Piero Ciampi: paghiamo pegno al grande cantautore

Bisogna pagare pegno a Piero Ciampi, una dello voci più autentiche del cantautorato italiano

Uno che di canzone d’autore se ne intendeva, Fabrizio De Andrè, a proposito del cantautore nato a Livorno, ebbe modo di dire: bisogna pagar pegno a Piero Ciampi

Una dichiarazione che la dice lunga sull’influenza e sulla considerazione che l’autore di Adius ha esercitato e continua esercitare nel mondo cantautoriale italiano. Un’influenza profonda che va dal già citato De Andrè a Zucchero, che cita esplicitamente i versi di Ciampi nella canzone “il mare impetuoso al tramonto salì sulla luna”, passando per Gino Paoli, Mauro Ermanno Giovanardi, gli Afterhours, Cristina Donà, e tanti altri.

Nonostante questo credito, la figura e l’opera di Piero Ciampi, tra le più intense ed originali della scena musicale nazionale, restano confinate all’interno del culto di pochi appassionati estimatori e rimangono pressoché sconosciute al grande pubblico. Le ragioni di tale incongruenza vanno ricercate nella biografia di questo irregolare della musica d’autore, che, per parafrasare i versi di una sua canzone, ha tutte le carte in regola per essere considerato un autentico e genuino artista, che ha messo in gioco nell’arte la sua stessa vita diventata parte di un racconto appassionato, pieno e vitale.

“Livornese, anarchico e comunista”, per sua stessa definizione, ha vissuto una vita sempre sul crinale dell’eccesso incurante di sé e del proprio talento. Dissipandosi nel mare del proprio intenso sentire la vita, Ciampi si sottrae costantemente alle logiche e alle esigenze dello spettacolo nella costante ricerca di verità e autenticità. Una personalità, la sua, che ben figurerebbe in quella splendida galleria di ritratti scritta da Vila-Matas Bartleby e compagnia.

Da Livorno: vita e opere di Ciampi tra continue fughe e dissipazione di sé
Piero Ciampi nasce il 28 settembre del 1934, nel quartiere Pontino a Livorno. Una città che rimarrà sempre per Piero un porto sicuro cui tornare ogni qualvolta la sua vita girovaga gli farà sentire tutto il peso di un’assenza di centro. Iscritto alla facoltà di ingegneria dell’Università di Pisa abbandonerà gli studi per iniziare a suonare.

Insieme ai fratelli mette insieme un trio e comincia una lunga gavetta come cantante in piccole sale da ballo. A questa attività canora affianca quella di venditore di olio in un deposito del porto. Dopo il servizio di leva, durante il quale conosce, tra gli altri, Gianfranco Reverberi, e il congedo, ritorna in Versilia dove, per sbarcare il lunario, suona il contrabasso nelle orchestrine locali. Una vita che, tuttavia, non tarderà ad avvertire come soffocante e ristretta.

Nel ’57 arriva a Parigi. Nella città dei pittori, dell’esistenzialismo e degli chansonnier, Ciampi frequenta Celine e ascolta dal vivo, rimanendone folgorato, Brassens. Dopo un primo periodo in cui strappa la giornata vivendo di espedienti, ha l’idea che lo renderà l’autore che conosciamo: mettere in musica e cantare le poesie che scribacchia sui tavolini dei locali malfamati che frequenta. Comincia ad essere apprezzato e conosciuto come “Piero l’italianò”, ma questo primo successo non redime dai suoi vizi atavici come quello di bere.

Nel ‘59 torna a Livorno squattrinato e con meno certezze di quando era partito.

Nel ‘61 il primo incontro con l’industria discografica. Per la Blubell di Piero Cassetta incide con il nome di Piero Litaliano un 45 giri che contiene Conphiteor, un pezzo che prelude a tutta la carica sovversiva ed eccentrica dell’arte di Ciampi rispetto al panorama musicale italiano coevo.

Passato alla Cgd insieme a Franco Crepax nel 1963 pubblica il suo esordio a 33 giri. Piero Litaliano (per lo più una raccolta di singoli), un disco ancora acerbo che, comunque, si segnala per una vena decisamente originale. Il disco non riceve il consenso sperato e Ciampi si dedica a composizioni più orecchiabili destinate ad altri come, tra le altre, Lungo treno del sud, Nato in settembre, Ballata per un amore perduto, Autunno a Milano e, soprattutto, Ho bisogno di vederti che, cantata da Gigliola Cinquetti, raggiunse la finale del Sanremo del 65.

Dal ’67 inizia per lui un periodo di lunghi vagabondaggi alcolici che lo vedono nei luoghi più improbabili e disparati dall’Irlanda, alla Svezia, alla Spagna, fino al Giappone. Nel frattempo nella sua vita personale ha collezionato un primo matrimonio con un figlio subito naufragato e un altro che non tarderà a sfociare nel medesimo esito.

