Mad Season - Above (1995)

La morte di Cobain fu lo spartiacque del movimento grunge. Per alcuni ne sancì la tragica fine. Nonostante l’evento colossale, era impossibile fermare l’onda musicale che si portava appresso, e se proprio vogliamo cercare un evento o degli eventi simbolo che ne sanciscono la fine, dobbiamo forse arrivare al 1996, quando i Soundgarden si sciolgono dopo il non eccezionale Down On The Upside, gli Alice In Chains suonano acustici all’MTV Unplugged e i Pearl Jam con No Code vogliono ormai far vedere che quell’etichetta grunge sta a loro stretta. Rimane un anno, il 1995, in cui escono due grandi album che per me sono l’estrema variante del Seattle sound: uno è un disco formidabile, uno dei più belli degli anni ‘90, ed è Mellon Collie And The Infinite Sadness degli Smashing Pumpkins (addirittura doppio, che esce nell’ottobre del 1995) e il disco di oggi, di un nuovo supergruppo, che nasce a Seattle con un preciso intento: evitare che qualcun altro faccia la fine di Cobain. Mike McCready, il funambolico chitarrista dei Pearl Jam, dopo Vitalogy (siamo a metà 1994) decide di disintossicarsi, e va ospite in una clinica in Minnesota. Li incontra e fa amicizia con John Baker Saunders, un bassista. Insieme decidono che una volta disintossicati, si sarebbero visti a Seattle e avrebbero messo su una band. E così successe: McCready e Saunders trovano l’entusiasmo del batterista e percussionista Barret Martin, già negli Skin Yard e batterista dei favolosi Screaming Trees di Mark Lanegan. I tre cercano un cantante, e McCready pensa ad un suo amico, in perenne lotta con l’abuso di sostanze, sperando che l’entusiasmo e il lavoro per questo progetto lo aiuti a superarle: Layne Staley degli Alice In Chains. Con questa formazione, solo con un paio di canzoni abbozzate, tengono uno storico concerto in uno dei locali storici di Seattle, il Crocodile Cafè, nell’ottobre del 1994. L’accoglienza è ottima, e il gruppo inizia a lavorare per un disco. Si scelgono come nome Mad Season, con riferimento alla stagione della crescita dei funghi che contengono psilocibina, comunemente conosciuti come funghi allucinogeni. Registrato ai Bad Animals Studios di Seattle, con la produzione di Brett Eliason, Above esce nel marzo del 1995: in copertina un disegno di Staley che lo ritrae con la sua fidanzata dell’epoca, Demri Lara Parrott. È caratterizzato da una qualità musicale che abbandona per lo più i ritmi e l’atmosfera aggressiva del grunge per influenze molto eleganti, che virano al jazz, al blues, persino alla musica di altre parti del mondo, e dai testi, scritti tuti da Staley, profondissimi e pregnanti, ispirati alla sua lettura, in quei tempi, de Il Profeta di Kahlil Gibran. Il trittico iniziale è magnifico: si parte con l’ipnotico e lunghissimo intro di Wake Up, dove il battito del basso apre alla voce, magnifica e dolente, di Stanley, che dice “Svegliati, ragazzo. È ora di svegliarsi. La tua relazione amorosa deve finire per dieci lunghi anni, dieci anni a raccogliere le foglie, un lento suicidio non è la strada da percorrere”. X-Ray Mind ha un ritmo delle percussioni quasi da danza tribale, da rito iniziatico, e vive tutto nel duello di fendenti tra la chitarra di McCready e la batteria di Martin. River Of Deceit è invece la ballata dolente del dolore, tema carissimo a Staley, che qui ne dà quasi una confessione: ”Il mio dolore è autoinflitto. Così diceva il profeta. Potrei bruciare o tagliare via il mio orgoglio per trascorrere un po' di tempo. Una testa piena di bugie è il peso da portare, legato alla cintura”. I’m Above è uno dei brani simbolo del disco (e ne dà il titolo): Staley è accompagnato alla voce da Mark Lanegan, che come una spalla saggia si alterna al canto. Il disco nella parte centrale più si avvicina al grunge “storico”: il blues dolente di Artificial Red, Lifeless Dead sembra presa dalla depressione allucinata di Dirt (capolavoro degli Alice In Chains del ‘93), I Don’t Know Anything è un brano quasi sperimentale, costruito su una serie di riff di McCready con il lavoro, stupendo, di Martin alla batteria e di Saunders al basso, per una canzone potentissima, che è la più granitica dell'intero disco. E dopo una così forte carica di impatto sonoro, c’è la sorpresa più grande del disco: Long Gone Day ha un ritmo jazz, acustico, che sa di samba, xilofoni, una atmosfera quasi da lounge bar che stride con il resto del disco. La voce di Mark Lanegan questa volta è la guida principale, mentre Staley canta nei cori e la seconda strofa, “È lungo il giorno trascorso, chi mai ha detto che siamo trascinati via con la pioggia”, con le incursioni di un sassofono, suonato da una delle figure principe dell’underground musicale di Seattle, Skerik (al secolo Nalgas Sin Carne), in uno dei brani più spiazzanti del periodo. L’atmosfera si rifà cupa poi nel lungo strumentale November Hotel, con chiarissimo tocco alla Pearl Jam di McCready, e si finisce con All Alone, poche parole su una nuvola di musica per definire in fondo come si sente Staley. Il disco non sarà mai un successo portentoso, ma rimarrà costante nel tempo, arrivando anche ad essere Disco D’oro certificato. McCready ritornerà ai Pearl Jam, Saunders si unirà ai The Walkabouts, Martin continuerà a suonare con gli Screeming Trees, Staley canterà ancora con gli Alice In Chains, in almeno altri due capolavori, Jar Of Flies e il toccante MTV Unplugged, dove canta già in condizioni preoccupanti. McCready proverà più volte a riunire il gruppo, anche mettendo mano a nuovo materiale con collaborazioni di peso (come Peter Buck dei R.E.M.) ma tutto diventerà inutile quando nel 1999 Saunders muore di overdose, seguito dopo 3 anni da Staley. A lui, Eddie Vedder, che alla fine è da considerarsi un sopravvissuto, dedicherà una canzone, una ghost track nel loro bellissimo disco Lost Dog del 2003, doppio album che raccoglie le canzoni scartate, quelle dei singoli, quelle pubblicate in altre compilation. La canzone si intitola 4/20/2002, la data della morte di Layne Staley. E contiene queste parole:

So all you fools
Who sing just like him
Feel free to do so now
Cuz he's dead
Using, using, using
The using takes toll
Isolation
Just so happy to be one
Sad to, sad to think
Sad to think of him all alone
Lonesome friend, we all knew
Always hoped you'd pull through
No blame, no blame
No blame, it could be you
Using, you can't grow old using
So sing just like him,
fuckersIt won't offend him
Just me
Because he's dead

che è epitaffio perfetto alle storie che ho tentato di raccontare in questo mese, nate in una città che non è la prima cosa che si pensa alla parola USA, ma che ha regalato una delle ultime epopee del rock.

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