Pink Floyd - The Dark Side Of The Moon (1973)

Il viaggio musicale tra i dischi che in copertina non presentano né il nome dell’opera né dell’autore non poteva finire che con questo disco, l’album più famoso della storia del rock: esce il 1° marzo 1973 negli Stati Uniti e il 23 nel resto del mondo. I Pink Floyd (che si chiamano così unendo i nomi di Pink Anderson e Floyd “Dipper Boy” Council, due bluesman minori) erano già una band di culto e di successo. Dopo gli inizi in stile beat, iniziano a creare un notevole ed originale incrocio tra rock classico e musica progressive. Guidati da Syd Barrett fino al 1969 (che lascerà il gruppo in seguito a gravi problemi psicologici), il resto del gruppo, composto da Roger Waters (basso e voce), Nick Mason (batteria), Richard Wright (tastiere) e David Gilmour (chitarra e voce) decide di andare avanti da solo. More ed Ummagumma ma soprattutto il leggendario Atom Heart Mother (con la celebre vacca in copertina, 1970) segnano il suono, etereo, magnetico, mistico della band. Sono molto amati da famosi registi: Antonioni li chiamerà per l’intera colonna sonora di Zabriskie Point (con litigate passate alla storia) e persino Kubrick chiese loro di registrare brani per 2001: Odissea nello spazio, senza però concretizzare nulla. Nel 1972, registrano nell'Anfiteatro di Pompei un mitico live, senza pubblico, che li consacra alla leggenda. Il passo successivo, all'apice del successo e della creatività, è quello di realizzare un concept album sulla dimensione umana, sulla follia, la morte ed il mistero della vita (anche se, alimentando ancora di più il mistero, la band non ha mai parlato del tutto apertamente dei significati di questo disco). The Dark Side Of The Moon è composto da 10 brani (anche se in alcune riedizioni moderne i primi due vengono fusi in un unico brano), registrati agli Abbey Road Studios con le migliori tecniche dell’epoca, tanto che Alan Parsons, l’ingegnere del suono, prese così gusto nella composizione che formò egli stesso una banda (la Alan Parsons Project). Il collage musicale di Speak To Me, brevissimo ma intensissimo, racchiude tutte le idee del resto dell’album: il battito del cuore, un registratore di cassa, il ticchettio dell’orologio e la prima di una serie di incursioni vocali (che non possono non far pensare alle voci che sentono gli schizofrenici, chiaro riferimento alla malattia di Barrett), in questo caso di un collaboratore della band, Chris Adamson, passato alla storia per dire: “Son stato fuori di testa per tanti, fottuti anni. Sono stato oltre il limite per un sacco di tempo, mi sono fatto il culo per le band…” a cui poco dopo fa eco la voce di un altro collaboratore, Jerry Driscoll, che dice: “Sono sempre stato matto. Io so di essere stato matto, come lo è la maggior parte di noi. È veramente difficile spiegare perché sei matto, anche se non lo sei”; il collage si chiude con urla strazianti e si fonde in Breathe, dolce e leggendaria, che ha quasi la sensazione di liberazione e di gioia della fatica post parto. Poi il ritmo sale nella corsa elettronica di On The Run, in cui il ritmo musicale davvero imita quello del respiro affannoso umano, mischiato a risate sardoniche e una sorta di schianto finale, apocalittico, che lascia spazio ad un’eco di distruzione. Poi il silenzio è rotto dal suono delle sveglie, e parte Time, con il rullare “sinfonico” delle grancasse di Wright, ed una piccola ripresa del tema di Breathe. La quinta traccia inizia con un dolente pianoforte ed il parlato di Wright che sussurra:”E non ho paura di morire. Qualsiasi momento va bene; non mi interessa. Perché dovrei averne paura? Non ce n'è motivo… devi andartene prima o poi”. Le parole di Wright lasciano spazio al canto indimenticabile di Clare Torry, che usa la sua voce come se fosse uno strumento (la Storia vuole fu pagata per 5-6 registrazioni 30 sterline per quella che è considerata la prova definitiva di improvvisazione vocale, ma fece causa alla band per i diritti, poi vinta, perché fosse riconosciuta come coautrice del brano) e così nasce The Great Gig In The Sky, “Il grande spettacolo nel cielo”, che forse è un bravo sulla morte, oppure sull'estasi del piacere ma poco importa, è solamente uno dei più grandi brani di tutti i tempi. Ma il resto non è da meno: il ritmo in 7\4, con in loop i rumori di un registratore di cassa, il sax di un grande amico di Gilmour, Dick Parry, e con storico assolo di Stratocaster sono il cuore di Money, la canzone scritta da Waters sul folle rapporto tra uomo e denaro, altro capolavoro del disco. Us And Them è la canzone più lunga, più languida e romantica, dominata dall’assolo di sax di Dick Parry, altro gioiello clamoroso. Any Colour You Like è uno strumentale che richiama la leggendaria copertina (di cui parleremo tra poco) di stampo quasi jazz e si fonde nel finale con Brain Damage, espressamente dedicata a Barrett, con il famoso ritornello che cita il titolo dell’album (And if your head explodes with dark forebodings too\I'll see you on the dark side of the moon). Si chiude poi con la magica Eclipse e la sua lista di cose “esclissate dalla Luna” (tutto quello che tocchi, tutto quello che senti, e così via), quasi un sipario metafisico che finisce molto prima del tempo riportato all’interno del disco perchè l’ultima scia sonora è quella del portiere degli studios di Abbey Road che dice in forte accento irlandese “In realtà non c'è nessun lato oscuro della luna. Di fatto è tutta scura. L'unica cosa che la fa sembrare luminosa è il sole”. Il successo di questo disco, che si certifica abbia venduto oltre 50 milioni di copie in giro per il mondo rendendolo uno dei simboli del ‘900, non è tanto nella pur strabiliante quantità, ma nella incredibile continuità: rimase in classifica di Billboard 200, cioè i duecento dischi più venduti, per 741 settimane consecutive (che sono oltre 14 anni ininterrotti) e tranne un piccolo stop, è arrivato a oltre 1000 settimane in classifica: in pratica vende ancora oggi più di molti lavori contemporanei, in media 5000 copie a settimana e secondo uno studio della Nielsen, che registra le vendite discografiche, negli Stati Uniti una persona su 14 fino ai 50 anni possiede o ha posseduto una copia di questo disco. Per concludere, l’iconica copertina, uno dei simboli della nostra contemporaneità. La band si affidò ai geni creativi della Hipgnosis diretta da Storm Thorgeston, Aubrey Powell e Peter Christopherson, partendo dall’idea di Wright di una copertina bella e semplice: colui che la disegnò formalmente fu George Hardie (uno che, per dire, creò la copertina del primo album dei Led Zeppelin). L’idea fu presa da un libro di ottica: il fascio di luce bianca è diviso dal prisma misterioso in 6 colori, e non in 7 (manca l’indaco) e percorre tutto il disco orizzontalmente, tagliandolo in due parti, con sotto i testi delle canzoni e sopra tracce e crediti all’interno. La linea prosegue tipo elettrocardiogramma (come nell'inizio di Speak To Me) e si ricongiunge in un prisma rovesciato che ricompone il fascio di luce bianca. Ne esistono nuovissime edizioni rimasterizzate e in Super CD che rendono ancora più emozionante uno dei viaggi musicali basilari, un’avventura misteriosa che lascia ogni volta, non importa quante volte si sia sentita, affascinati e estasiati.

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