Gli anni ’70
Iniziano gli anni ’70. Gino Paoli, amico di lunga data, che gli procura un contratto con la RCA. Intascato l’anticipo, lo sperpera prima ancora di scrivere un solo pezzo e torna a chiedere altri soldi. Ai concerti organizzati per lui si presenta completamente ubriaco o insultando il pubblico. La RCA depenna il contratto e lo affida ad una sua sussidiaria la Amico. Quella che sembra una strada senza uscita, si rivelerà uno dei pochi colpi di fortuna della sua carriera, perché è qui che inizia la sua collaborazione con Gianni Marchetti. Una collaborazione che darà vita ad uno dei più importanti e preziosi sodalizi tra un paroliere e un musicista della musica pop italiana.

Da questa collaborazione nasce nel ’71 un album come Piero Ciampi uno degli esiti più felici e alti della nostra canzone d’autore. Canzoni come Il Vino, È Natale il 24, Cronache di poveri amanti, Amici Miei, Tu No, Livorno, Sporca Estate sono altrettanti gioielli che ci restituiscono tutta la forza e la profondità poetica di un dire la vita con voce assolutamente unica e inconfondibile.

Il lavoro discografico passa praticamente inosservato. Nel ‘73 arriva la degna prosecuzione dell’album precedente con Io e Te Abbiamo Perso La Bussola che spinge ulteriormente il confine del concetto di canzone d’autore. Tra i capolavori di questo album ricordiamo Ha Tutte Le Carte In Regola, Io e Te, Maria, Te Lo Faccio Vedere Chi Sono Io, Il Lavoro, Mia Moglie. In Un Palazzo Di Giustizia.

Nel ’74 Ornella Vanoni chiede a Marchetti di incidere un disco con canzoni di Ciampi che, proseguendo nella sua opera di autodistruzione, si rende irreperibile e il progetto sfuma.

Nel 1975 pubblica per la Rca Andare, Camminare, Lavorare e Altri Discorsi, una summa parziale di brani significativi estratti dai lavori precedenti più due inediti, anch’essi all’altezza della situazione: Andare, Camminare, Lavorare, e Cristo fra i Chitarristi.

La sua ultima fatica discografica è del ’76 Dentro e fuori, un commiato con dentro tutta l’urgenza del dire in presenza di una fine presagita. Canto Di Una Suora, Raptus, Erotika ’70, Cara, L’Incontro, Disse, Non Dio, Decido Io, Uffa Che Noia i titoli di questa raccolta.

Piero Ciampi vive gli ultimi anni in un progressivo, inesorabile inabissamento che lo allontano sempre più dalla luci del palco. Muore a Roma il 19 gennaio del 1980.

Ho solo la faccia di un uomo: la poetica di Ciampi

Scrive Maurizio Cucchi, nella prefazione al libro Ho solo la faccia di un uomo:

“Ho sempre pensato che ciò che conta è l’opera e che le vite affogano, che piaccia o meno, troppo spesso con pena, nell’effimero e nel privato. Ma per Ciampi il caso è diverso: come chi infine non distingue più la realtà dal sogno e ne mescola le immagini, così io lo vedo quasi aver cancellato i confini tra il cantare e lo scrivere e gli affanni e gli incidenti di un’esistenza intensa, continuamente risucchiata, smagrita”.

Ogni sua parola lascia trasparire una tensione poetica di forza commovente, i suoi versi compongono un racconto accorato e vigorosamente drammatico.

Il suo modo di cantare unico e inconfondibile è affidato ad una voce calda e penetrante che declama seguendo l’urgenza del dire poetico più che le linee delle struggenti melodie per lui composte da Gianni Marchetti.

La sua appare una poetica sospesa tra cabaret e disperato afflato esistenziale comunicato con un lirismo dagli accenti struggenti. Con il suo stile dialogico, teatrale e colloquiale, Ciampi appare sempre in bilico tra richiamo empatico e orgogliosa rivendicazione della sua unicità irriducibile.

Vere e propri folgoranti camei narrativi, che mettono inscena trance de vie, le sue canzoni inseguono il gusto per la provocazione, raccontano le piccole sconfitte quotidiane, gli amori tormentati e traditi, riportano il dolore, anche autobiografico, per i figli lontani e mai veramente conosciuti. Il tono può essere quello partecipe e accorato, ma anche grottesco, goliardico, epico e picaresco.

La sua grande capacità è quella di restituire con esattezza l’istante, il senso di precarietà sospensione del vivere, la tristezza infinita della disillusione, il desiderio di libertà con un’efficacia e una profondità che fa venire in mente l’universo narrativo i di Raymond Carver.

La sua innata capacità di restituire con vivido accento il racconto della vita e della sua esperienza fanno di Ciampi un prezioso cantore dell’esistenza e delle sue ferite con quella carica di verità che solo la vera poesia è in grado di raggiungere.

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