Van Morrison - A Sense of Wonder (1985)

Abituato a cambiare formazione per ogni disco, Van arriva al punto di farne uno in cui è in parte accompagnato dalla sua band abituale ed in altri momenti da una cooperativa di musica popolare irlandese, i Moving Hearts, di breve vita ma di notevole perizia. Questa alternanza, come anche la presenza di ben tre cover, aumentano le attrattive di un album che si mantiene molto a galla con il mestiere e poco con l'ispirazione. Paradossalmente il tema dell'intero lavoro è quello dell'artista alle prese con il processo creativo. La sostanza è invece un sopraffino artigianato. Le melodie sono scontate e sembrano una minestra riscaldata. Il sound è in prima approssimazione quello di Beautiful Vision. Al posto dei sintetizzatori c'è un organo che ricorda il Ray Charles più morbido. Gli arrangiamenti sono di facile presa, eppure estremamente raffinati: il risultato finale è vaporoso, etereo. E' nota la capacità di arrangiatore di Van Morrison: non uno intervento di troppo ma neanche uno strumento di meno; il suono è sempre ricco ma mai sovrabbondante. Il ruolo di spalla è assunto questa volta dalle coriste, i cui interventi suonano chissà perchè enfatici. A dire il vero, tutti gli interventi solisti, in questo disco, suonano enfatici.
La copertina, contrariamente alle abitudini, è corredata dalle liriche, che è necessario leggere. "Malinconia alla Rimbaud
Spero di raggiungere il mio scopo
Tormento alla Rimbaud, sai quanto è difficile a volte.
Mi ha mostrato ogni tipo di forme e colori
Mi ha rivelato diversi sentieri per lo stesso tragitto
Mi ha dato indicazioni chiarissime
Quando mi trovavo nella notte scura dell'anima.
Malinconia all Rimbaud
Vorrei saper tornare a scrivere
Tormento alla Rimbaud, sai quanto è difficile
Quanto è difficile continuare." 
Purtroppo la musica, nei primi due brani, non è all'altezza del testo. E' perfettamente logico, perchè il testo narra di un artista bloccato davanti al foglio bianco, in attesa di una ispirazione che non arriva. Il disco incomincia, lentamente, a prender quota solo al terzo brano (Evening Meditation), uno strumentale col coro muto di Van. Il resto del disco è finalmente appagante, sia per i brani originali, fra i quali spiccano "The Master's Eyes" e la title-track, che per le cover. Van aveva musicato un testo di Yates, ma gli eredi del poeta irlandese si opposero all'uso dei versi. Van fu costretto a cancellare il brano giˆ pronto e ripiegò su una composizione di Mose Allison. Si tratta di un rhythm and blues molto anni '60 che non lega per nulla col resto, ma la cosa non dispiace. A farla breve, questo album è tanto sfaccettato che ogni brano necessiterebbe una descrizione a parte. Ce n'è abbastanza per interessare i fan ed anche per crearne di nuovi. La conclusione  felice: "A New Kind of Man". (Valutazione: discreto)

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