Crosby, Stills, Nash & Young - 4 Way Street (1971)

Il disco di oggi è uno di quegli album simbolo di un’intera generazione, uno di quelli che davvero hanno fatto la storia e rappresenta appieno la creatività e la forza di un periodo. È anche uno dei grandi live del rock, punto d’incontro di quattro strade apparentemente divergenti ma che qui rendono al massimo di energia, coesione e forza emozionale. 
All’inizio erano sono tre: David Crosby arriva dai Byrds, il primo gruppo simbolo della stagione californiana del folk iniettato di psichedelia; Stephen Stills arriva dai Buffalo Springfield ed è già un chitarrista sulla cresta dell’onda, Graham Nash è inglese e aveva fatto parte degli Hollies. Insieme combinano una miscela pressoché perfetta di rock, folk e una spiccata poesia autorale, che i tre avevano già sperimentato in dischi solisti. Crosby, Stills & Nash esce per l’Atlantic nel 1969 ed è già sensazionale: brani culto come Wooden Ships (poi ripresa dai Jefferson Airplane nello straordinario Volunteers dello stesso anno), Long Time Gone e una mini suite di folk rock, Judy Blue Eyes, che è un omaggio di Stills a Judy Collins, cantautrice che per un periodo fu la sua fidanzata. Passa qualche mese e nel 1970 si aggiunge Neil Young: proviente anch’egli dai Buffalo Springfield, canadese, tormentato e geniale, Young è l’innesto creativo che accende la batteria dei fuochi d’artificio: dopo una performance incredibile a Woodstock già in formazione a quattro, il supergruppo è nato, e spesso il chilometrico nome Crosby, Stills, Nash & Young viene abbreviato in una sigla d’ora in poi leggendaria nel rock: CSN&Y. Déjà Vu esce sempre per la Atlantic nel 1970: è un capolavoro assoluto, bello, vibrante ed ispirato in ogni singolo pezzo: tra i brani culto Almost Cut My Hair, Helpless, la storica Woodstock scritta da Joni Mitchell. 
Nello stesso anno intraprendono un tour americano, seguitissimo: da tre show di Giugno e Luglio, rispettivamente al Fillmore East di New York, al The Forum di Los Angeles e all’Auditorium Theatre di Chicago vengono scelte le migliori esibizioni per il disco di oggi, che nel titolo, 4 Way Street, rappresenta al meglio la strada sonora a 4 corsie che il gruppo rappresentava. Il disco è in equilibrio stupendo tra l’anima elettrica capeggiata da Young e Still e quella folk di Nash e Crosby. Il doppio live è portentoso: inizia con uno stralcio da Suite: Judy Blue Eyes, poi la youngsiana On The Way Home, che lascia spazio alla storica Teach Your Children di Nash, che per scriverla prese spunto da una storica foto di Diane Arbus, che ritrae un bimbo a Central Park che gioca con una granata di legno. Poi la storica e “scandalosa” Triad, scritta da Crosby sull’amore libero del tempo, e il primo lato si chiude con la bellissima Chicago, famosissimo brano di Nash sulle manifestazioni finite nel sangue durante la convention dei Democratici nella città dell’Illinois nel ‘68, in piena contestazione anti-Vietnam. Il secondo lato è più incentrato su Young e Stills, con le meravigliose Cowgirl In The Sand e Love The One You’re With. Il secondo disco mostra le cavalcate elettriche di Carry On (da 13 minuti) di Stills, la incredibile performance di Southern Man, canzone anti-razzista di Young e sempre di Young è anche la storica Ohio, scritta dopo i fatti avvenuti alla Kent University nello stato dell’Ohio, dove dei giovani manifestanti vennero uccisi negli scontri con la polizia: Young si ispirò ad un articolo fotografico della rivista Life, e nel testo, fortemente accusatorio contro il Presidente Nixon, si ripete nel ritornello un verso, Four Dead in Ohio, che in questa versione ferma per un attimo il tempo. La versione rimasterizzata del 1992 aggiunge 4 esibizioni acustiche: King Midas In Reverse del periodo Hollies di Nash, Laughing di Crosby, Black Queen di Stills e un medley meraviglioso di Young, The Loner\Cinnamon Girl\Down By The River. L’armonia ahimè dura pochissima, seguendo alla lettera il detto che tanti galli nello stesso pollaio non ci possono stare. La band si scioglie, anche se CSN ci riproveranno, con meno ispirazione, a riunirsi, nel 1977. Nel 1988 l’attesa e insperata reunion (per i successivi anni sarà tutto un tira e molla, con peraltro anche bei tour celebrativi) , ma American Dream tranne qualche guizzo (Compass, This Old House) non può rivaleggiare con la forza immensa di un disco storico, politico, coinvolgente, e che è un’istantanea musicale di un periodo irripetibile, e i cui sogni sebbene non realizzati, aleggiano ancora da qualche parte nel mondo.

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