Chi è stato Charlie Parker, il ritratto di un maestro del jazz

Suonare con Bird mi piaceva, ma non potei imparare molto dal suo modo di suonare perché era troppo originale. Bird era un solista ed era, come dire? isolato. Non si poteva imitare a meno di copiarlo e non si poteva copiarlo a meno di essere dei sassofonisti. E neanche i più grandi ce la fecero.

Per iniziare a parlare di Parker si devono prendere in prestito le parole di un altro mostro sacro della musica jazz: Miles Davis.



Charles Parker, per gli amici Charlie, per tutti “Bird”, è stato uno dei più grandi sassofonisti della storia. Tra i più raffinati esponenti del bebop e ritenuto uno dei maestri del jazz moderno.

L’amore per il canto degli uccelli
Nato a Kansas City nel 1920, Charlie cresce con la madre. Il padre è scappato poco dopo il parto. Il piccolo Parker si avvicina al sax a tredici anni. Nonostante l’età è uno studente rigoroso: dedica allo strumento anche 15 ore al giorno. È dotato di un talento naturale ma si applica con costanza. Quando si esercita alla finestra della sua camera viene rapito dal canto degli uccelli. Ascolta quei versi “melodiosi”, e li imita al sax. Ripete quei fraseggi velocissimi.



Gli anni dell’adolescenza però sono anche gli anni della droga. Scopre l’eroina. Una compagna di tutta la vita. Ma a dispetto della versione romanzata che è stata fatta negli anni, Parker non è stato un depresso, o un reietto. Era invece dotato di un gran senso dell’umorismo. Brillante e vulcanico. Anche nell’interpretazione musicale. Nei momenti di improvvisazione trovano spazio frammenti di filastrocche, motivetti di cartoni animati, parodie di brani più seri. Le sue biografie ricordano un aneddoto molto divertente. A Parigi, conosce un giorno Jean-Paul Sartre e stringendogli la mano gli dice: “Mi piace molto il suo modo di suonare”…

La nascita del bebop
Il suo debutto è nel 1937 con alcune orchestre. Il modo di suonare di Parker è innovativo. Un mix di swing e blues con ardite soluzione armoniche e un ritmo serratissimo, con tempi veloci. Lui e Gillespie sono sicuramente i due padri di questa nuova era del jazz: il bebop.



Tra i brani più famosi di Parker ci sono sicuramente Billie’s Bounce e Ornitology. Nel mondo del jazz questi brani sono stati rivoluzionari. Da lì, vengono alla luce nuove e sorprendenti forme espressive.



Così racconta la ricerca di questo “nuovo suono”, Parker:

Non riuscivo più a sopportare le armonie stereotipate che allora venivano continuamente impiegate da tutti. Continuavo a pensare che doveva esserci qualche cosa di diverso. A volte riuscivo a sentire qualcosa, ma non ero in grado di suonarlo…

Durante i live, Parker è, in un certo senso, l’opposto del suono del suo sax. Composto, senza dare spettacolo, misurato. Ha una posizione eretta e guarda il vuoto.

Il 1947 è l’anno in cui Parker si stabilisce a New York e inizia a collaborare con i più grandi. Oltre al già citato Gillespie, ci sono Miles Davis, Dexter Gordon, Bud Powell, Charles Mingus e moltissimi altri.

Nel 1949 apre un locale jazz a lui ispirato: Birdland. Ci suonerà più volte, prima di venire allontanato a causa del declino fisico e mentale che seguirà di lì a breve.

La leggendaria incisione di Lover man
La sua tossicodipendenza ha reso tutto più difficile. Spesso si presenta in ritardo, ogni tanto strafatto. A volte gli capita di chiedere soldi ai fan, impegnando anche il sax. Quando non ha “la roba” si butta sull’alcool. E il suo umore diventa incontrollato. È ciclotimico.

È proprio in uno di questi momenti delicati, appena sedato da uno psichiatra in sala di registrazione, che succede qualcosa di straordinario e imprevedibile. Parker decide di registrare un brano, Lover man, nonostante la sua salute molto precaria.



A raccontare la registrazione è il discografico Ross Russell:

Ci fu una lunga introduzione pianistica, che sembrò interminabile, da parte di Jimmy Bun, che scandiva il tempo in attesa del sassofono. Charlie aveva mancato l’entrata. Con alcune battute di ritardo, finalmente entrò. La sonorità di Charlie […] era stridente, piena di angoscia. In essa c’era qualcosa che spezzava il cuore. Le frasi erano strozzate. Sembrava che Charlie suonasse con automatismo, non era più un musicista pensante. […] Ci fu un’ultima strana frase, sospesa, incompiuta e poi silenzio. Quelli nella cabina di controllo erano un poco imbarazzati, disturbati, e profondamente commossi.

Dopo l’ennesimo raptus di follia, durante il quale tenta di appiccare il fuoco al letto del suo albergo, viene arrestato. Poi ricoverato all’ospedale psichiatrico di Camarillo. Cui dedicherà, una volta uscito, un brano.



Gli ultimi anni dell’uccello del jazz
All’inizio degli anni 50 incide con un’orchestra d’archi. Un sogno che coltiva da un po’ di tempo. “Charlie Parker with Strings”. È uno dei pochi successi commerciali in vita, ma i fan non glielo perdonano. Lo accusano di essersi venduto.

Una delle ultime straordinarie esibizioni è del 1953, al Massey Hall di Toronto. Insieme a Gillespie, Mingus, Powell e Roach. È un concerto epico, che puoi ascoltare nel video qui sotto registrato clandestinamente da Mingus. Ma è giunta l’ora più triste per Parker. Il tempo è scaduto.



Muore due anni dopo questo live. Davanti alla tv. Stroncato molto probabilmente da un arresto cardiaco. Una vita di eccessi aveva completamente stravolto il suo fisico. Tanto che pur avendo 34 anni, il medico legale, nel referto, gliene dà 53.

Una parentesi breve quella di Bird, ma abbastanza lunga da cambiare un intero genere musicale. Gli era “bastato”, in fondo, seguire il primo comandamento. Che aveva rivelato in un’intervista:

Ti insegnano che la musica può arrivare fino a un certo punto, ma guarda che l’arte non ha confini.



Per approfondire la storia del grande sassofonista ti consigliamo oltre ad ascoltarlo di vedere il film del 1988 intitolato Bird, diretto da Clint Eastwood. Parker è interpretato da un bravissimo Forest Whitaker. Ascolta anche la lezione in radio di Gianfranco Salvatore, ricca di aneddoti interessanti.

Immagine di copertina di William P. Gottlieb, scattata nell’agosto del 1947, al Three Deuces: Tommy Potter, Charlie Parker, Max Roach (dietro Parker), Miles Davis e Duke Jordan, di spalle.

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