Van Morrison - Duets: Re-Working The Catalogue (2015)

di Fausto Gori

Non è un mistero che i dischi del nuovo millennio, comunque sempre dignitosi, di “Van the Man”, oltre ad un paio di compilations, albums di covers e il nostalgico, storico live di Astral Weeks, siano scivolati progressivamente verso una stanchezza creativa che è andata di pari passo a quella fisica, palesata nei concerti degli ultimi anni (ridotti nei tempi per problemi di voce) e nelle dichiarazioni delle ultime interviste (non riesco più a fare tour, mi stanco troppo). Quindi con queste premesse, arrivato l`annuncio del progetto dei duetti (chiaramente con un occhio rivolto al mercato), pur rappresentando una delle figure più ammirate e rispettate del mondo della musica, il rischio di flop artistico non era poi un`ipotesi così remota. Ma andiamo in ordine. In concomitanza dei suoi settant`anni, in Van Morrison ha prevalso l`esigenza di fermarsi, di tirare le somme, di chiamare a se, dopo aver cullato le precedenti e intense esperienze (su tutti i duetti con John Lee Hooker), tanti amici per condividere e rivivere una serie di pezzi della sua immensa discografia, da suonare e cantare assieme, quasi nelle sembianze di un concerto tributo.

Gli aspetti che sigillano la validità del disco non mancano: innanzitutto, la rinfrescata e rimodernata produzione (un bagliore di luce rispetto alle prevedibili sonorità degli ultimi albums), curata dallo stesso Van con il supporto decisivo di Don Was e Bob Rock, va ad esaltare le qualità certosine degli arrangiamenti, rinnovati e diversificati in modo ottimale. Non di secondo piano l` aspetto espressivo, emozionale e creativo del canto di Van che sembra ancora catturare lo spirito originario dei pezzi, con il solito approccio“live”, un canto forse più misurato rispetto al passato ma di conseguenza anche meno sforzato. Il timbro vocale, di contro, è come il miglior vino rosso. Per finire, si fa apprezzare la selezione mirata di brani poco conosciuti ma di gran valore e la lista significativamente scelta, dallo stesso Morrison, degli ospiti cantanti. Paradossalmente questo celebrativo ma non certo passivo progetto musicale, basato su pezzi già editi e ospiti di rilievo, riporta l`autore, dopo diversi anni, alla miglior “forma”, al suo talento innato di musicista, arrangiatore e cantante passionale.

Ascoltando i sedici brani della selezione è veramente difficile trovare pezzi poco riusciti, si potrebbe citare una Carrying a Torch eccessivamente similare al passato o il perchè di un`altra Get On With The Show, ma ci si deve davvero sforzare, nemmeno Real Real Gone con Bublè riesce a deludere. Per dare motivo sufficiente al nostro portafoglio di salutare qualche misera banconota destinata all`acquisto di questo disco basterebbe, da sola, la bellezza incantatoria di Wild Honey con Joss Stone, grazia musicale senza fine proveniente da Common One, o l`intenso spirito gospel tra compassione e redenzione della lontanissima If I Ever Needed Someone con Mavis Staples. Non sono da meno la favolosa Streets of Arklow con Mick Hucknall avvolta in raffinate strumentazioni dai toni pastello, Fire in the Belly spolverata e rilucidata insieme a Steve Winwood, il superbo bluesaccio How Can a Poorboy con Taj Mahal o il groove contagioso di Higher Then The World con George Benson, ma si finirebbe, in positivo, per citarli tutti.

Nel remake complessivo i duetti, che in generale non possono certo suscitare (nell`animo) le emozioni di un disco solista di inediti, emergono nella loro coesione, i nomi che ne fanno parte si calano benissimo nei pezzi scelti contribuendo ad un disco pieno di energia ritrovata e di vitalità che scopre, appunto, nella condivisione, una ragione plausibile per affermarsi. Duets:Re -Working The Catalogue sarà anche, per i motivi già citati, un disco abbastanza prescindibile della discografia morrisoniana ma certamente ci mostra una qualità musicale e formale abbagliante.

Ad oggi, chiaramente il suo disco più godibile del nuovo millennio. (Mia valutazione: Distinto)

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