Bright Eyes - Five Dices, All Threes (2024)

 di  Liam Gentileschi

I Bright Eyes sembrano essere tornati veramente. Dopo un più che florido periodo di attività tra il 1998 ed il 2011, durante il quale la ciurma capitanata da Conor (Mullen) Oberst ci ha regalato nove album in studio e all’incirca altri trenta lavori fra live album, compilation, box set, extended plays e collaborazioni varie, la band si è presa ben nove anni per tagliare quel fatidico traguardo del decimo album in studio. Lo hanno fatto i Beatles nel ‘69 con “Yellow Submarine”. Lo hanno fatto i Metallica con “Hardwired…To Self-Destruct” nel 2016. Lo avrebbero fatto un anno dopo i Foo Fighters con “Medicine At Midnight”.

I Bright Eyes ci riescono nel 2020 con “Down In The Weeds, Where The World Once Was”, un album criptico, dai toni più malinconici rispetto ai precedenti (non che Oberst abbia mai avuto una spiccata indole indirizzata alla scrittura di testi gioiosi), con una minuziosa ricerca negli arrangiamenti dei brani che lo compongono, nei quali la scelta di nessuna parola, nessuno strumento, nessun suono è lasciata al caso.

Per la loro ultima fatica l’attesa è più breve e così dopo quattro anni, il 20 settembre 2024, esce “Five Dice, All Threes”. Stavolta Conor Oberst, Mike Mogis e Nathaniel Walcott sembrano fare non uno, ma qualche passo indietro – non da intendere nel senso cattivo del termine – per quanto riguarda la scrittura delle loro canzoni.

Già dai singoli che lo precedono si capisce che questo album non sarà carico di elementi elettronici o psichedelici come succedeva nel suo predecessore, né tantomeno di brani dalle inclinazione più rock come in “The People’s Key”. Rainbow Overpass e Bells and Whistels rendono chiaro cosa vogliono fare i tre di Omaha con il loro lavoro in uscita: si ritorna al folk.

Strizzando l’occhio addirittura a “I’m Wide Awake, It’s Morning” (2005), in “Five Dice, All Threes” troveremo per la gran parte dei suoi brani chitarre acustiche, tamburelli, pianoforti a farla da protagonisti. Altro punto forte è la già iconica tromba di Nate Walcott in molteplici canzoni, come la bellissima e straziante Tiny Suicides o la stessa Bells and Whistels. Proprio di quest’ultima il frontman, Conor Oberst, racconta: 

Questa è una canzone sui tanti piccoli dettagli della vita che al momento possono sembrare insignificanti, frivoli o temporanei, ma che alla fine finiscono per formare il tuo destino.

E il tema che spesso ricorre all’interno del nuovo LP è questo: i momenti, anche i più fugaci, anche quelli meno intensi, una volta raccolti e rinchiusi all’interno del nostro bagaglio di esperienze formano chi siamo, chi siamo stati e chi saremo. Secondo loro infatti “Five Dice, All Threes è un disco con un’insolita intensità in contrapposizione ad un suo coesistente lato più tenero.” E ancora – lo definiscono: “Una sorta di esorcizzazione personale.”

Come già detto prima la decisione di riallacciare i rapporti con il proprio passato e tornare a lavorare su suoni e temi già trattati non è da considerarsi come un qualcosa di negativo, sintomo di una mancanza di idee o una deviazione confusa dalla strada che si stava seguendo. Al contrario i Bright Eyes dimostrano di essere cresciuti, di aver imparato dalle sopra citate esperienze fatte, e di poter permettersi di tornare a lavorare a qualcosa al quale già da ancor prima di “I’m Wide Awake, It’s Morning” erano familiari, senza che questo dia il senso di essere soltanto la solita minestra riscaldata. Le sonorità sono quelle, ma se messi a paragone, in “Five Dice, All Threes” è impossibile non riconoscere la capacità del gruppo di porre una maggiore cura nella produzione, registrazione e composizione dei propri pezzi.

Poi diciamocelo, il folk ci piace. Le chitarrone acustiche swingate, le melodie in pieno stile canto popolare, il banjo che da quel tocco di campagna del sud degli States, l’iconico cantato di Conor un po’ sporco, biascicato e che nella sua imperfezione diventa indispensabile perché il tutto funzioni.

Qualcosa in comune con “Down In The Weeds, Where The World Once Was” possiamo ritrovarla. Sebbene il disco sia stato autoprodotto e registrato presso gli ARC Studios, di proprietà di Mogis e Oberst, come nel caso precedente la sua pubblicazione è stata affidata a Dead Oceans, invece che a Saddle Creek (etichetta indipendente fondata dallo stesso Mike Mogis e Justin Oberst, fratello di Conan).

Oltre a questo, Five Dice, All Threes è un album che vanta le collaborazioni di Cat Power, Matt Berninger (National) e Alex Orange Drink (So So Glos) – quest’ultimo membro attivo per la stesura e registrazione di alcuni brani del disco. La band sarà impegnata in un lunghissimo tour – di quasi cinquanta date – in Nord-America iniziato giusto ieri al Brooklyn Steel di New York e vedrà la sua conclusione il 26 aprile dell’anno successivo al Val Air Ballroom, Iowa.

Tirando le somme non rimane che dire che “Five Dice, All Threes” è un’avventura che di certo non deluderà i fan storici dei Bright Eyes, non del tutto nuova, ma comunque tutta da scoprire; come quel viaggio in macchina che fai non così spesso e, nonostante ci sia già passato, lungo la strada noti sempre di qualcosa che ti eri perso la volta prima.

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