The Stone Roses - The Stone Roses (1989)

La musica pop è anche una storia di luoghi, nella sua lunga antologia un luogo è diventato famoso anche per la musica che in esso è nata. È capitato con Manchester, che negli anni ‘80 non è che se la passasse tanto bene: crisi economiche, la dismissione delle grandi industrie, il tatcherismo in una zona operaia. Ma verso la fine del decennio la città divenne il palcoscenico per una delle ultime manifestazioni spettacolari musicali europee. In quegli anni, vari gruppi di giovani musicisti iniziò a integrare alle strutture del rock e della musica pop degli anni ‘60 le sonorità, soprattutto ritmiche, della nascente acid music e della dance. Ne vennero fuori due nomignoli, il Madchester sound e la subcultura baggy, che prende il nome dal portare jeans di varie misure più grandi, cappellini da baseball e le magliette delle squadre di calcio. Due gruppi divennero gli alfieri di questo nuovo suono: gli Happy Mondays e gli Stone Roses. Questi ultimi erano formati all’inizio da da Ian Brown (cantante), John Squire (chitarra), Andy Couzens (seconda chitarra), Reni (Alan Wren, batteria) e Peter Gardner (basso). A metà degli anni ‘80, mischiando psichedelia e il suono jangle del pop inglese si fanno un nome nei club. Pubblicano So Young, primo singolo, e nel tempo di pubblicare il secondo, Sally Cinnamon, Gardner se ne va, oscurato dai primi lampi di bravura di Squire, portando con sè Andy Couzens, con cui formerà gli High. Lo sostituisce Gary “Mani” Mountfield, e grazie all'interessamento di Peter Hook dei New Order la band sigla un contratto con l’etichetta Silverstone. A questo punto, due eventi segnano la loro carriera: l’interesse delle riviste musicali New Musical Express e Melody Maker (all’epoca diffusissime) per il baggy e una loro clamorosa esibizione all’Alexandra Palace del 1989, dove suonarono anche qualche pezzo che apparirà nello stesso anno nel loro atteso disco d’esordio. The Stone Roses (1989) ha la copertina che si ispira a Jackson Pollock ed è opera di John Squire, studente di arte, a cui aggiunge delle fette di arancia e tre pennellate di colore. Il disco è un portento: la ritmica di stampo dance, anche se notevolmente resa rock, è la spina dorsale per canzoni dove la chitarra di Squire trascina in nuvole sonore, in un mix riuscito e all’epoca innovativo di rock classico e innesti moderni. Canzoni come I Wanna Be Adored, Don’t Stop, Made Of Stone (primo singolo) e la catartica e trascinante I Am The Resurrection (8 minuti indimenticabili di potenza sonora, una delle canzoni di band inglesi più belle in assoluto) diventano raggi di luce pure nel panorama rock britannico. Ci sono anche episodi più dolci, come la splendida Waterfall, Bye Bye Bad Man, il calore di This Is The One, il tutto con una vena malinconica alla Smiths (altra band di Manchester tra l’altro). La voce angelica di Ian Brown e la chitarra tagliente di Squire finiranno per influenzare tutto quello che dopo loro è arrivato sul panorama inglese, in primis i fratelli Gallagher che formeranno gli Oasis. Ma se oggi il loro nome, nonostante il Melody Maker nel 1989, cavalcando l’onda di entusiasmo (eccessivo) definì The Stone Roses l’album più bello di tutti i tempi, non è così emozionante, lo si deve al loro carattere spavaldo, che li portò ad organizzare un colossale rave party a cui però non venne nessuno, mostrando una spavalderia e arroganza fuori dalla norma, ma soprattutto una vertenza contrattuale con la loro casa discografica, non avvisata per tempo del loro approdo alla Geffen. Infatti Second Coming esce solo nel 1994, in piena età Britpop, di cui loro sono i naturali genitori: il suono perde quella magia un po’ psichedelica e diviene molto più simile a quello di qualunque band voglia omaggiare i Led Zeppelin. Gli scarsi risultati porta la band allo scioglimento, e le carriere soliste dei singoli membri sono appena discrete. Si riuniscono per un tour nel 2011, che non aggiunge nulla al loro apporto alla storia della musica. Che per un periodo concentrava la sua attenzione su una città del Nord dell’Inghilterra, terra di operai, future grandi squadre di calcio e di ottimi gruppi musicali.


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