Fairytale of New York - The Pogues (feat. Kirsty MacColl) (1988)
Non mi viene in mente città al mondo più ricca di diversità della Grande Mela, più ancora di Geru-salemme, dove la differenza si fa dolore, o di Tokyo, dove la follia di Shibuya fiorisce a pochi metri dal silenzio dei templi scintoisti. Il bello di questa Grande Mela è che ognuno può prenderne un morso e sognare di trovare le consonanti per i suoi sogni, visto che le vocali le mettiamo noi ma non sempre bastano. New York è una delle poche città al mondo (insieme a Parigi) che può essere cantata con la medesima efficacia sia da chi ci è nato che da chi arriva da fuori e ne prende possesso, innamorandosene.
Shane MacGowan è un irlandese dai denti marci e radi (non li lava mai, una carenza di vitamina C glieli ha fatti cadere quasi tutti, e una volta, dopo un concerto, è uscito per pisciare, ma, essendo ubriaco, è inciampato contro un muro e ha salutato anche gli ultimi rimasti) e dalla predilezione per nomi strambi: la sua prima band si chiamava «Nipple Erectors» («Induritori di capezzoli»), quella con cui ha fatto la storia «Pogues» (abbreviazione di «Pogue mahone», storpiatura dell'espressione gaelica póg mo thóin che
significa «baciami il culo»). Ha unito folk e punk (come solo in Irlanda sanno fare), ha citato Churchill e inneggiato alla grandezza dell'alcool come nemmeno Dylan Thomas, ha cantato e contato, prima di cadere definitivamente. Di lui, ha detto Sinéad O'Connor (una di quelle che di problemi ne ha a bizzeffe): «È un angelo vicino alla fine che ha bisogno di aiuto. È andato troppo lontano, ha raggiunto lo stadio in cui fisicamente non riesce a fermarsi per smettere di bere, si è provocato troppi danni».
Fairytale of New York è «Natale punk a New York».
Senza nessuna concessione al romanticismo, se non nella bellezza di un mondo che si muove a parte e a un'altra velocità rispetto a quello tradizionale e per bene.
(M. Cotto - da Rock Therapy)
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