Spiritualized - Everything Was Beautiful (2022)

 

di Andrea Notarangelo

Jason Pierce, aka J. Spaceman, titolare del progetto Spiritualized, torna quattro anni dopo And Nothing Hurt con il suo nono disco Everything Was Beautiful. L’album non si discosta dal percorso iniziato nel 1990, cioè dalla presa di coscienza che l’esperienza “acida” degli Spaceman 3 era ormai giunta a compimento ed occorreva una ripresa da quel paradiso lisergico. Dalle ceneri di quell’avventura pioneristica la rinascita come una fenice in una nuova ragione sociale caratterizzata da una forma musicale più matura nella quale psichedelia, elettronica e shoegaze contribuirono a creare una commistione Space rock unica. Questa nuova raccolta di pezzi rappresenta però qualcosa di più che un ritorno al passato. Complice la situazione mondiale post pandemia, Jason Pierce ritorna a noi con un lavoro che guarda molto indietro, precisamente nel suo momento migliore, quello per intenderci di dischi quali Ladies and Gentlemen We Are Floating in Space del 1997 (rimasto il suo capolavoro e summa della sua opera), e il successivo Let It Come Down del 2001. Che abbia deciso di far i conti con i bei tempi che furono lo si capisce anche dalla copertina di questa nuova raccolta nella quale, come accaduto in passato, ritroviamo la scatola di un farmaco rappresentante un elisir di felicità. Non si tratta però di Viagra, ma di una scatoletta di Everything Was Beautiful, una sorta di blister pieno di medicine che riportano al momento pre CoVid in cui tutto era bellissimo e più semplice.

Negli scorsi anni il nostro uomo spaziale si è raccolto nella solitudine che normalmente lo contraddistingue (i suoi compagni di band hanno avuto vita breve nel progetto, pur rimanendo validi collaboratori), e girando per le strade di una Londra deserta, ha posto le basi di questo ritorno alle origini. Dopo qualche decina di secondi di esitazione, Always Together With You arriva ad accoglierci con un coro accattivante, lasciandoci la sensazione di un pieno ritorno agli anni ’90 e a quei viaggi interstellari che solo la chimica o un pezzo degli Spiritualized ti possono far provare. Ma qualcosa è cambiato. Best Thing You Never Had (The D Song) inizia con una cavalcata kraut rock rivestita di fiati e basi orchestrali e in quest’orgia musicale si perde il conto di musicisti e strumentazione coinvolta; basti pensare che Pierce in questo disco si diletta con ben sedici strumenti differenti. Il pezzo prosegue tra cori e trombe in primo piano, fino a quando non cala il silenzio e ci accoglie Let It Bleed (For Iggy) con un incedere decisamente più rilassato e liquido che dopo un minuto vira su un refrain più pomposo e rock. Crazy ci porta alla luce un lato che fino ad ora non era ancora stato affrontato: la ballad country space. A far capolino tra i pensieri degli ascoltatori più attenti ci sono i primi Wilco, quelli ancora scevri dal successo e dal culto che avrebbero ottenuto da un disco come Summerteeth in poi. Fortunatamente The Mainline Song rimette in moto l’astronave Spiritualized e si procede con una navigazione a vista verso lidi più affini. Il trittico finale rialza la posta in gioco con la successiva The A Song (Laid In Your Arms), caratterizzata da distorsioni infinite e la traccia di chiusura I’m Coming Home Again che per chi scrive è il vero capolavoro dell’album. La voce sofferta di Pierce, i lievi cori a sostegno e le sezioni di fiati perfette, fanno della canzone un vero e proprio gioiellino che potrebbe concludere in maniera magistrale un bellissimo film di qualsiasi genere.        

Gli Spiritualized sono tornati senza portare molte novità se non che il ricordo della bellezza passata ci può aiutare a ricostruire un mondo migliore nel futuro incerto che ci attende. 

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