Zu - Igneo (2002)

Ad inizi degli anni ‘80, sfogliando il New Grove Dictionary Of Music & Musicians, Frank Zappa si accorge che il suo nome non c’è. C’è però un oscuro compositore milanese del 18mo secolo, dal nome piuttosto familiare: Francesco Zappa. Con una trovata delle sue, grazie all’amico musicologo David Ocker dell’Università di Berkely, Zappa scopre che le uniche partiture ancora esistenti negli Stati Uniti di questo autore sono conservate nella Biblioteca dei Mormoni a Salt Lake City. Decide di vederle e pubblicarle, e di farne addirittura un disco, dal titolo Francesco Zappa (1984) dove suona alcune delle composizioni del musicista milanese: l’idea sarebbe perfetta per questo mese di album strani, poichè Zappa decide di usare solo il Barking Pumpkin Digital Gratification Consort, cioè un Synclavier, uno strumento elettronico che unisce un sintetizzatore digitale e un campionatore. Il risultato è spettrale e non del tutto convincente, ma mi è venuto in mente dopo che @ru1ndur mi ha suggerito una band che fa musica piuttosto strana, e che chiude degnamente questo percorso gianuario (che ammetto mi è piaciuto moltissimo e ci devo ritornare). Questa band, italiana di Ostia, pur essendo praticamente sconosciuta da noi, è probabilmente una delle band italiane più famose all’estero, con un cospicuo seguito e un apprezzamento di critica e pubblico notevole. Ma soprattutto è stata capace di creare una sorta di “destrutturazione” musicale che intreccia generi ed esperienze diverse in un mix davvero unico, difficilmente classificabile. Nasce tutto ad Ostia, ad inizio anni ‘90: un luogo che aveva già ispirato, quale simbolo di un abbandono urbano, un altro gruppo di culto, e perfettamente adatto quanto a stranezza musica, i Coil, che nel loro storico Horse Rotorvator (1986) dedicarono un brano a Ostia (The Death of Pasolini), e il cinema potente e disperato di Claudio Caligari (che però era piemontese), nella trilogia Amore Tossico, L’Odore Della Notte, Non Essere Cattivo. Massimo Pupillo, bassista e compositore, e Jacopo Battaglia, batterista, polistrumentista e anch’egli compositore, suonano in due band diverse di quei posti, soprattutto noise, thrash metal e sperimentazione. Entrambi, con altri personaggi tra cui Tiziana Loconte, fondano un gruppo, i Gronge, che ha addirittura un contratto con la WEA per il primo disco, Teknopunkabaret, che esce nel 1993. La decisione di essere prodotti da una grande casa discografica provoca fortissime tensione, e il gruppo in pratica finisce lì, dopo il primo disco. Ma Pupillo e Battaglia non demordono, e partono alla ricerca di un chitarrista per un trio classico basso, batteria e chitarra. Non lo trovano, ma si trovano spiazzati dalla tecnica e dalle idee di Luca Mai, flautista e sassofonista, che in trio prima provano a continuare il progetto Gronge, poi invece fondano un gruppo nuovo, con il nome preso dal titolo di un album degli Swans, seminale band americana del post punk, che nel 1996 pubblica un Ep, dal titolo Die Tür ist zu, La porta è chiusa in tedesco. Diventano gli Zu. Decidono di abbandonare il canto e di puntare su un trio sperimentale e strumentale, che facesse una musica completamente diversa. Si chiudono a provare e riprovare in studi improvvisati, iniziano a suonare come spalla a gruppi anche importanti, in una sessione negli studi di RadioRai incontrano Roy Paci, che si unisce al gruppo. Pubblicano nella formazione a 4 Bromio, nel 1999, che stupisce per l’ardire di fare musica noise con una formazione quasi jazz (basso, batteria, fiati), con una ritmica incessante e straniante con le evoluzioni stranissime del sax di Mai e della tromba di Paci. Ne viene fuori un album che travolge la critica, soprattutto internazionale, che li spinge ad un tour europeo lunghissimo, suonato spesso con una band olandese, The Ex. Suonano con il chitarrista d’avanguardia Eugene Chadbourne, per due mini album; ridiventano un trio, dopo l’uscita di Paci, e partono per un tour americano. Qui vengono notati e invitati nel suo studio di registrazione da Steve Albini, il produttore guru dell’alternative rock mondiale, con cui lavorano insieme per questo secondo, attesissimo disco. Igneo esce nel 2002, e consta di 9 brani. Il disco è l’evoluzione di quell’idea quasi selvaggia di musica: tempi ritmici scostanti, che cambiano di continuo, incessanti e martellanti, su cui il sax di Mai, che è sempre caotico e sofferto, cerca di creare una linea, un filo di logica musicale. I brani sono sempre in bilico tra tonalità, avanguardia, in momenti sembrano virare verso il metal più estremo, tanto che alcuni tentato di classificare la loro musica in jazzcore: ogni brano è un alternarsi di accelerazioni, momenti più ritmici, a volte spettrali (Airbol De La Esperanza Mantente Firme), a volte quasi melodici (Eli, Eli, Elu), l’ascolto è radicale ma coinvolgente, tipo l’apertura con i fuochi d’artificio di The Elusive Character Of Victory, la potenza di Muro Torto o Monte Zu, o la spettrale e magnetica forza di Mare Glaciale Artico. Al disco partecipano Fred Lonberg-Holm (violoncello), Ken Vandermark (sax tenore) e Jeb Bishop (trombone), tre dei nomi migliori del jazz sperimentale di Chicago, e produce con il solito tocco ingegnoso Steve Albini. L’album viene pubblicato anche negli Stati Uniti, ed inizia un tour mondiale seguitissimo dove i tre fanno meraviglie dal vivo, in parte recuperate in un live, Live in Helsinki (2003). Di loro si innamoreranno anche gente del calibro di Mike Patton, i Melvins, addirittura Chris Cornell, nel 2009, in Sudamerica, dopo l’uscita di un altro grande album, Carboniferus. La band avrà anche un momentaneo scioglimento, con l’uscita di Jacopo Battaglia, nel 2011, per poi tornare nel 2017, periodo nel quale la band ha esplorato ancora linguaggi musicali diversi. Rimane una belva da addomesticare la loro musica, così diversa da ogni sensazione precedente, ma per questo fresca e intrigante, soprattutto per chi non si lascia sfiduciare dal primo ascolto. Una piccola perla della musica internazionale.

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