Neil Young - Harvest (1972)

Forse non è casuale che Jonathan Demme abbia intitolato Heart of Gold il suo film-concerto dedicato a Neil Young. L'album da cui proviene questo brano - Harvest appunto- pur collocandosi esattamente tra due pezzi da novanta come After the Goldrush e On the Beach, li stacca in volata. Che si tratti di uno special one nella discografia del nostro bisonte preferito lo dimostra, tra l'altro, il ricorso ad una backing band inusuale, gli Stray Gators, che per una volta rubano la scena agli istituzionali Crazy Horse. Che dire di Harvest se non che è stato un bildungsroman per la mia generazione, quella, per intenderci, che aveva quindicianni quando uscì? Chiedete alla mia paziente Epiphone quante volte in quarantanni ha dovuto sopportare tentativi di riproduzione di The Needle and the Damage Done, cui mancava sempre qualche nota. Harvest ha orientato senza scampo i nostri gusti musicali verso quel genere che allora chiamavamo semplicemente West Coast, un luogo dell'anima più che una regione geografica. Ci ha traspostati dall'ipnosi del vinile rotante sui Lesa alla magia di Laurel Canyon, grazie anche alle additional vocals di James Taylor, Linda Ronstadt e C.S.&N. Al punto da poter dire che, senza l'accordo in FM7 che introduce Old Man, il nostro destino di musicofili sarebbe stato diverso. Al punto da osare affermare che questa ballata è tanto bella nel suo languore steel guitar, da piacerci anche nella versione hip hop di Redlight King, con voce campionata dello stesso Neil. Il quale del resto, lo sappiamo, ci avrebbe abituati negli anni a venire a una metronomica, bipolare alternanza di meraviglie e stranezze. (Mia valutazione:  Capolavoro)
(Donata Ricci)

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