Whiskeytown - Strangers Almanac (1997)

Apparso nel momento di maggiore ascesa e legittimazione della scena alternative country, Strangers Almanac ne simboleggia la catarsi e forse persino la sintesi definitiva, certamente lo zenith di un incontro fecondo fra tradizione, immaginario americano ai margini e rock'n'roll nato e cresciuto per la strada. Ryan Adams è il giovane autore che qui riesce a imbrigliare tutto questo universo in una sequenza di canzoni che parlano dall'heartland depresso di una nazione, declinando però lo spirito un po' "operaio" del genere verso l'intimità del cantautorato anni 70. Non gli sono secondari tuttavia i musicisti (da una ideale spalla come Caitlin Cary, per spalleggiamenti vocali e tonalità country del violino, al misconosciuto chitarrista Phil Wandscher) e il mirabile lavoro di produzione di Jim Scott (autentico re mida del roots rock anni '90), il quale dona un perfetto equilibrio fra l'anima punk degli esordi e la naturale propensione mainstream dei Whiskeytown. Così si collocano, da qualche parte fra la fragilità umana del maestro Gram Parsons e la rabbia giovane di Paul Westerberg (Replacements), episodi come Excuse While I Break, Dancing with the Women at the Bar da una parte e Waiting to Derail o Turn Around dall'altra, abbracciando infine le timbriche stradaiole di 16 days e i rintocchi desolanti di Inn Town. Il retro copertina, in tutto il suo anonimato, lo stesso che ritrae una interstate qualunque lanciata nel grande nulla americano, avrebbe potuto rappresentare la cover ideale, pur nella sua scontata iconografia. Strangers Almanac rimane ancora oggi uno dei vertici del giovane rock provinciale. (Mia valutazione:  Buono)

(Fabio Cerbone)

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