Ballaké Sissoko – Djourou (2021)
di Alessio Surian
Puntuali, da decenni, le famiglie Sissoko e Diabate arricchiscono la discografia dedicata alla kora di gemme e nuove intuizioni. A breve, Toumani Diabaté dovrebbe farci conoscere il nuovo album (“Kôrôlén”) registrato per la World Circuit con la London Symphony Orchestra, da cui ha già condiviso in rete i magnifici “Mamadou Kanda Keita” e “Haïnamady Town". Il cugino Ballaké Sissoko, oggi cinquantatreenne, entrò quarant’anni fa nell’Ensemble Instrumental National du Mali che vedeva protagonista il padre, Djeli Mady Sissoko. Da lui ha ereditato l’amore per le ventuno corde della kora e la casa nella strada 666 del bel quartiere Ntomikorobougou a Ouagadougou, soprannominato “cité des sportifs”. Qui è solito sedersi davanti casa nel tardo pomeriggio e suonare la kora per ore a beneficio degli amici. Fra questi, il violoncellista francese Vincent Segal da molti anni è di casa nella città degli sportivi e con Ballaké Sissoko ha condiviso concerti e le registrazioni di "Chamber Music" (2009) e "Musique de nuit" (2015). La loro più recente collaborazione li vede a fianco del percussionista Roger Raspail nel quartetto del chitarrista e cantante David Walters che a febbraio ha realizzato l’ottimo album "Nocturne". A due mesi di distanza esce “Djouro”, con otto dialoghi registrati a partire dal 2018, preceduti da un brano in cui Ballaké Sissoko suona da solo. “Demba Kunda” sembra preparare il terreno e sollecitare l’ascoltatore a prestare attenzione alle diverse sfumature dei toni e delle dinamiche della kora, offrendo anche uno dei due splendidi soli di kora del lavoro; bisogna aspettare il sesto brano, “Mande Tabolo”, per ascoltare di nuovo l’arpa-liuto in solo. Il secondo brano dà il titolo all’album e vede protagonista una seconda kora, suonata dalla gambiana Sona Jobarteh, sensibile interprete anche al canto: non potevano che intitolare la loro musica alla “corda”, che è il significato di “Djourou” in bamanan (lingua bambara) e un’ottima metafora per i legami che questo lavoro mette in luce. Tre tracce dopo, sarà una seconda voce femminile, quella della cantante parigina Camille a tessere le lodi della “Kora” insieme a una sezione d’archi. Fra i due brani, in “Guelen”, su un rilassato tempo medio, ritroviamo la voce forse più famosa del Mali, quella di Salif Keita in un brano registrato presso il suo studio Mouffou a Bamako. A fare da ponte fra Mali e Parigi c’è Oxmo Puccino, nato nel 1974 Ségou (Mali) e cresciuto nel 19° arrondissement parigino a pane e hip hop. A lui Sissoko consegna la responsabilità di invitare chi ascolta a “Frotter Les Mains”, testo che rimanda sia all’importanza del lavarsi le mani, sia a quella del contatto e dell’interazione fisica fra le persone in un periodo segnato dalle norme sui distanziamenti. “Kadidja” suggerisce un registro meditativo grazie al registro più basso della kora e alla voce di Piers Faccini, altro partner di Sissoko di lungo corso che in questo brano canto in bamanan restituendone le inflessioni più dolci ed intime. Faccini è anche collega di Sissoko nell’etichetta Nø Førmat! che il due aprile presenta il suo nuovo album, il settimo, “Shapes Of The Fall” (che vede ospiti Ben Harper e Abdelkebir Merchane). Due brani ampliano gli orizzonti in direzione narrativa, con la voce di Arthur Tebou (dei Feu! Chatterton) nel conclusivo “Un Vêtement Pour La Lune” e della musica di Berlioz con “Jeu sur la Symphonie Fantastique” che vede brillanti protagonisti il clarinetto di Patrick Messina e (poteva mancare?) il violoncello di Vincent Segal.
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