 quando fecero un delizioso video animato di successo per MTV (Touch Of Grey, con Bret Mydland alle tastiere). Ma il momento clou dell’esperienza Dead erano i concerti: pirotecnici, infiniti (alcuni di oltre 4 ore), numerosissimi, con negli anni d’oro 300 date all’anno, tanto che si dice che qualsiasi posto adatto alla musica che abbia più di trent’anni in America sia stato teatro di un concerto dei Grateful Dead. Quasi tutti tra l’altro registrati, con le migliori tecniche disponibili all’epoca, per la gioia della comunità che iniziava a formarsi attorno a questa straordinaria band: nelle note di copertina di uno dei loro album mito, Grateful Dead (del 1972, conosciuto anche come Skull And Roses per la copertina), c’era un indirizzo di posta per tenersi in contatto, con la possibilità di scambiarsi idee, materiale (i fan furono sempre incoraggiati a registrare le esibizioni), esperienze. Nascono così i deadheads, che più che una compagnia di fan, diviene una sorta di collettivo creativo: prendendo spunto dall’approccio onnivoro, propositivo, curioso che i Dead mettevano sul palco, un’intera generazione di giovani americani iniziò a trasferire quella mentalità nello studio, nel lavoro, nel modo di vivere. La lista di famosi deadheads è numerosissima, da Steve Jobs a Phil Jackson, il formidabile allenatore di basket, da Matt Groening a Steven King, da ex presidenti degli Stati Uniti, da George R.R. Martin a Larry Page, uno dei molti imprenditori di successo della Silicon Valley fan dei Dead, tanto che studi universitari anche prestigiosi hanno associato l’audacia creativa di quella generazione che ha informatizzato il mondo con lo spirito dell’essere un deadhead, E molti musicisti sono diventati amici Dead: da Dylan, che pubblicò un live insieme al gruppo, a Jimmy Buffett, da Trey Anastasio dei Phish a Lee Ranaldo dei Sonic Youth, solo per citare i primi che mi vengono in mente. E proprio alcuni musicisti fan dei Dead furono riuniti nel 1991 per uno scopo benefico, raccogliere fondi per la conservazione delle foreste pluviali e delle popolazioni indigene che le popolano, dalla casa discografica Arista. Il titolo, Deadicated, è un simpatico gioco di parole, con la copertina che riprende due mitici simboli della band: la rosa, varietà American Beauty (che dà il titolo ad uno dei loro capolavori, 1970), un riflesso che assomiglia al leggendario lampo simbolo dei fan e lo scheletro. In scaletta 15 dei loro brani culto, ripresi in maniera convincente e puntuale. Si parte con il rock che sa di Messico dei Los Lobos, con Bertha, uno dei classici dei Grateful Dead, tra l’altro mai registrata in studio, poi Bruce Horsby, che per un periodo suonò in tour con gli stessi Dead, che riprende Jack Straw (anch’esso brano leggendario e mai registrato in studio, ma momento clou dei concerti); Suzanne Vega con classe canta due canzone, China Doll e Cassidy, dedicata al famoso poeta beat da Bob Weir nel suo esordio solista, Ace del 1972 con tutti i Dead al completo a suonare insieme per lui. Dal magico Workingman’s Dead sono riprese Casey Jones da Warren Zevon e la spettacolare Uncle John’s Band ripresa dalle armonie vocali deliziose delle Indigo Girls. Si continua con Friend Of The Devil cantata da Lyle Lovett, nella versione originale al mandolino c’era David Grisman che intratterrà con Garcia un sodalizio decennale di scoperta della musica tradizionale americana, con risultati paradisiaci. Non mancano le versioni blues di Dr John di Deal, di Burning Spear di Estimated Prophet, i Midnight Oil con Wharf Rat, dagli ipnotici rintocchi. Ci sono ancora perle: l’omaggio di Elvis Costello, innamorato dei Dead dopo averli sentiti durante una leggendaria tournée in Europa, immortalata nell’ennesimo mitico live, Europe ‘72, che canta con passione Ships Of Fools, una versione mozzafiato di To Lay Me Down dei Cowboy Junkies con Margot Timmins da pelle d’oca, una versione geniale di Ripple dei Jane’s Addiction di Perry Farrell e Dave Navarro, grandi fan dei Dead, e poi un supergruppo, chiamato The Harshed Mellows, che deriva da “harsh my mellow”, non rovinarmi la gioia, composto da Dan Baird e Mauro Magellen dei The Georgia Satellites, Mike Campbell, Benmont Tench e Stan Lynch della band di Tom Petty, gli Heartbreakers, Brendan O'Brien, il grandioso produttore e Michelle Malone, famosa folksinger, che cantano U.S. Blues. Per spiegare con un altro esempio cosa sono i Grateful Dead, invito a cercare in una delle decine di siti specializzati curati dai fan, con tutti i concerti annotati, la lista delle chitarre di Garcia (con le mitiche custon model vendute per milioni di dollari per beneficenza), spiegazioni minuziose delle copertine, discussioni approfondite sui dischi, soprattutto live, che rendono la discografia dei Dead un affascinante e sconfinato oceano di musica. Nel 2015, a 50 anni dalla fondazione dei Grateful Dead, i membri superstiti organizzarono due concerti, uno in California e l’altro al Soldier Field di Chicago, ultimo stadio ad ospitare la band con Garcia ancora vivo: le richieste alla notizia furono così numerose che, sebbene non accontentandole tutte, i concerti divennero 6, con oltre 500 mila spettatori presenti, in un pubblico a volte che raccoglieva 4 generazioni di fan: il presidente Barack Obama inviò un messaggio di saluto all’iniziativa dicendo: 50 anni di Grateful Dead, un'iconica band americana che incarna la creatività, la passione e la capacità di unire le persone che rendono la musica americana così eccezionale. Godetevi la celebrazione di questo fine settimana dei vostri fan e della vostra eredità. E come direbbe Jerry, ‘Che ci siano canzoni per riempire l'aria’.

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