La terra promessa (seconda parte di due)

E allora ci piace considerare il rock proprio come un sintomo, un segnale d'allarme, dal quale possiamo comprendere che c'è ancora una disparità visibile tra la libertà cercata con indipendenza e quella indotta dal piacere somministrato dal "nuovo ordine mondiale" così caro ai presidenti americani. Ma se è un sintomo, il rock oggi ci sta raccontando anche come l'equazione progresso tecnologico-qualità della vita non funzioni più, o almeno non può più essere per scontata.
Il problema dunque è di nuovo quello della libertà, individuale e collettiva, così come ci viene riproposto oggi. E se c'è un filone della cultura dei nostri tempi in cui la parola "libertà" ricorre in modo quasi ossessivo, è proprio il rock. Tra le altre cose il rock potrebbe essere inteso come una parabola sull'ossessione dell'idea di libertà.
Una parabola che compie grosso modo quarant'anni di vita. Ci sono ancora ingenuità, falsi, imbrogli clamorosi. Col passare del tempo si è introdotto come elemento strutturale dell'espressione rock un'insinuante e pericolosa spirale che si autodivora, riproponendo all'infinito segmenti di creatività spazio-temporale che sono già esistiti, che hanno già compiuto il loro magico e funzionale ciclo vitale. Quello che era storia, diventa cronaca, quello che era spontaneità diventa finzione, appropriazione sterile di immagini già consumate. Detto altrimenti, non c'è niente di culturalmente più vampiresco del rock nei confronti di se stesso. E se a volte si fa fatica a tenerlo a mente è perché in questi decenni i parametri dell'ascolto giovanile, sono più volte mutati.
Dire che il rock è la più entusiasmante avventura culturale dei nostri tempi può sembrare un'esagerazione, ma non di molto. Chi l'ha sperimentata sa di cosa stiamo parlando. Chi non l'avesse sperimentata farebbe bene prima o poi a farlo.
Lo stesso concetto, ovviamente, potrebbe essere esteso alla gran parte delle cosidette musiche popolari, per le quali valgono ragioni simili. Sperimentare il rock significa calarsi in una irripetibile sintesi di valori musicali, letterari, spettacolari, ma anche in qualcosa che "bisogna" vivere fisicamente, nelle onde che la musica crea e che attraverso l'aria si trasmettono fino al nostro corpo creando una speciale risonanza di corpo e mente che nessun'altra arte (tranne forse il cinema) è in grado di creare.
Come è stato detto per il jazz, far esperienza di rock significa aver a che fare contemporaneamente con la leggenda, con la storia, e con l'attualità.
D'altra parte, ovvietà spesso dimenticata, il rock è anche musica, nel senso che partecipa a un più grande e più antico fenomeno. La musica nasce con un intrinseco valore magico, mai del tutto dimenticato, trattandosi di un'arte completamente asemantica. Nasce sulla suggestione del mito Orfeo, come incantamento, sortilegio. Rappresenta la natura che si piega all'uomo, che a sua volta si pone come mediatore tra la natura e spiritualità. Alla musica è sempre stato attribuito un valore speciale, come l'arte più vicina alla natura compresi gli aspetti squisitamente biologici dell'uomo.
L'idea di un valore magico nasce dall'intuizione (confermata tra l'altro dalle più avanzate pratiche psicoterapeutiche) che in qualche modo l'arte musicale non si limiti a una formulazione del bello, ma abbia un "effetto" tangibile, concreto, sulla nostra esistenza. Considerazione del resto perfettamente chiara ai popoli, e a tutt'oggi perfettamente visibile a molte culture musicali extraoccidentali. Argomenti che hanno molto a che vedere con la presunte ritualità della musica rock, anche se la presenza di un testo verbale la spesso confuso le idee. Non si è mai riflettuto abbastanza su quanto anche i testi delle canzoni siano sostanzialmente musica. Può darsi che un testo sia bello anche solo letto, ma in ogni caso "cambia" nel momento in cui viene cantato. Questo perché la melodia dà alla parola la sua sostanza intera, la completa, le fornisce un valore aggiunto che può elevarne di molto il valore o comunque specificarne il significato.
Se consideriamo il rock come una musica "primitiva", dobbiamo sempre ricordarne il valore "magico", l'affinità con tradizioni apparentemente lontane ed estranee. Se pensiamo alle qainat, le prime cantanti a cui si fa risalire l'origine della musica araba, dobbiamo ricordarci che esse erano allo stesso tempo prostitute e cerimoniere: la musica congiunta al piacere sessuale e all'evocazione religiosa. Una possibilità che la nostra cultura tenderebbe a escludere, se non fosse per il rock.
A dispetto della tradizione accademica che proprio negli ultimi anni ha ribadito spesso la sua miope e reazionaria isteria conservatrice, il rock, proprio per la sua congenita mancanza di pudore, ha potuto lasciarsi andare nei sentieri più sfrenati della libertà espressiva, esplorando zone buie e scurrili, luoghi sporchi e viziosi quali la cultura tradizionale non ha mai voluto sporcarsi le mani. Il rock? Musica per i bassifondi dello spirito. (fine)

Gino Castaldo

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