Robbie Robertson - Robbie Robertson (1987)

Quando, nel 1976, chiude la storia di The Band convocando per un «ultimo walzer» il gotha del rock mondiale (e Martin Scorsese a riprendere il tutto), Robbie Robertson spiega che lui suona il rock'n'roll da quando esiste, dai tempi di Elvis Presley. Ragazzino prodigio, poi guida non ufficiale di The Band, si è stufato del circo che l'ha eletto tra le sue principali attrazioni. Oppure, semplicemente, ha finito le idee. Il suo gruppo ha d'altra parte reinventato il linguaggio del rock'n'roll, rimettendolo a contatto con i suoni e i modi della tradizione popolare del nuovo continente, e ha contribuito in misura non secondaria alla «svolta elettrica» di Bob Dylan, portandola in giro per il mondo in un tour che ha fatto epoca. Per tornare a farsi sentire, a piú di dieci anni da quel concerto d'addio, le motivazioni hanno da essere forti. Come la riscoperta delle proprie radici di mezzosangue, per esempio, per metà ebreo (da parte di padre), per metà moicano. Non solo: dai nativi americani, lui dice di avere imparato ad amare la musica, e dunque nulla piú della magia del suono sembra essere in grado di rimetterlo in contatto con gli spiriti degli antenati. Non basta: stare al centro di un movimento di idee piú ampio deve essere diventato per lui una necessità, se per il primo album da solista convoca intorno a sé una specie di congresso del nuovo rock'n'roll, quello che ha un'anima e non ha paura di mostrarla. Gli U2, tanto per cominciare. Poi, piú importanti ancora, Daniel Lanois e Peter Gabriel: se il primo produce, il secondo, con le sue esplorazioni nella musica del mondo, è una specie di ispiratore silenzioso (ma non del tutto: suona e canta in un paio di pezzi). Poi i BoDeans, Maria McKee, Ivan Neville, i resti di The Band, il fantasmagorico batterista Manu Katché... L'album che ne viene fuori è una specie di enciclopedia del mondo musicale che a metà degli anni Ottanta cerca una strada che porti diritta al centro di quell'autenticità (sincerità? onestà intellettuale ?) che da sempre è il motore immobile dell'essere rock'n'roll. Non sono anni che amano le sottigliezze, e il risultato è a tratti complicato, a tratti velleitario. Mai pomposo, però: la vecchia fedeltà ai valori della terra impedisce a Robertson di bruciarsi le ali, e il suo album d'esordio finisce per documentare al meglio un momento musicale certamente intenso. (Mia valutazione: Ottimo)

di P. M. Scaglione - Rock! (Einaudi)

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