Francesco Guccini - Via Paolo Fabbri 43 (1976)

L’immagine sfocata di questo disco, uno dei più belli della canzone d’autore italiana, fu usata da Francesco Guccini per anni come manifesto per i suoi concerti, per la forza iconica che le 6 canzoni di questo disco hanno rappresentato per almeno due generazioni. Francesco Guccini, uno dei massimi esponenti della musica italiana, nasce, come ha sempre definito, “fra la via Emilia ed il West”, nel gennaio del 1940, in quel di Modena, ma trascorre buona parte dell’adolescenza a Pavana, sull'appenino pistoiese. Inizia d appassionarsi al nascente Rock’n’Roll e impara a suonare armonica e chitarra. Il suo primo complesso di natura “professionale” si chiamava I Gatti. All’inizio degli anni ‘60 si unisce Maurizio Vandelli e quel nucleo si trasformerà nella futura Equipe 84. Guccini però non si aggrega, e decide di studiare Letteratura Americana. Pur non laureandosi insegnerà per vent’anni Lingua Italiana al Dickinson College di Bologna, dove si trasferisce, creando un rapporto sentimentale intensissimo con la bellissima città emiliana. Stregato dalla poetica di Dylan, inizia a fare l’autore di canzoni, tutte diventati dei classici: Auschwitz e L’Antisociale per l’Equipe 84, Per Fare Un Uomo, Noi Non Ci Saremo e la celeberrima Dio È Morto per i Nomadi. Alcune di queste compongono il suo disco solista, Folk Beat No. 1 del 1967, a cui si aggiungono due altri gioiellini La Ballata Degli Annegati e In Morte di S.F., conosciuta anche come Canzone Per Un’Amica. Il successo è ancora lieve, ma Guccini ci riprova con Due Anni Dopo, del 1970: meno folk, più introversione, canzoni belle come Giorno D’Estate (già successo per i Nomadi) e la toccante La Primavera Di Praga. Dopo pochi mesi esce L’Isola Non Trovata (1971) che vede per la prima volta il gruppo di musicisti che segneranno una svolta artistica per lui: Ares Tavolazzi al basso, Ellade Bandini alla batteria, alle tastiere e agli arrangiamenti Vince Tempera, con la consulenza artistica di Pier Farri. Il disco è già maturo, ricco di riferimenti colti e letterari, con canzoni famose come Il Frate, Asia, La Collina, ispirata quest’ultima ai lavori di Salinger. Radici, del 1972, è il disco di culto, uno dei più grandi dischi italiani di sempre: liriche articolate, ambiziose, con quel tocco gucciniano di atmosfere che diventerà paradigmatico, tra rabbia politica (La Locomotiva) alle atmosfere familiari (come la storica copertina) che si svolge nelle storiche Piccola Città (dedicata a Modena), Il Vecchio E Il Bambino, Canzone Della Bambina Portoghese. Nel 1973 il primo live, il personalissimo Opera Buffa, dove sciorina la sua anima cabarettistica, in esilaranti e spassose canzoni come Talkin’ Sul Sesso e Fantoni Cesira. Ne 1974 Stanze di Vita Quotidiana è più enigmatico, tanto che un giovane giornalista musicale, Riccardo Bertoncelli, destinato a diventare il più grande critico rock italiano, scriverà una recensione cattivissima su Gong, secondo, parole di Bertocelli, quel “ viziaccio dell'epoca di insegnare agli artisti cosa dovevano fare, anzi, chi dovevano essere, e io c'ero cascato con lo zelo leninista di una Guardia Rossa”. Mesi dopo Guccini, esterrefatto, scriverà una canzone dove in un verso storico dice “Che cosa posso dirvi? Andate e fate, tanto ci sarà sempre, lo sapete\un musico fallito, un pio, un teorete, un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate!”. Bertoncelli chiamò Guccini per un chiarimento, i due si trovarono a casa di Guccini, in Via Paolo Fabbri 43, vicino la Stazione San Vitale di Bologna, e si chiarirono davanti ad una bella bottiglia di vino, tanto che Guccini era convinto di togliere il suo cognome dal testo ma Bertoncelli, con grande classe, gli disse “ora che ci siamo conosciuti non ha più senso”. L’Avvelenata è uno dei capisaldi di questo disco, che prende proprio nome dall’indirizzo bolognese di Guccini, Via Paolo Fabbri 43. Disco impegnato e personalissimo, forse quello con più vena personale, ricco di cronaca, nella toccante Piccola Storia Ignobile, sull’aborto, o Il Pensionato, sulla marginalità di certi personaggi urbani. Ma il disco è brioso nella stupenda Via Paolo Fabbri 43, caustica e divertita, dove in un altro leggendario verso se la prende con Antonello Venditti, Francesco De Gregori, Fabrizio De André (La piccola infelice [Lilly] si è incontrata con Alice / ad un summit per il canto popolare. / Marinella non c'era, fa la vita in balera, / ed ha altro per la testa a cui pensare). Ci sono poi la dolce Canzone Quasi D’amore, scritta da Guccini come inno alla canzone in sè e non all’amore e Canzone di Notte n.2, piena di quei tic notturni gucciniani così esemplari da risultar tanto familiari. Il disco lo consacra stavolta non solo al culto ma anche al successo, e quella via di Bologna diventerà meta di pellegrinaggi. Guccini raccontò che fu costretto a mettere una grande cassetta delle lettera per raccogliere le testimonianze di chi passava di lì: Se tutto mi uscisse, se aprissi del tutto i cancelli, /farei con parole ghirlande da ornarti i capelli, /ma madri e morali mi chiudono, ritorno a giocare da me: / do un party, con gatti e poeti, qui all’ alba in via Fabbri 43!.

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