Wayne Shorter: 6 album per amare un genio del jazz

È stato l’autore di album da leader che hanno fatto la storia del jazz. Ed è stato una colonna, insieme a Herbie Hancock, del secondo grande quintetto di Miles Davis: il più grande quintetto jazz di sempre. Nel 1970 si è unito a Joe Zawinul, e in seguito a Jaco Pastorius, per formare i Weather Report: solo per non ripeterci, diciamo che è stata una delle band più originali di sempre.

Negli anni ’80 ha collaborato con Pino Daniele, con gli Steely Dan, con Santana. Si trova perfettamente a suo agio nel reinterpretare la musica brasiliana. E alcune sue opere più recenti, come Alegrìa, sconfinano nella musica da camera. Oggi ha 85 anni, ed è appena uscito un suo album triplo, Emanon, titolo preso a prestito da un brano di Dizzy Gillespie.

Wayne Shorter, statunitense di origine afro-cubana, è multiforme e non si ferma mai. Se anche il nome non ti dice proprio nulla—il che è possibile solo se non sei un appassionato di jazz—è dunque probabile che tu abbia già ascoltato, senza sapere che era il suo, il suono intrigante e indimenticabile di uno dei più grandi sassofonisti (tenore e soprano) dopo, o meglio, accanto a John Coltrane. Proprio perché Shorter è un musicista sconfinato, anche nel senso della curiosità inesauribile per la sperimentazione, e dunque per le sue numerose collaborazioni.

Il jazz non dovrebbe avere alcun obbligo. Non è qualcosa che dovrebbe suonare come “il jazz”. Per me, la parola “jazz” significa: ti sfido.

Accettare la sfida significa farsi mettere al tappeto dalla “eterna contemporaneità” di questo musicista dalla preparazione ineccepibile e dalla sensibilità eccezionale. Forse un jazzista “per jazzisti”? Una ragione in più per conoscerlo meglio.

Roots&Herbs
Le radici di Shorter, parafrasando il titolo dell’album, sono nel bebop. La lunga militanza nella band del leggendario batterista Art Blakey è durata per tutta la prima metà degli anni ’60. Le composizioni di Roots& Herbs sono tutte di Wayne Shorter. La prima traccia si intitola “Ping pong”: uno sfoggio di talento.



Con Miles Davis
Al di là delle prestazioni al sax, gli sforzi compositivi di Shorter sono fondamentali anche per il suono del secondo quintetto di Miles Davis. Shorter, del resto, è l’autore più prolifico della formazione. I brani forniti a Miles Davis, alcuni dei quali mai eseguiti live, sono guizzi geniali e raffinati che sembrano cercare, consapevolmente, una contaminazione tra matrici “colte” e black music: pensiamo solo a Prince of darkness, ad esempio. Citiamo tra le altre Iris, Orbits, Pinocchio, e Sanctuary—nel video qui sotto—incisa in Bitches Brew.



I classici: Speak no evil
Cerchi il “classico” di Wayne Shorter, il punto d’accesso ideale alla sua discografia? Nello stesso periodo in cui militò nel quintetto di Miles Davis—fino al 1970—Shorter registrò per la Blue Note ben 11 album da leader. Tra i quali, i 7 album da Night dreamer a Schizophrenia uscirono in appena 3 anni, dal 1964 al 1967. E tra questi sette, una sequenza leggendaria, i tre del 1964, Night Dreamer, JuJu e Speak no evil, sono considerati i suoi “classici”.



Dei tre, noi scegliamo Speak no evil. Perfettamente rappresentativo della “crescita” del sassofonista—che sosteneva di aver messo da parte i virtuosismi eccessivi per intraprendere un percorso più emotivo: dopo aver ascoltato la title track è impossibile non aver voglia di ascoltarlo tutto. Nelle note di copertina Shorter ricordava di aver composto con in mente “paesaggi nebbiosi, con distese di fiori selvatici e forme strane, spettrali, il genere di luoghi dove fioriscono le leggende del folklore“: ascoltare Dance cadaverous per credere. L’album contiene anche una delle ballate più belle di Shorter, Infant Eyes (dedicata alla figlia).




Native Dancer
La collaborazione di Shorter (e di Hancock) con il brasiliano Milton Nascimento dalla voce eterea ha prodotto nel 1975 un capolavoro fusion. Il falsetto del cantante e il sax di Shorter certe volte sembrano una cosa sola. Come nella straordinaria Ponta de Areia o nel finale di Tarde, nel video qui sotto. Un album inqualificabile nel senso migliore del termine.



Heavy Weather
I Weather Report nacquero, in un certo senso, da Bitches Brew. Joe Zawinul e Wayne Shorter, che avevano partecipato a quell’album epocale, volevano sperimentare ancora. Attorno a loro due, dal 1970 al 1986, ruotarono molti musicisti—Jaco Pastorius è il più noto—e altrettanti furono gli album di questo “supergruppo” jazz-fusion.



Ci piace vincere facile. Riascoltiamo due brani dal famosissimo Heavy Weather del 1977. Birdland è il brano più famoso. Ma il più incredibile dell’album è forse la ballata A remark you made. Nella versione live qui sotto i soli sono splendidi, in particolare quello di Zawinul al quarto minuto.



Bella ‘mbriana di Pino Daniele
Segnaliamo infine l’album di Pino Daniele tutto impreziosito dal sax soprano di Shorter, amico del cantante e chitarrista napoletano. In particolare, in Io vivo come te, Wayne Shorter ci regala uno dei soli più belli che un brano pop abbia mai avuto.



La biografia di Wayne Shorter di Michelle Mercer è molto bella e da noi si intitola Wayne Shorter. Il filosofo col sax. Consigliato anche Come si ascolta il jazz, pubblicato da Minimum Fax, che contiene un’intervista al sassofonista.

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