Jeff Buckley, Guida per principianti

La sua vita, ancor prima di nascere, è stata contraddistinta da un destino negativo. Conclusasi con un triste epilogo. Nel mezzo, Jeff ha avuto solo il tempo di pubblicare un album, Grace, riuscendo però a diventare una delle voci più significative degli anni ’90.

Jeffrey Scott Moorhead è nato a Orange County nel 1966. Suo padre, Tim Buckley, è stato uno dei più grandi compositori della storia del folk, ma dopo la pubblicazione del suo primo album, si separa dalla moglie e lascia il figlio appena nato. Tim muore qualche mese dopo, neanche a 30 anni per un overdose.

Tim è sempre stato una figura complessa, cupa, fragile, e lo stesso spirito sembra essere stato trasmesso a Jeff. Il ragazzo, una volta 17enne, decide di seguire le orme del padre e mette su il suo primo gruppo, a Los Angeles. Dopo altre esperienze di gruppo non riuscitissime, inizia a suonare da solo, entrando nel circuito del Greenwich Village di New York.

Durante un festival dedicato al padre, Jeff suona una sua cover, Once I Was. La voce è ancora acerba, emozionata, ma l’esibizione è toccante.



Molti dei suoi primi live si svolgono al Sin-E’ dell’East Village. Proprio qui viene scoperto dai produttori della Columbia che decidono di affidargli un progetto tutto suo, che vedrà la luce nel 1994: Grace, il suo capolavoro.

Nell’album si ritrova tutto il talento di un figlio d’arte. Gli arrangiamenti di Jeff sono eleganti, tra il folk e il soul. Alterna tracce inedite a cover. In Grace, Jeff suona la chitarra e l’organo, accompagnato al basso da Mick Grøndahl e da Matt Johnson alla batteria.

I pezzi sono pensati e costruiti per esaltare la voce di Jeff che raggiunge, in certe tracce, un livello di intensità altissimo. Come ad esempio nella sua cover di “Lilac Wine“, composta da Nina Simone.



A differenza del padre, anche lui dotato di una voce riconoscibilissima ma più legata al mondo del folk, la tecnica di Jeff è più evoluta e raggiunge note alte, vibrati, falsetti, diventando in certi momenti un vero e proprio canto mistico, un gospel. Come in “Lover, you should’ve come over“.



La canzone più emozionante di tutto l’album e di tutta la carriera di Jeff è un’altra cover, di Leonard Cohen stavolta. “Hallelujah“, in una versione sussurrata, potente, da pelle d’oca, molto più bella dell’originale.



Quando nel 1997 inizia a lavorare al nuovo album, Jeff deve fare però i conti con il suo sfortunato destino. La notte del 29 maggio, con un amico, va a fare nuotata nel fiume Mississippi, a Mud Island Harbor. Dopo alcuni minuti, di lui si perdono le tracce, la corrente l’ha trascinato via. Il suo corpo verrà ritrovato dalla polizia soltanto sei giorni dopo. Jeff aveva 30 anni, giovane e promettente come suo padre.



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