Charlie Haden & Brad Mehldau – Long Ago & Far Away (2018)
Il 5 novembre 2007, il pianista Brad Mehldau e il contrabbassista Charlie Haden si esibiscono per la prima volta in duo alla Christuskirche di Mannheim, in Germania, in occasione dell'Enjoy Jazz Festival. A undici anni di distanza, la storica etichetta discografica Impulse! pubblica ora la registrazione di quel concerto, con il titolo Long Ago and Far Away.
Dopo Alone Together (Blue Note 1997), An Other Shade of Blue (Blue Note 1999) e Live at Birdland (ECM 2011), questo è dunque il quarto disco che documenta la collaborazione dal vivo dei due musicisti. Ma è il primo a uscire dopo la morte di Charlie Haden, scomparso l'11 luglio 2014. Ed è pure il primo in cui Haden e Mehldau non sono affiancati da Lee Konitz, presenza costante negli altri tre: solo nel Live at Birdland la formazione si allargava invece al quartetto, con l'aggiunta di Paul Motian alla batteria. Quindi il ruolo dello strumento di canto è tutto nelle mani di Mehldau. Questo comporta una prima, grande differenza: Mehldau espone i temi per intero, diligentemente, laddove Konitz preferiva astrarne solo piccole cellule.
Il programma è costituito -come d'abitudine -da pochi standard celebri: sei, nell'occasione. Breve excursus: con il termine "standard" di solito si indicano le canzoni popolari americane soprattutto degli anni '20 e '30 del '900 (ad es. quelle tratte dai musical di Broadway), e i brani di jazz eseguiti più di frequente, specie quelli composti tra gli anni '40 e gli anni '60. Sarebbe però più corretto usare "standard" in un'accezione relativa e non assoluta: "standard" è ciò che ogni musicista percepisce come tale, in base alle proprie preferenze d'ascolto, alla propria formazione, e in definitiva al contesto culturale nel quale si trova immerso. Ma nel caso di Mehldau e Haden, l'accezione assoluta e quella relativa coincidono. La musica americana grossomodo della prima metà del XX secolo è parte integrante del mondo di entrambi. Per questo la loro lettura degli standard è prima di tutto credibile, anche prescindendo dalla qualità indiscussa delle esecuzioni.
Il disco è idealmente suddiviso in due tempi dalla drammaturgia simile, ciascuno composto da tre brani. La tracklist si apre con "Au Privave": Mehldau espone il tema a ottave, mano destra e mano sinistra all'unisono, con un understatement che è l'opposto della baldanza di Parker. Dopo il tema, comincia una lunga esplorazione del contrappunto, che procedendo si svincola sempre più dalla griglia armonica, alla maniera di Ornette: Mehldau inizia a improvvisare a una voce, riprendendo frammenti del tema e interagendo con il walking bass di Haden. Il solo continua così per qualche minuto, poi il pianista introduce una seconda linea melodica, e il contrappunto diventa a tre voci. Haden si sgancia dal metronomo a tempo medio tenuto fino a quel momento, e termina l'improvvisazione in solitudine, dopo di che Mehldau rientra parafrasando il tema: Haden si ritrova spiazzato e non riesce a ristabilire la connessione con il compagno: più che concludersi, il pezzo si interrompe con Mehldau che suona un intervallo di quarta eccedente, forse sperando in una ripartenza che non arriva.
Segue una song, "My Old Flame" (Coslow & Johnston), suonata nel rispetto rigoroso della forma e dell'armonia. Nel marzo 2007, pochi mesi prima del concerto con Mehldau, Haden aveva inciso lo stesso brano con Keith Jarrett: la registrazione è poi confluita nell'album Last Dance (ECM 2014). Anche in "What'll I Do" (Berlin) la forma canzone è rispettata, ma con maggiore libertà armonica: Haden si sofferma più d'una volta su un pedale di sol, su cui Mehldau, con grande pazienza, costruisce una complessa serie di variazioni politonali, a partire da un soggetto a note ribattute.
"Long Ago (and Far Away" (Kern & I. Gershwin) riprende l'ambientazione di "Au Privave," e apre l'ideale seconda parte del disco: è eseguita a tempo medio-rapido, al modo di Chet Baker. Il tratto saliente di questa versione è il virtuosismo armonico: i soli girano con grande libertà attorno ai centri tonali del brano (sol e si bemolle). Sul finire della riesposizione del tema, Mehldau modula repentinamente in sol bemolle,, subito assecondato da Haden, per poi lanciarsi, suonando per lo più a ottave e sempre assecondato da Haden, in una vorticosa cadenza improvvisata che si conclude in si maggiore.
È quindi la volta di "My Love and I" (Raksin & Mércer," un brano che Haden ha registrato due volte con il Quartet West, e ha anche eseguito in duo con Gonzalo Rubalcaba. Siamo al momento migliore del live: Haden si mantiene su dinamiche basse per tutto il brano, e accompagna in modo molto semplice, permettendo a Mehldau di fare quello che vuole. Mehldau non si fa pregare: nel primo chorus improvvisa il canto con la mano sinistra e intesse le orchestrazioni con la destra, nel secondo fa l'opposto; poi inizia lentamente ad accumulare elementi che contraddicono la tonalità del brano (la minore) in un crescendo di note ribattute, che si stempera in un finale arpeggiato. L'ultimo brano è ancora una song, "Everything Happens to Me" (Dennis & Adai), anch'essa presente nel già citato Last Dance, e qui affrontata in modo tutto sommato canonico: dopo il tema, Haden improvvisa per tutto il lungo chorus, quindi lascia spazio al pianoforte. Mehldau in parte improvvisa e in parte parafrasa il tema. La cadenza finale è un bellissimo fugato per piano solo.
In conclusione: questo disco non riserva sorprese, nel senso che non aggiunge nulla di nuovo a ciò che già sappiamo sul modo di suonare di Mehldau e Haden. Né del resto c'era da attendersi qualcosa di simile. Long Ago and Far Away ci mostra piuttosto due artisti nel pieno della maturità: per rendersene conto basta confrontare il suono di Mehldau in questo live (è un vero peccato che il pianoforte sia lievemente stonato nel registro centrale) e quello delle registrazioni con Haden e Konitz degli anni '90. Nel 2007, Mehldau è un pianista molto cambiato: al netto della diversità tra gli strumenti utilizzati, il suo timbro si è fatto più trasparente, il tocco è diventato nel tempo sempre più espressivo e ricco di sfumature, l'uso calibratissimo del pedale tonale aggiunge un ulteriore strato di complessità alle sue interpretazioni. Due artisti nel pieno della maturità, dicevamo: e consci dei loro mezzi, a loro agio nel repertorio che affrontano. Tanto a loro agio da non temere di correre rischi e di sbagliare platealmente, cosa che comunque accade molto di rado.
Commenti
Posta un commento