Andrew Bird - Things Are Really Great Here, Sort Of... (2014)
“La storia è una sola. La più vecchia di tutte”, mormora Rust Cohle nelle scene finali di “True Detective”. “La luce contro le tenebre”. A pensarci bene, è la stessa materia di cui sono fatte le canzoni degli Handsome Family. E forse è proprio per questo che la loro musica si è intrecciata così profondamente all’immaginario della serie ideata da Nic Pizzolatto, dando voce alle tinte spettrali di una sequenza d’apertura già diventata di culto.
Ma non è certo per cavalcare qualche forma di hype che Andrew Bird ha deciso di dedicare un intero disco alla rilettura di brani degli Handsome Family (compresa quella “Far From Any Road (Be My Hand)” che ha conquistato la ribalta come sigla di “True Detective”). Il suo amore per la musica dei coniugi Brett e Rennie Sparks, Bird l’ha manifestato a più riprese in tempi non sospetti: prima includendo una cover di “Don't Be Scared” nel suo esordio solista “Weather Systems”, poi interpretando “The Giant Of Illinois” nella compilation targata 4AD “Dark Was The Night”, fino ad arrivare alle più recenti versioni di “So Much Wine” e “When That Elicopter Comes”, presentate rispettivamente nell’Ep “Give It Away” e nell’ultimo “Hands Of Glory”.
Viene da chiedersi, allora, quale sia il legame che unisce così intimamente il songwriter americano alle canzoni degli Handsome Family. È lo stesso Bird a provare a spiegarlo, presentando il nuovo “Things Are Really Great Here, Sort Of...”: “Mi sento come se abitassi le loro canzoni tanto quanto le mie”, riflette. “Sono diventate in pratica una parte del mio stesso processo di scrittura e delle mie performance”.
Eppure, ancora non basta per comprendere fino in fondo il segreto di questa condivisione. Occorre tornare al momento in cui tutto è cominciato, alla fine degli anni Novanta, quando Bird è andato a fare un giro in una tipografia di Chicago specializzata in locandine di concerti. Jay Ryan, l’autore delle copertine di “Weather Systems” e “The Mysterious Production Of Eggs”, ha messo un disco sul lettore e Bird è rimasto subito folgorato. Il brano era “Giant Of Illinois”, una malinconica ode allo strano fato di Robert Pershing Wadlow, l’uomo più alto del mondo mai esistito. “Quella canzone riusciva a comunicare un intero romanzo con un paio di strofe e un ritornello”, ricorda Bird. “Diceva molto con poco, il che per me è quello che tutte le grandi canzoni dovrebbero fare”.
Ecco allora la prima chiave: la scrittura. Tanto evocativa e sfuggente quella di Bird, quanto lirica e narrativa quella degli Handsome Family. E così, Bird si misura in “Things Are Really Great Here, Sort Of...” anzitutto con il racconto. Un racconto intriso di atmosfere da gotico americano, da qualche parte tra Flannery O’Connor e l’“Anthology Of American Folk Music”.
È proprio per lasciare spazio al racconto che Bird sembra voler fare un passo indietro rispetto alle canzoni che affronta, quasi a non volerne soffocare lo spirito. Lo si sente già sul passo caracollante dell’iniziale “Cathedral In The Dell”, in cui manca del tutto il tocco inconfondibile del violino di Bird e la voce si apre a una nitida inflessione country, tracciando un impossibile parallelo tra le guglie del Duomo di Colonia e un finto castello nel profondo del Wisconsin.
Quando poi il violino torna protagonista, lo fa con gli accenti da danza folk di “Frogs Singing” o con il lamento cupo di “My Sister’s Tiny Hands”, in cui le ombre di due sorelle, il morso di un serpente e una foresta in fiamme danno vita a un’altra storia degna della più pura tradizione appalachiana.
È così che si arriva direttamente alla seconda chiave: la tradizione. “Things Are Really Great Here, Sort Of...” è un altro passo nella direzione già intrapresa da “Hands Of Glory”, quella del ritorno alle radici. Non a caso, sia l’approccio (registrazione dal vivo intorno a un unico microfono) sia la formazione sono in sostanza gli stessi. Con la fondamentale aggiunta della cantautrice Tift Merritt, la cui voce è decisiva nel ricreare le armonie vocali degli Handsome Family. È lei a colorare di nuove sfumature le riprese di “Giant Of Illinois” e “Don’t Be Scared”, è lei a sostenere il western a cappella in cui va a sfociare “So Much Wine, Merry Christmas”.
Bird, dal canto suo, veste con naturalezza i panni del cowboy mesto alla Townes Van Zandt, da “The Sad Milkman” a “Drunk By Noon”. Il rapporto con il passato, del resto, non è certo una novità per lui: “Ho cominciato con i Bowl Of Fire facendo lo stesso genere di cose”, ricorda, “ma allora era diverso: ero spinto più che altro dalla nostalgia, mentre adesso sono approdato a un suono old time perché sentivo il bisogno di qualcosa con meno produzione”.
La strada scelta da Bird, insomma, è quella di procedere per sottrazione. Ma il dipanarsi lineare dei brani pescati dal canzoniere degli Handsome Family finisce per mancare nel complesso di quella personalità capace di dare vita a una vera e propria opera di appropriazione. Solo in un paio di episodi si ritrovano i guizzi tipici dello stile di Bird, dal pizzicato di “Tin Foiled” allo struggimento di “Far From Any Road (Be My Hand)”. È proprio lì, nel momento dell’epilogo, che il disco tocca il suo apice, con l’intreccio di contrabbasso e violino a evocare la solitudine di un paesaggio desertico. “Rise with me forever across the silent sands/ And the stars will be your eyes, and the wind will be my hands”, canta Bird prendendo in prestito i versi della famiglia Sparks. E la sua voce sembra sovrapporsi a quella di Rust Cohle, alla ricerca del bagliore delle stelle nell’oscurità.
Fonte | Ondarock
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