Hüsker Dü - Warehouse: Songs and Stories (1987)

A smentire il trito adagio che vorrebbe convincerci che le rock band bruciano il meglio del proprio talento nei primi lavori, gli Hüsker Dü chiudono la loro avventura con uno dei dischi più importanti - né perfetto, né seminale: semplicemente importante - degli anni '80. Degli "altri" anni '80, naturalmente. Quelli dello spleen e della rabbia. Del ghiaccio che ti stringe il cuore e della rivoluzione che dovrebbe "iniziare al mattino, davanti allo specchio del bagno" (Bob Mould), ma che viene sempre procrastinata, giorno dopo giorno. Il contratto con una major fece gridare al tradimento (i Sonic Youth seguiranno l'esempio da lì a poco), e questo disco è la risposta migliore a tutte le accuse di essersi venduti. Basta l'accordo iniziale di chitarra di These Important Years a mandare tutto un decennio, con la sua cultura frivola e vuota, a sbattere contro il muro: ci pensano poi le deviazioni pop di Mould e gli esperimenti obliqui di Grant Hart a tenere alta la tensione. Quella stessa tensione che farà a pezzi la band, subito dopo. Nel volgere di pochi anni i germi della rivoluzione (musicale) sembreranno attecchire davvero, dalle parti di Seattle. Ma durerà lo spazio di un mattino e si ridurrà a poco più di un format televisivo, confezionato per i palinsesti di Mtv.  (Mia valutazione:  Ottimo)

(Yuri Susanna)

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