The Boxer - Simon & Garfunkel (1970)

Il vento gelido frustava le strade di New York con una forza che non avevo mai conosciuto. Vivevo in un hotel a due stelle sulla Quarantaduesima strada, e la notte mettevo l'armadio contro la porta perché avevo paura che entrasse qualcuno. Era la New York sporca e violenta prima della ripulitura del sindaco Giuliani. Per raggiungere il Cbgb's sulla Bowery dovevi superare sbarramenti di barboni che ti tiravano il giaccone e supplicavano con occhi febbrili. Se volevi andare ad Harlem a comprare dischi o a mangiare da Sylvia's, dovevi trovare un tassista nero, altrimenti ti portava al deposito sulla Novantesima e ti consegnava a un collega di colore. Le mie giornate erano albe che non tramontavano mai. Frequentavo Ginsberg, Burroughs, John Giorno e gli altri alfieri della beat generation; uscivo con Melanie Ciccone, sorella di Madonna e moglie di un ottimo songwriter come Joe Henry, che lavorava in Warner e mi permetteva di incontrare tutte le rockstar che arrivavano in città. Garland Jeffreys cucinava tagliolini per me, e Richard Lloyd mi raccontava ogni giorno un pezzo dell'epopea dei Television. La domenica andavo a pranzo dai genitori di origini italiane di una ragazza che viveva nel Bronx e mi sembrava di essere in un film di De Niro. Ogni pomeriggio andavo sulla Settantaduesima, a casa di Doc Pomus, autore di mille canzoni immortali tra cui Save ie Last Dance For Me per i Drifters e Viva Las Vegas per Elvis.

(M. Cotto - da Rock Therapy)

 

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