Lucio Battisti - Don Giovanni (1986)

Questo disco ha "provenienza" certa: lo ha comprato all'epoca mio papà, che ha sempre avuto una grande passione per il ragazzo di Poggio Bustone. E spesso, negli ultimi anni, qualche volta abbiamo discusso di come, nella lunghissima carriera di Lucio Battisti, la parentesi del decennio '80, per certi versi davvero sorprendente, sia molto meno famosa, al limite dell'inesistenza, del periodo precedente. Un po' perché dopo il 1980 decise di concentrarsi solo sull'aspetto musicale abbandonando le apparizioni televisive, le interviste radiofoniche e dei giornali (ultima rilasciata alla Tv Svizzera Italiana nel 1979), e un po' perché decise di fare tutto da solo, abbandonando il sodalizio con il paroliere Mogol. I primi indizi si hanno nel 1978, quando va in Inghilterra per registrare Una Donna Per Amico: tentativi precedenti di sfondare nel mercato internazionale fallirono, ma Battisti cercava un bisogno di internazionalizzare la proprio musica. Il disco fu prodotto da Geoff Westley, già con i Bee Gees, e con aggiunta di contaminazioni folk, un piccolo valzer (la canzone Perché No) diviene un disco memorabile, e vende 800 mila copie solo in Italia. Il soggiorno inglese sforna un altro lavoro, Una Giornata Uggiosa (1979), ancora con Westley che raduna un gruppo di sessionisti che avevano lavorato con Simple Minds, Cockney Rebels e addirittura il sassofonista dei King Crimson Mel Collins. Il disco, altro successo clamoroso, attinge stavolta al funk e ai ritmi primigeni della new wave. Uscito nel 1980, il disco è l'ultimo lavoro a firma Battisti-Mogol. Sulla separazione ci sono decine di storie sui motivi mai chiariti della decisione. Questo episodio fu l'inizio della reclusione mediatica di Battisti. Che aspetta due anni per ritornare con un disco, E Già, che spiazza completamente il pubblico e la critica. Prodotto da Greg Walsh, già assistente di Westley, è un freddo disco di musica elettronica (non c'è un solo strumento acustico, solo tastiere elettroniche programmate da Walsh) dove Battisti canta i testi scritti da Velezia, pseudonimo della moglie Grazia Letizia Veronese. Un disco che segna un cambiamento profondo, che verrà in parte accolto dal suo pubblico (il disco arriverà al numero 4 in classifica). Nel 1983 aiutando a scrivere le musiche del disco del suo amico Adriano Pappalardo, Battisti incontra Pasquale Panella, poeta romano dalla vena sperimentale e dadaista, con il quale la sintonia è subito interessante, fino a creare un sodalizio, unico e per certi versi irripetibile, che porterà a 5 dischi, descritti poi dalla critica come il "periodo bianco" di Battisti, per via delle copertina di questo colore. In verità, il primo disco della loro collaborazione, ha la copertina beige. Forse quasi a sottolineare il graduale e ulteriore passaggio di concezione musicale. 

