Johnny Cash - At Folsom Prison (1968)

Nel 1954 negli studi della Sun Records di Sam Phillips, l’uomo che scoprì Elvis Presley, bazzicavano altri cantanti, scalpitanti come puledri in calore. Tra loro c’era un tizio bianco che sognava di cantare il gospel, J.R. Cash, per tutti Johnny Cash. Phillips non era entusiasta di quell’idea, e spinse il giovane Cash a perfezionare le sue composizioni. Nei tre anni che passa a Sun Records di Memphis, Cash scrive qualcosa come 120 canzoni, tra cui le prime gemme del suo repertorio immenso e qualitativamente sontuoso: Get Rhythm, I Walk The Line, Home Of The Blues, Ballad Of A Teenage Queen, Come In Stranger, Guess Things Happen That Way. Ad accompagnarlo Luther Perkins e Marshall Grant, chitarra e basso, conosciuti come i Tennesse Two, che dopo qualche anno diventeranno i Tennesse Three con W.S. Holland alla batteria. Il successo è già buono, ma il passo decisivo nella carriera di Cash è il suo approdo alla Columbia. Dal 1959 al 1969 per la grande etichetta americana Cash registra qualcosa come 20 dischi, di qualità mediamente ottima, ma è soprattutto grazie anche alla sua incredibile volontà di esibirsi dal vivo (per tutto il periodo viaggerà ad una media di circa 300 concerti l’anno) che nasce il mito del Man In Black, dal suo vezzo di vestirsi spesso di nero durante i concerti. 
In questo periodo la sua musica lascerà la base country e si accosterà al blues, al rock, conquistando una fetta maggiore di pubblico, ammaliato da titoli quali I Still Miss Someone, Don’t Take Your Guns To Town, I Got Stripes, Five Feet High And Rising, The Rebel Johnny Yuma, Ring Of Fire, I’d Still Be There, Dark As Dungeon, Orange Blossom Special. Il disco di oggi è, nel catalogo Columbia, è uno dei suoi massimi, e uno dei dischi più belli e vibranti di sempre. Il tutto nasce dalla volontà di Cash di omaggiare i detenuti, in un periodo di grande fermento sociale (il disco è del 1968). Cash nel periodo Sun aveva già scritto una dolente Folsom Prisom Blues. Con caparbietà e contro la volontà della Columbia, Cash organizza un concerto gratuito nel carcere di massima sicurezza di Folsom, in California. Le registrazioni si tennero il 13 gennaio, con due concerti di mattina, uno alle 9:40, l’altro alle 12:$0, nel caso la prima non fosse stata soddisfacente. Lo accompagnavano oltre i Tennesse Three, Carl Perkins, che aprirà il concerto con il suo classico Blues Suede Shoes, gli Statler Brothers, June Carter, la moglie di Cash che farà da solista. Nell’edizione originale, At Folsom Prison riprende solo in parte la scaletta originale: rimangono i grandi brani a carattere carcerario, Folsom Prisom Blues, Green Grass Of Home, il classico 25 Minutes To Go. A chiudere i concerti una canzone molto particolare: Greystone Chapel. La canzone fu composta da un carcerato, Glen Sherley. Un prete chiese a Cash di ascoltare la canzone su un nastro audio di Sherley: Cash ne fu così colpito che fece di tutto per includere il brano nei concerti. 
Quello che più emoziona, oltre le sua voce baritonale, solida e le sue memorabili interpretazioni, è lo spirito di immedesimazione che Cash ha nei confronti dei detenuti, in una singolare ed alquanto rara sintonia. Ci sono alcuni passaggi dove Cash ride delle battute dei detenuti durante le canzoni, purtroppo inudibili, e gli applausi e le acclamazioni, che pure ci furono, vennero aggiunte in post-produzione. Cash l’anno dopo ripetè l’esperimento al carcere di San Quentin, che musicalmente è meno sofferto ma contiene una delle canzoni simbolo della sua carriera, A Boy Named Sue. Il picco massimo della sua carriera si ha in questo periodo, con settimane in testa alle classifiche. Poi un periodo di relativo oblio, che soprattutto negli anni ‘80 lo tiene ai margini: ci penseranno prima gli U2, che gli chiedono di cantare la bella The Wanderer in Zooropa, e poi Rick Rubin, che lo produce nella serie American Recordings, dove Cash, con passione e forza emotiva senza pari, riprende i grandi classici della musica per delle cover da pelle d’oca. 
Muore nel 2003, non prima di essere stato l’unico ad essere inserito nelle Hall Of Fame del Rock, del Country e della musica Soul. Un gigante che vestiva di nero, un mito di quelli veri.

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