Rick Wakeman - The Six Wives Of Henry VIII (1973)

Il nome Rick Wakeman è adrenalina per gli amanti del rock progressive. Le sue tastiere e il suo stile hanno reso celebre il suono prima degli The Strawbs (gruppo formidabile della prima scena folk rock britannica) e poi quello magniloquente e leggendario degli Yes, una delle formazioni regine di quel periodo. Già quando era membro degli Yes, a Wakeman fu chiesto di registrare dischi solisti: la sua abilità alle tastiere, al piano, all’organo erano momenti spettacolari che valeva la pena isolare dal contesto delle canzoni del gruppo. Il primo esperimento del genere è del 1971, con la John Schroeder Orchestra, dal titolo Piano Vibrations: un pastiche di pop e classica che non piacque allo stesso Wakeman; i brani erano una serie di cover di canzoni di artisti all’epoca di grande fama (Elton John, Leon Russell, James Taylor, Randy Newman) e Wakeman in pratica si limita a suonare il pianoforte. Discorso ben diverso avviene nel 1972: la casa discografica A&M gli propone un contratto per più dischi da solista, quando Wakeman era ancora membro degli Yes. L’ispirazione per il primo lavoro gli venne durante il Tour con la grande band britannica di promozione di quel capolavoro assoluto che è Fragile: stava leggendo in aereo un libro, The Private Life of Henry VIII della scrittrice scozzese Nancy Brysson Morrison, e Wakeman iniziò a pensare a come mettere in musica le sensazioni, e i caratteri, delle sfortunate moglie del Sovrano Britannico del Sedicesimo Secolo, fautore dello scisma anglicano e passato alle Storia anche per i suoi sei matrimoni, per avere un erede maschio al trono. Wakeman mette su un gruppo di sessionman davvero pazzesco: in pratica si aggiungono al progetto ex compagni dei Strawbs e degli Yes. In mesi di sessioni di registrazione durante qualche pausa del Tour degli Yes, segnati anche dall’allontanamento del primo produttore Ken Scott sostituito da Paul Tregurtha, The Six Wives Of Henry VIII viene dato alle stampe nel Febbraio 1973, ed è un concept album tutto strumentale. Wakeman in un primo momento aveva pensato a 7 brani, uno per ogni moglie del Re, e un ultimo dedicato a Enrico VIII, ma quest’ultimo non fu mai inciso. Il disco è caratterizzato dalle atmosfere ricche e potenti che Wakeman riesce a creare, il suono barocco e funanbolico delle sue tastiere, con la creazioni di tappeti sonoro eccellenti da parti dei grandi musicisti amici che lo accompagnavano (e si parla di giganti come Bill Bruford, Chas Cronk, Chris Squire, Steve Howe tra gli altri). I brani seguono l’ordine di matrimonio: si parte da Catherine of Aragon, che prese spunto da una canzone mai registrata pensata per gli Yes, Handle With Care, Anne of Cleves è la più sperimentale e strizza l’occhio al free-jazz, Catherine Howard è delicata e ha accelerazioni portentose, Jane Seymour ha la particolarità che le parti di organo furono suonate e registrate da Wakeman sull’organo della Chiesa di St.Giles-without-Crippeldale a Londra. Anne Boleyn contiene una parte ispirata al canto dei Metodisti The Day Thou Gavest Lord Hath Ended, e Catherine Parr conclude la sfilata di queste sei, per lo più sfortunate, regine. Come promozione, alcuni brani del disco furono “casualmente” messi in apertura e in coda di un controverso film su Andy Warhol che doveva essere trasmesso su ITV, e siccome l’attesa per quel documentario, preceduto da articoli di tipo scandalistico, era altissima, moltissime persone ascoltarono la musica di Wakeman. E infatti il disco fu un grande successo, entrando in Top Ten e rimanendo in classifica per decine di settimane. Il disco divenne un must persino nei concerti degli Yes, che nel monumentale Yessong (1973) lasciano a Wakeman il palco per degli Excerpts from ‘The Six Wives of Henry VIII’. Wakeman suonò l’intero disco solo nel 2009, a Hampton Court, durante il 500.mo anniversario dell’ascesa al trono del Re Enrico VIII, e di quella performance c’è anche un disco live. Visto l’immenso successo, Wakeman ripeterà l’esperimento prima con Journey To The Centre Of The Earth (1974), ispirato al libro di Jules Verne (e che ebbe ancora più successo) e poi con The Myths And Legends Of KIng Arthur And The Knights Of The Round Table (1975) sui miti del ciclo arturiano. Sono dischi che non hanno perso il fascino della potenza di quel suono, nonostante per i tempi odierni siano forse sovraccarichi di strumenti e melodie, e che regalano momenti di grande musica strumentale.

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