Don Giovanni (1986) è un disco che musicalmente riesce a coniugare la nuova passione elettronica con il caro, e fortissimo, senso melodico di Battisti, che stavolta è accompagnato da un gruppo di musicisti di respiro internazionale, producendo una musica che è perfettamente inserita nel periodo (a me ricorda certi passaggi dei sofisticati e bravissimi Talk Talk di Mark David Hollis). Ma la dimensione completamente innovativa, e che fece discutere moltissimo, sono i testi di Panella. Infarciti all'inverosimili di figure retoriche, doppisensi, metrica estemporanea e che hanno l'incredibile pregio di sembrare perfetti nella loro assurdità. Esempio classico è Le Cose Che Pensano, diventato suo malgrado un classico: Su un dolce tedio a sdraio\Amore, ti ignorai\E invece costeggiai\I lungomai\M'estasiai, ti spensierai\M'estasiai, e si spostò\La tua testa estranea\Che rotolò (...) Cadere la guardai\Riflessa tra ghiacciai\Sessanta volte che\Cacciava fuori\La lingua e t'abbracciai\Di sangue m'inguaiai\Tu quindi come stai?. Ma si può continuare: E ne parlò, certo che ne parlò\E che saziò i gusti di chi\Vide o intuì, non visto\Gli opposti su un ponte e brume\Su un fiume con molte schiume (Il Doppio Del Gioco); la lista di nomi fantasiosi di Equivoci Amici (Cassiodoro Vicinetti, Olindo Brodi, Ugo Strappi, Sofio Bulino, Armando Pende, Andriei Francisco Poimò, Tristo Fato e così via). Due canzoni spiccano: Il Diluvio, dal bellissimo tappeto sonoro, che nei suoi sognanti 6 minuti ci regala perle come "Dopo di noi diluvierà\Non spioverà, va bene\Noi la fortuna degli ombrellai\Chili di liquidi dopo di noi\Va bene, come vuoi, dopo di noi" oppure "Piove con ghiaccia semplicità\Con truci gocce dal bel luccichio\E piove, piove, piove, siamo annaffiatoi\Dopo di noi il bello verrà\Finché terrà l'ombrello. E poi Don Giovanni, che i più maliziosi vedono come una risposta di Battisti a Mogol che gli aveva rivolto parole pungenti dopo la conclusione del loro rapporto professionale, nel brano La Massa Indistinguibile, interpretato da Mango nell'album Australia (1985): lì Mogol scrive "Cos’è successo al tuo successo\Era un miraggio, un messaggio vuoto\Tu ci hai creduto ed hai perduto\L’autoritratto adesso è scolorito" e Battisti-Panella rispondono così:

Non penso quindi tu sei
Questo mi conquista
L’artista non sono io
Sono il suo fumista
Son santo, mi illumino
Ho tanto di stimmate
Segna e depenna Ben-Hur
Sono Don Giovanni
Rivesto quello che vuoi
Son l’attaccapanni
Poi penso che t’amo
No anzi che strazio
Che ozio nella tournee
Di mai più tornare
Nell’intronata routine
Del cantar leggero
L’amore sul serio
E scrivi
Che non esisto quaggiù
Che sono
L’inganno
Sinceramente non tuo
(Sinceramente non tuo)
Qui Don Giovanni ma tu
Dimmi chi ti paga

Una chiara e credo definitiva concessione alla libertà di non inseguire più il successo, e della libera scelta di scrivere e cantare di altro dal cantar leggero a l'amore sul serio. E l'attaccapanni del testo è il disegno, stilizzato, della copertina, da cui scende uno sciarpone felliniano.

Il disco nonostante la sua natura così strana e straniante ottenne un successo notevole, continuando la serie lunghissima di Numeri Uno di Battisti (che terminerà solo nel 1990 con La Sposa Occidentale, un altro disco stupendo). Rimarrà sempre il dubbio di quando e quanto fosse provocazione e quando e quanto no, Panella dichiarò: Il difetto della canzone e’ quello di avere un senso. Quando sarà insensata sarà vera poesia (…) a me piace portare la canzone all’estenuazione, cercarne il limite estremo, dare alle parole e al loro susseguirsi una strana configurazione. Mettere a rischio le parole, provare a confonderle, prima che loro e la noia abbiano il sopravvento. Lui continuerà anche con altri, regalando delle perle pop che ricordiamo tutti, tipo il Trottolino Amoroso per Minghi e Mietta di Vattene Amore, Dindondio di Zucchero (“Quindi non io, ma una canzone, ti parlerà. Un’emozione, cosa cos’è? È questa qua) e persino In Amore per Gianni Morandi e Barbara Cola (“Ti supererò, in amore andrò molto più lontano dove tu stupore sei, con le mani andrò dove sento il cuore che mi fa capire come stai aspettando me”). Rimane l'inizio di un percorso geniale, a tratti forse anche troppo, che segna l'ultimo periodo di un artista unico come Lucio Battisti. In effetti però capisco che al falò della spiaggia è più facile cantare di bionde trecce, occhi azzurri e poi piuttosto che di: 

Con tante madri e il tempo un laghetto
Coi pesci dei giorni
È il gamberetto del mio compleanno che torna lì
Fu molto dopo che dentro la pioggia
Vidi tra mille la goccia d'acqua mia
Prigionia


da Madre Pennuta, 1986.

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